Sono passati più di venti giorni da quando la giunta regionale ha approvato le variazioni di Bilancio, la manovra correttiva che prevede (fra le altre cose) 15 milioni per sbloccare la vertenza delle strutture convenzionate della sanità e 5 per il contrasto all’emergenza idrica. Ne sono passati oltre duecento, invece, da quando l’aula decise di rimandare in commissione la proposta di riforma degli Enti locali, giacché fu accolta con scetticismo dai gruppi della stessa maggioranza. La fotografia surreale di Sala d’Ercole, dove il centrodestra continua a rinviare tutto nonostante la maggioranza bulgara di cui gode, è la fotografia di una legislatura compassata, dove le poche idee del governo vengono affossate non appena varcano il portone di Palazzo dei Normanni.

È il frutto di una strategia politica precisa, emersa negli ultimi giorni a seguito delle consultazioni elettorali che hanno portato al voto Liberi Consorzi e Città Metropolitane, e di una campagna avvelenata: da parte di alcuni gruppi – in cima alla lista c’è quello della premier, Fratelli d’Italia – sembra non ci sia alcun interesse a sostenere iniziative che diano lustro al governo Schifani e offrano un cambio di rotta (anche se molto parziale).

Prendete la storia dei privati convenzionati della sanità: ormai dallo scorso 30 dicembre, per via dell’introduzione del nuovo nomenclatore tariffario, molte strutture (specie i laboratori d’analisi) non riescono a coprire i costi delle prestazioni, e per questo il governatore si era messo in testa di compensare le perdite attraverso una manovrina economica accompagnata da una deroga al Piano di rientro, concessa da Roma. È una matassa che si sarebbe dovuta sbrogliare entro gennaio, cioè da quando il Tar ha rigettato alcuni dei ricorsi provenienti dalle strutture accreditate. E invece niente: siamo al 6 maggio e fra un ritardo e l’altro si sono accumulati mesi di stagnazione.

I 15 milioni previsti dal governo (10 per migliorare le prestazioni di assistenza specialistica e 5 destinati all’incremento delle tariffe per i percorsi riabilitativi) sono contemplati all’interno delle variazioni di Bilancio, che però, soltanto oggi, riceveranno un parere di merito da parte della Commissione Affari istituzionali dell’Ars. Il testo passerà successivamente nelle altre commissioni di merito e infine in Commissione Bilancio, prima di giungere in aula. Realisticamente si potrebbe votare entro maggio, ma il Ddl non è stato ancora calendarizzato (così come accaduto al dibattito sul turismo che i Cinque Stelle chiedono a Galvagno da mesi).

Sulla manovra correttiva, del valore complessivo di quasi 50 milioni, potrebbero addensarsi le nubi dei partiti del centrodestra usciti insoddisfatti dalle elezioni di secondo livello. Più o meno tutti: da Noi Moderati (che però, in aula, non ha alcuna rilevanza numerica), passando per Grande Sicilia, senza dimenticare Forza Italia (che attualmente è spaccata in due anime). Ma pure Fratelli d’Italia, che governa Sala d’Ercole con Galvagno, non ha mai dato dimostrazione di grande celerità. Anzi, nel corso della votazione sull’unico disegno di legge passato da quelle parti nel mese di aprile, la furia dei franchi tiratori (se ne contano 18) si è abbattuta sul provvedimento dell’assessore Dagnino, che apriva alla possibilità di aumentare le indennità per i manager delle partecipate.

I patrioti, con le ultime dichiarazioni “accusatorie” di Sbardella, hanno operato lo scatto decisivo per provare a sorpassare Schifani e FI nella guida della coalizione, con la prospettiva di schierare lo stesso Galvagno come candidato alla presidenza nel ‘27. Ma ciò che comporta questo senso di ripicca è una sostanziale paralisi dell’attività legislativa, con ricadute non indifferenti. Nelle variazioni di bilancio, infatti, compaiono altre voci oltre ai convenzionati: l’istituzione della borsa di studio “Sara Campanella”, la studentessa vittima di femminicidio (si tratta di 10 milioni di euro l’anno, nel triennio 2025-27, per studenti e studentesse delle Professioni Sanitarie dell’Università di Messina; include tirocini di almeno 6 mesi in centri d’eccellenza all’estero per la formazione di figure professionali sanitarie altamente specializzate). Ma ci sono anche uno stanziamento di 5 milioni per la manutenzione straordinaria, l’efficientamento e il potenziamento delle reti irrigue collettive a valle degli invasi nella Sicilia occidentale, in vista della prossima siccità estiva; 12,4 milioni a sostegno delle imprese siciliane in funzione anti-dazi; nonché il rifinanziamento della legge sulla povertà.

Bisognerà attendere e sperare. Così come per la riforma degli enti locali: al netto del merito della proposta (che si può contestare o meno), la norma era già arrivata in aula, a ottobre ’24, nella sua versione maxi. Ma la quadratura del cerchio non si è mai trovata, così il Ddl è tornato in commissione per essere ridimensionato. Adesso, però, la proposta si riaffaccia a Sala d’Ercole: prevede l’introduzione della figura del consigliere supplente, del terzo mandato per i sindaci dei piccoli comuni, dell’introduzione del 40% di quote rosa all’interno delle giunte municipali. Ma anche questo è un campo minato, su cui l’accordo non è affatto scontato. Da qui i lunghi tentennamenti. L’iter è terminato prima di Pasqua, ma da quel momento a Palazzo dei Normanni non si è visto più nessuno: vuoi per la campagna elettorale delle provinciali, rivelatasi uno sconquasso per la tenuta della coalizione; vuoi, semplicemente, per l’enorme quantità di ponti che ha popolato questa fase dell’anno e che ha indotto anche i politici a una pausa dal lavoro.

Nel parlamento più antico del mondo non c’è una sola partita che si chiude: né quelle (fondamentali) legate alla sanità, né quelle relative alle emergenze. Non avanzano neppure le riforme e persino le leggine a uso e consumo della “casta” faticano a trovare impulso. L’Ars è diventata il pulpito da cui è più facile rivalersi sul governo, specialmente quando il voto è segreto. Ma anche con queste operazioni di rallentamento che hanno, come effetto prevalente, quello di negare lo sviluppo e persino l’ordinaria amministrazione.