Un attacco frontale al governo Musumeci e a tutto l’apparato burocratico della Regione siciliana è giunto questa mattina dal gruppo Domenico Sanfilippo Editore, direttamente dalla prima pagina del quotidiano ‘La Sicilia’. Dove, traendo spunto dai famosi dieci milioni promessi – e mai erogati – all’editoria, si parla di una distanza “siderale” tra la politica, la burocrazia e “le esigenze della parte produttiva del Paese, che invece aspetta ristori, rimborsi, indennizzi pur promessi a legiferati”. Gli editori del quotidiano catanese, senza alcun infingimento, si riferiscono all’arcinota “Finanziaria di guerra” che ormai da otto mesi, quasi nove, paralizza persino la speranza di uscire dall’impasse. Ferma com’è ai blocchi di partenza…

La Legge di Stabilità, approvata il 2 maggio 2020 in un tripudio di comunicati stampa da parte dei gruppi politici, non ha generato alcuna empatia con chi avrebbe dovuto beneficiarne (prevalentemente le “vittime” del virus). Basti pensare che l’unico – fin qui – contributo certo è rappresentato dai 125 milioni del Bonus Sicilia, che sono bastati a “zittire” oltre 55 mila imprese con una mancetta di duemila euro a testa. Gli altri soldi sono rimasti bloccati, come spiega l’editoriale apparso su ‘La Sicilia’, nel “rimpallo delle responsabilità fra chi è titolare dell’indirizzo politico e chi dell’attuazione burocratica della norma. Uno stucchevole ping pong tra Palermo e Roma, tra bollinature che tardano ad arrivare e tavoli che devono istruire la pratica”. Così anche la legge sull’editoria, che avrebbe dovuto salvaguardare l’impegno dell’azienda editoriale “che non ha mai fatto mancare – anche in pieno lockdown – la voce dell’informazione credibile, autorevole, certificata della mediazione giornalistica e della verifica delle fonti”, è venuta meno.

Ma è una questione di credibilità, affidabilità e, se vogliamo, coraggio che va oltre la singola posizione. Che sbatte il muso sulle esigenze vere dei siciliani: portati, per un momento, a fidarsi della massima istituzione regionale e, poi, costretti a ripiegare altrove, quasi rassegnati. “Perché tanto i soldi della Regione sono briciole rispetto a quelli promessi dallo Stato…”, si sono ripetuti, in un pessimo tentativo di autoconvincimento, Musumeci e Armao, come a voler scappare dalle responsabilità. Proprio ieri la giunta s’è ritrovata a Pergusa per una seduta-fiume, in cui parlare della prossima Finanziaria regionale e architettare un modo per lasciarsi alle spalle i clamorosi errori dell’assessore all’Economia e degli uffici che hanno seminato nei bilanci un altro buco da 300 milioni.

Un episodio non accidentale, ma cronico, che rivela la cifra di un governo e di una macchina amministrativa ormai stantii, lontani dalla realtà e dalle vere esigenze; profeti puntuali di sventura e del tutto inadeguati ai tempi. Complici, per tornare alla norma da dieci milioni sull’editoria, di “una lunghissima gestazione che fa a pugni con la logica, oltre che con le esigenze delle imprese”. E, come segnalato ulteriormente dal gruppo Sanfilippo, poco inclini alla trasparenza, “valore, quest’ultimo, che forse non a caso nei vari Palazzi viene visto come qualcosa di urticante, tanto da far remorare il varo e l’applicazione di una legge necessaria per fare sapere alla platea più vasta possibile di cittadini come vengono spesi i soldi dei contribuenti”.