La Suprema Corte di Cassazione ha affermato, in maniera categorica e definitiva, che Silvio Berlusconi non ha mai intrattenuto con la mafia nessun rapporto: né di complicità né di collusione. La sua ascesa di imprenditore e di uomo politico è stata pulita come l’aria. Bene. Ma ora come la mettiamo con quei magistrati – tutti coraggiosi – che per oltre trent’anni gli hanno attribuito le nefandezze più infamanti? E come la mettiamo con gli apparati che, sulla scia dei teoremi costruiti dentro i palazzi di giustizia, lo hanno perseguitato e infangato senza badare a spese? Sono domande che non si possono liquidare con un comodo parce sepulto. Forse è arrivato il momento che la Commissione parlamentare antimafia apra un’indagine – altrettanto coraggiosa – sull’antimafia delle vergogne: quella che ha incoraggiato, ispirato e protetto i responsabili di questo scempio.


