Musumeci è inchiodato alle telecamere e alle poltrone dei salotti televisivi (sebbene in collegamento), mentre la Sicilia affonda. Ovviamente, è più complesso di così. Ma la realtà è che nessuno riesce a risolvere le emergenze dell’Isola, che anzi diventano l’occasione per mettersi in mostra e (provare a) spopolare sulla scena politica nazionale. Il presidente della Regione oggi sarà a Roma, su invito del premier Giuseppe Conte, per affrontare l’ultimo nodo: l’immigrazione clandestina. O meglio, il penultimo, dato che lo stesso governatore ha promesso ai sindaci delle zone colpite dagli incendi che parlerà anche di questo al presidente del Consiglio. I roghi appiccati dai piromani hanno raso al suolo oltre 900 ettari di vegetazione sulle colline di Altofonte. E mandato in malora la Riserva dello Zingaro, uno degli scorci più incantati di Sicilia. Ci vorranno anni – una quindicina – per ricostruire il tessuto verde e ridare fiato ai polmoni dell’Isola.

Eppure, anche lo scorso anno era accaduto qualcosa di simile: bruciarono le foreste attorno a Monreale e San Martino delle Scale. Si diede la colpa a un lavoro di prevenzione fatto tardi – i viali parafuoco realizzati a giugno anziché in primavera – e si archiviò la questione con una frase a effetto: “I piromani? Metteteli in galera e buttate la chiave”, disse il governatore. Da quel momento non se n’è quasi più parlato, fino ai fatti dei giorni scorsi. Eppure i roghi hanno un passato e, probabilmente, avranno un futuro. Scandiscono i mesi caldi e denotano l’assenza di un servizio anti-incendio all’avanguardia. Lo ha riassunto nel suo pensiero l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Ignazio Corrao: “Se in Sicilia ci sono 20 mila forestali, ma poi mancano mezzi, organizzazione e pianificazione del loro lavoro, vuol dire che tutti i responsabili, sia politici (per le mancate riforme) che amministrativi (per incapacità manifesta che causa danni inenarrabili, sia economici che ambientali), non possono stare in quegli uffici pubblici”.

Dei 20 mila forestali che Giletti non ci invidia, soltanto una minima parte (500) è destinata all’attività di controllo e prevenzione. Ma soltanto un paio di operai, alla soglia della pensione, si occupano della zona di Castellammare del Golfo e dello Zingaro. E’ un mistero su come facciano a controllare i 7 chilometri che separano l’ingresso Nord della riserva, dalla parte di San Vito Lo Capo, da quello Sud, sul versante di Scopello.  Oltre alle guardie, pure chi si occupa di spegnimento è avanti con l’età: 56 anni di media. Inoltre un terzo degli autisti, quelli che conducono le autobotti, sono andati in pensione senza essere rimpiazzati. La situazione è veramente critica. Eppure c’è voluto un mega-incendio, e alcune foto che inceneriscono il cuore, a risollevare gli interrogativi: perché nessuno fa niente? Il presidente della Regione, a inizio legislatura, aveva annunciato una riforma del corpo forestale. Ma non ce n’è traccia nelle commissioni di merito a palazzo dei Normanni. Solo in questi giorni i partiti si sono “riaccesi”: le proposte di Pd e Forza Italia risultano già tardive. E in fin dei conti anche un po’ umilianti nei confronti di una terra e di una natura bistrattate.

L’emergenza degli incendi che – statene certi – tornerà l’estate prossima (a meno che le minacce e le ingiurie nei confronti dei piromani, non li convinca alla redenzione), in questi giorni caotici è stata accompagnata dall’emergenza migranti. Su cui, per la verità, la Regione non ha alcun tipo di competenza. Anzi: Musumeci ha provato ad accollarsi un po’ di responsabilità, scrivendo un’ordinanza rivedibile sotto il profilo giuridico – infatti è stata sospesa dal Tar di Palermo – per alleviare l’emergenza sanitaria all’interno degli hotspot (da Lampedusa a Palermo passando per Caltanissetta). Ma è stato letteralmente spernacchiato. L’invasione, è così che la chiamano, non è una materia che attiene al governo della Regione, ma a quanto pare nemmeno il Ministro degli Interni né quello degli Esteri riescono a fare granché: gli accordicchi con la Tunisia sono stati saltati di fronte all’arrivo, qualche notte fa, di un barcone con 450 migranti a bordo. A controllare le frontiere nord-africane sono rimasti quattro gatti: meno dei nostri forestali, probabilmente.

I migranti hanno permesso a Musumeci di cambiare pelle. Di adeguarsi ai toni propagandistici della Lega – che, pur tuttavia, sta competendo in sette diverse elezioni regionali – e candidarsi a salvagente del popolo siciliano. Che dalla politica, però, si attende altre dimostrazioni di forza. I fronti aperti, mentre vi scriviamo, sono almeno tre. E sono tutti delle emergenze. La prima è di natura economica. L’approvazione della Finanziaria Covid, nel maggio scorso, aveva lasciato qualche flebile speranza ai lavoratori e alle imprese più vessate dall’arrivo della pandemia. Tutti i politici dell’isola, da destra e sinistra, si erano riempiti la bocca di aiuti a fondo perduto. Il Pil è crollato di quasi il 10%. Ma siamo a settembre e non si è ancora mossa foglia: i 130 milioni per le attività economiche in difficoltà, gli 80 milioni di prestiti alle imprese impoverite, e i 40 promessi all’artigiani (da erogare attraverso l’Ircac) restano in pancia a mamma Regione, che solo qualche giorno fa si è vista approvare una rimodulazione dei fondi per 400 milioni complessivi. Bisognerà attendere altri giorni perché vengano pubblicati gli avvisi, e le risorse siano rese effettivamente disponibili. Questa corsa alla liquidità appare infinita e piena di ostacoli. Una maratona. Ovviamente si tratta di piccoli aiuti: non basteranno per tutti.

L’altra emergenza di strettissima attualità riguarda la scuola. Anche stavolta c’entra lo Stato e le linee guida che non sono ancora definitive. Ma anche la Sicilia, che tempo fa si era dotata di una task force, deve mettere bocca in queste trattative. L’unico passo del governo della Regione, capeggiato da Musumeci e Lagalla, l’assessore al ramo, è stato concedere una proroga non soltanto ai presidi degli istituti che ospiteranno i seggi elettorali per il referendum del 20-21 settembre, ma anche a tutti gli altri, qualora dovessero risultare sprovvisti dei dispositivi di protezione fondamentale e delle misure utili al distanziamento. Costoro, potranno riaprire entro e non oltre il 24. Resta da capire dove faranno le lezioni gli studenti: grazie a un accordo con la conferenza dei vescovi siciliani, verranno messi a disposizione alcuni edifici ecclesiastici e appartenenti alla Curia; ma la Regione sta anche verificando la disponibilità degli immobili da parte delle Ipab (istituti pubblici di assistenza e beneficenza). Nel corso del summit che si è tenuto lunedì a palazzo d’Orleans, si è parlato anche di altro: dal potenziamento del personale Ata a quello aggiuntivo per supportare le attività di sanificazione dei locali.

Un ultimo tema che la Regione evita di affrontare, e stavolta le responsabilità sono prevalentemente sue, è quello della monnezza. Gli ingombranti non sono mai spariti dai marciapiedi di Palermo, per citare un caso visibile agli occhi, ma anche le discariche – che restano centrali per il ciclo dei rifiuti nell’Isola – restano una zona franca, oltre che uno strumento di business per poche famiglie di privati. E’ impossibile smontare l’emergenza e ripartire daccapo. A molti non farebbe comodo. Da mesi ormai, il governatore Musumeci e l’assessore Pierobon promettono un piano dei rifiuti, che è ancora fermo ai giudizi tecnici dopo la lunga trafila di revisione imposta dal Ministero dell’Ambiente. Secondo il deputato del Movimento 5 Stelle, e convinto ambientalista, Giampiero Trizzino, “la soluzione è una: linee chiare sulla pianificazione regionale (che non c’è) e porte chiuse a chi vuole mantenere il sistema delle discariche (e non solo)”. Mentre giudica “fumo negli occhi” la riforma della governance dei rifiuti, che da quasi un anno – ormai – è ferma al palo del voto segreto (bocciato l’articolo 1, la legge fu ritirata, mentre il governo decise di rifugiarsi sull’Aventino).

Se ne riparlerà alla ripresa dei lavori in Assemblea. Quando gli incendi risulteranno spenti, i morsi della fame attenuati (anche se parzialmente), la scuola semi-riaperta e le invasioni “barbariche” in netto calo (a causa del peggioramento climatico). Allora, ci si potrà crogiolare sul tema dei rifiuti, sulle responsabilità di una politica irresponsabile, sul legame tra i palazzi e le inchieste giudiziarie – qualche giorno fa è andato in fiamme un impianto di compostaggio a Trapani – o rispetto agli interessi dei privati. Oggi no: il menu è cambiato.