La revoca dei tre dirigenti e dei due assessori della Democrazia Cristiana, portatori del sangue “infetto” di Cuffaro, ha spalancato una nuova era alla Regione: quella dei duri e puri. Il pugno di ferro del presidente Schifani, che in tre anni non si era mai accorto del sistema-partito scardinato dalla Procura di Palermo, ha riportato al centro dell’agenda la questione morale.

“Alla luce del quadro delle indagini che sta emergendo, riguardanti l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, ritengo doveroso riaffermare la necessità che il governo regionale operi nel segno della massima trasparenza, del rigore e della correttezza istituzionale, principi che rappresentano il fondamento stesso della buona amministrazione”, aveva detto Schifani annunciando il serio provvedimento contro Nuccia Albano e Andrea Messina. Assessori che avevano lavorato al suo fianco per tre anni, e che – nonostante “l’impegno e la dedizione” – sono stati esautorati.

La “questione morale” di Schifani consiste nell’aver cacciato dalla giunta due figure che non risultano indagate né sfiorate (vale soprattutto per Messina) dalla magistratura. Ed estranee, fino a prova contraria, alla rete tessuta dal loro leader. Ma anche i cosiddetti burocrati infedeli: dal Direttore del dipartimento Famiglia, Maria Letizia Di Liberti, al segretario particolare dell’assessore Albano, lo storico collaboratore di Cuffaro Vito Raso; passando, pensate un po’ che gerarchie, dal Direttore generale del Consorzio di Bonifica 2 di Palermo, Giovanni Tomasino, per il quale è stato avviato un procedimento disciplinare con sospensione cautelare dal servizio.

Sbarazzandosi di Di Liberti, Raso e Tomasino – gran bel repulisti! – Schifani pensa di aver cambiato i connotati a una Regione che Antonello Cracolici, nella relazione annuale della commissione Antimafia, ha descritto come un bancomat “a cui attingere in ogni modo e con qualunque mezzo” e “preda per tanti predatori che ruotano intorno all’amministrazione” e “hanno come unico obiettivo quello di costruire attorno all’utilizzo della macchina regionale il consenso, che diventa sempre più ‘maleodorante’”. Ma davvero sbarazzandosi di Tomasino e soci si pensa di aver rimosso tutte le incrostazioni di un ente sprofondato nel ridicolo che Calenda chiede di commissariare? Davvero mettendo fuori gioco l’assessore Messina (Enti locali) e l’assessore Albano (Famiglia e Lavoro) si pensa di aver sconfitto la tracotante arroganza di trafficanti e traffichini che mercanteggiano con le assunzioni o coi soldi pubblici?

Per capire che il vento è cambiato, Schifani si è recato addirittura all’assessorato alla Famiglia, dove aveva da poco rimpiazzato la Di Liberti con Ettore Foti, per occuparsi dei dossier che lui stesso, da novello assessore, dovrà gestire in prima persona. “Ho voluto fare il punto sui fascicoli più importanti per poter assicurare un proseguimento delle attività amministrative senza interruzioni – ha rivelato il presidente – con l’obiettivo di garantire la piena efficienza dell’azione amministrativa e la qualità dei servizi ai cittadini”. In questi giorni farà un giro pure nell’assessorato della Funzione pubblica e degli Enti locali, promettendo di occuparsi in prima persona dei contributi – per investimenti e spesa corrente – che bisognerà garantire a Comuni e Liberi Consorzi con la manovra finanziaria di fine anno.

Ma il punto è un altro: davvero si crede di aver risolto in questo modo il problema della corruzione che attanaglia la Regione? O di allontanare le ombre da un sistema sempre più infarcito di pratiche clientelari? Quanto accaduto a Galvagno grida allo scandalo: pure il presidente dell’Ars è sotto inchiesta per corruzione impropria, peculato, truffa e falso, e si sarebbe circondato di un cerchio magico assai incline a ottenere utilità in cambio di lauti contributi elargiti dall’Ars per questa o quella festa. Eppure, non una parola di condanna (solo “piena fiducia nella magistratura”). Nemmeno nei confronti di Elvira Amata, in attesa di un probabile rinvio a giudizio, è stato espresso pubblicamente il biasimo del presidente: Schifani sembrava orientato a revocare pure lei – “nel segno della massima trasparenza, del rigore e della correttezza istituzionale”? – ma non se n’è fatto nulla per evitare altre incrostazioni: stavolta nei rapporti con Fratelli d’Italia, che da sette anni gestiscono il turismo come una specie di privativa.

E, inoltre, il presidente non ha mai fatto cenno alle beghe giudiziarie del suo vice, Luca Sammartino (anch’egli sotto processo per corruzione, ma nonostante tutto riaccolto in giunta da trionfatore), né all’inchiesta che pende sulla testa del parlamentare di Forza Italia, Gaspare Vitrano, accusato di tentata violenza privata nei confronti dell’ex Direttore sanitario dell’ospedale dei Bambini Desirée Farinella: “In certi casi – disse Vitrano in una intercettazione riferita a Schifani, all’indomani di un presunto caso di malasanità – prima si chiamano i Nas e si fanno dichiarazioni il giorno dopo, no il giorno prima… Lui è stato un po’ precipitoso, doveva dire ‘accerto il risultato e poi valuterò l’operato dei miei’, ora però ha capito la minchiata da recuperare, cerca di non perderci la faccia”.

Poi ci sarebbero i pagnottisti che provano a sgraffignare denaro pubblico in cambio di vaghe operazioni di promozione culturale; ci sono enti e associazioni che drenano contributi pubblici perché sul taccuino di questo o quel politico; ci sono interessi occulti che si annidano nei rifiuti, nell’acqua pubblica, nella sanità. Ma non importa guardare oltre, perché la Sicilia – da qualche giorno – è già moralizzata. Senza Cuffaro, senza la Di Liberti, senza Tomasino. Evviva la Sicilia.