La frattura difficilmente ricomponibile fra Nello Musumeci e Gianfranco Micciché, col rischio di far naufragare un’esperienza di governo già molto traballante, rende la Regione un fortino sotto assedio. Come se non bastasse, a palazzo dei Normanni si allarga la schiera degli scontenti. Chi scontento lo è sempre stato, tanto da dimettersi dopo 40 giorni da assessore all’Energia, è Vincenzo Figuccia. Il deputato dell’Udc, la cui presenza negli studi di Giletti (“Gente come Micciché ha rubato il futuro ai siciliani”) ha fatto storcere il naso agli alleati, è tornato alla ribalta sul caso vitalizi: “Quello che mi fa diventare pazzo – esordisce Figuccia – è sentir dire a certa gente che si tratta di diritti acquisiti. Ma ci rendiamo conto che ci sono persone, dopo 30 o 35 anni di lavoro, che non riescono a maturare una pensione? Mi sembra anacronistico che solo per aver fatto i parlamentari qualche mese o qualche legislatura, si possa beneficiare di questi privilegi”. La posizione di Figuccia è chiara, quasi “grillina”. Ma è condita da numerosi spunti. La continua richiesta di dimissioni indirizzata a Micciché; la pretesa di un rimpasto in giunta; la battaglia contro i dinosauri dell’Ars e di palazzo d’Orleans.

Figuccia, chi sono i dinosauri della politica siciliana?

“Viene fuori da una lettura di ciò che è stato fatto in questi due anni. Quando arriverà il momento in cui il presidente Musumeci – che io stimo e continuo a sostenere – potrà passare dalla semina al raccolto. Una riflessione va fatta adesso, o a raccogliere i frutti di questo governo saranno i prossimi”.

Non ci ha ancora detto chi sono i dinosauri.

“Ad esempio, gli assessori che avevano posto all’ordine del giorno una serie di punti che non sono mai stati realizzati: mi riferisco alle politiche del welfare, delle politiche sociali e di inclusione socio-lavorativa. Sa che sono stato a trovare una famiglia con tre figli, e con una donna incinta, che dopo aver ricevuto un avviso di sfratto non ha ancora ottenuto l’affidamento di un immobile? Significa che per questa Regione non esistono politiche per l’abitare sociale, o in favore delle classi bisognose. Musumeci non è stato eletto perché era l’unico pizzo che piaceva ai siciliani. Ma per un programma e perché è parso il profilo più credibile per dare una svolta. A lei sembra che questa svolta ci sia stata? La formazione è in ginocchio, i nostri ragazzi se ne vanno, le infrastrutture non esistono…”.

Quindi è anche colpa di Musumeci?

“No. A mio avviso il presidente si è dato un profilo collegato alla sua personalità: è un uomo serio, delle istituzioni, della semina. Musumeci non è uno che trovi in piazza, a fare seminari o dibattiti, videoconferenze o passerelle. E’ uno che lavora 18 o 20 ore al giorno e non può essere garante dell’azione di ogni singolo assessore. Non avrebbe neanche il tempo per farlo. Adesso ci vogliono gli ingegneri, gli architetti, gli operai, gli zappatori che realizzano le opere”.

Ci scusi onorevole. Ci vorrebbe anche un parlamento…

“Esatto. Ci vogliono gli attori del sistema, a partire dall’organo legislativo. Nelle mie disamine individuo sempre dei responsabili chiari”.

Chi sono?

“Il parlamento ha una governance e obbedisce al copione del regolamento. C’è un sistema talmente farraginoso – e nulla è stato fatto in questi anni per snellire le procedure – che gli attori del sistema rimangono schiavi di chi dà le carte. E tutto si impantana. Com’è possibile che malgrado la volontà del presidente della Regione, malgrado le urla in aula, non si siano date alla luce alcune riforme come quella sui rifiuti? Non è il presidente della Regione a calendarizzare i lavori d’aula”.

Abbiamo fatto un giro immenso per tornare a Miccichè?

“Garantire le istituzioni non significa farsi i cavoli propri, ma scrivere leggi e riforme. Non significa garantirsi stipendi e vitalizi per quattro generazioni dopo sei mesi di attività in aula… A me piacerebbe dire che le cose vanno bene, ma l’indiziato numero uno per il cattivo funzionamento del parlamento è proprio il presidente dell’assemblea regionale”.

E ora che ha detto di voler fondare un nuovo partito del Sud?

“Faccia un favore ai Siciliani, oltre al suo partito lasci anche la Sicilia. E soprattutto non dica sciocchezze parlando di nuovi partiti. Il suo ultimo movimento, Grande Sud, non ha fatto niente per questa terra a parte condannarci a 5 anni di Crocetta e a 30 anni di disoccupazione, assenza di infrastrutture, di sicurezza e di opportunità di sviluppo. Micciché di grande ha solo il bluff”.

Non che all’interno dell’Udc le sue posizioni siano in maggioranza. Dopo l’analisi su dinosauri e vitalizi, i suoi colleghi l’hanno ripresa. E lei, replicando, ha parlato di “un’onda alimentata da quattro piritolli…”. I piritolli sono quelli del suo stesso partito?

“Io non ho paura di combattere per le cose in cui credo. E le ribadisco che non saranno quattro piritolli a farmi cambiare idea, tanto meno ad infastidirmi. Quando alcuni personaggi ti vengono contro non fanno altro che rafforzare le ragioni della tua battaglia. I quattro piritolli a cui mi riferivo nel comunicato sono quelli che appartengono alla casta, non avevo in mente una persona piuttosto che un’altra. Tra i miei colleghi c’è anche tanta gente che stimo. Io ce l’ho con quanti vogliono difendere i privilegi. Ma da parte dell’Udc, e mi riferisco soprattutto al nostro coordinatore Lorenzo Cesa, non ho riscontrato una posizione univoca sui vitalizi.  D’altronde è un tema su cui ognuno obbedisce alla propria coscienza e ai propri egoismi. Ogni gallina guarda con affetto alle sue uova. Sarà la fisionomia dei pulcini a dire come stanno le cose”.

La sensazione è che molti, all’interno della sua maggioranza, abbiano cominciato a guardarla con sospetto quando si è presentato a “Non è l’Arena”. Più che difendere la Sicilia è come se avesse perorato la causa di Giletti.

“Ma lei Buttafuoco lo considera un nemico della Sicilia? Per me un uomo di alto profilo che dice le cose come stanno. Lo ha fatto anche da Giletti. Nel dna dei siciliani c’è questo forte orgoglio popolare, per cui non vogliamo che dall’esterno ci arrivino rimproveri o critiche. Per questo sono andato da Giletti. Per fare noi un po’ di autocritica. Ho portato in trasmissione un simbolo del lavoro duro e geniale di tanti ragazzi, che provano a raccontare una Sicilia diversa, che ce la fa. Se poi ci sono personaggi come Crocetta che tendono a metterci in ridicolo, o come Miccichè, che dà sempre spunti, non posso farci niente. Io ho il dovere di difendere la Sicilia ovunque. E sapevo benissimo di attirarmi delle critiche andando lì…”.

Perché è andato, allora?

“C’è chi vuole fare il reuccio dentro il palazzo e quando lo invitano ad andare fuori risponde di no, che “dovete venire voi qua, coi miei guardaspalle”. Io, invece, sono andato e ho fatto la mia parte. Mi sono scontrato con un imprenditore del Nord a cui ho ribadito la grandezza del Regno delle due Sicilie e il contributo del Meridione, anche a livello economico, per il raggiungimento dell’unità d’Italia. Certo, se alcuni hanno il carbone bagnato e ritengono che il palazzo debba essere mantenuto distante dall’esposizione del sole e della luna, quello non è un problema mio”.

Comincia a starle stretto il gruppo dell’Udc e, in generale, questa maggioranza?

“Fiscalità di vantaggio, zone franche montane, insularità, più equa distribuzione delle risorse, lavoro, infrastrutturazione: sono questi i temi su cui ci dobbiamo confrontare con il presidente della Regione e con gli alleati, a prescindere dal fatto che si occupi uno schieramento piuttosto che in un altro. Io non sono mai stato un’alzapaletta. E sarà così fino all’ultimo giorno della mia presenza in aula. Continuerò a percorrere questa strada, ma diamoci delle scadenze: che non sono legate né al tempo né agli schieramenti. Ma al numero di ragazzi che rimarranno in questa terra, al numero delle imprese che non chiuderanno. Sono questi gli indicatori veri di una Sicilia che merita il cambiamento”.

Che tipo di cambiamento?

“Culturale, non generazionale. C’è gente che fa politica dal ’94, ha rivestito ogni ruolo – da ministro a presidente dell’Assemblea – ha la governance, ma oggi pensa soltanto a difendere i vitalizi. Non mi sembra un buon requisito per dire a Figuccia di non avere i titoli per parlare. Se io avessi il sospetto di non aver fatto abbastanza per la mia terra, nonostante la grande responsabilità di cui sono investito, ne morirei”.

In commissione sono state incardinate quattro proposte per il taglio dei vitalizi. E’ d’accordo con qualcuna di esse?

“Proposte come quella che prospettano un taglio del 9% sono fuori dal tempo. La commissione speciale sui vitalizi è nata perché l’ufficio di presidenza non ha voluto assumersi la responsabilità presentare un’iniziativa valida. Mentre ci sono operai, impiegati, artigiani, commercianti che non riescono a vivere, questi deputati – che appartengono a una casta medievale – continuano a vivere sulle loro spalle. Questo principio non lo accetto, per questo sarò sempre una voce fuori dal coro. Insieme ad alcune associazioni di categoria, come il Codacons, stiamo vagliando l’ipotesi di presentare un atto stragiudiziale, affidando ad un gruppo di legali l’esame della vicenda vitalizi, per la stesura di una diffida indirizzata ai responsabili del mancato taglio”.