Con 2.500 emendamenti da smaltire il presidente Schifani parla di maggioranza “compatta”. Ma la cosa più anomala – almeno nei racconti fatti filtrare da palazzo dei Normanni – è che il nuovo traino della coalizione di centrodestra è composto, oltre che dal governatore, dall’indagato numero uno in Sicilia: Gaetano Galvagno. Il quale – bruciato (politicamente) dall’inchiesta della Procura di Palermo – ha provato a riemergere con un guizzo: vale a dire la nomina alla Corte dei Conti dell’avvocato catanese Maravigna. Pensa di essersi appuntato una medaglietta sul petto, Galvagno. In realtà, ha agito in nome e per conto di se stesso. E non del suo partito, Fratelli d’Italia, che (forse) non vede l’ora di scaricarlo.

I probiviri non avevano abbastanza strumenti per convincerlo a un passo indietro, ma non appena l’inchiesta tornerà centrale nei dibattiti e sui giornali, il giovane presidente dell’Assemblea, quello che partecipò al matrimonio del figlio di Cuffaro nel giorno di via D’Amelio, potrebbe davvero finire ai margini della storia politica siciliana. A 40 anni. Colpa di una condotta poco apprezzata anche dai piani alti: Giorgia Meloni è stanca, quasi furibonda per gli scandali che hanno investito FdI nell’Isola. E l’invio del commissario Sbardella non è bastato, finora, a cancellare l’onta di una stagione catastrofica. Impersonificata da due soggetti: Manlio Messina, costretto a dimettersi dal ruolo di vicecapogruppo alla Camera oltre che dal partito (ci mancava poco che non andasse via da Montecitorio); e Galvagno, sottoposto a un’umiliazione quotidiana per aver concesso la scena ad alcuni scavezzacollo – come l’ex portavoce – che pensavano di trasformare impunemente i finanziamenti dell’Ars in “utilità personali”.

La storia la conosciamo, ma ciò che appare lontano dalla realtà è questo tentativo di Galvagno di riemergere dai bassifondi. Dopo aver fallito sul piano anti-mance (oggi l’unico risultato è che i deputati devono apporre la firma su tutti gli emendamenti aggiuntivi, anche i più irricevibili), ed essere stato escluso dai vertici di maggioranza, ha pensato di risolvere tutto approfittando del “gelo” tra Fratelli d’Italia e il presidente della Regione. Come? Mettendo il cappello sull’elezione (a scrutinio segreto) di un avvocato alla Sezione di controllo della magistratura contabile. Una votazione dove peraltro sarebbero mancati parecchi voti, compresi quelli della frangia tamajana di Forza Italia (l’assessore e i fedelissimi D’Agostino e Vitrano sarebbero rimasti bloccati in un ingorgo…).

Ma FdI, che sulla sanità sta provando a fare la voce grossa (oppure finge talmente bene da apparire verosimile), non l’ha presa bene. Neppure Sbardella era pronto all’accelerazione di Galvagno: il patto con Schifani – secondo gli addetti ai lavori utile a “stemperare il clima” – in realtà era un accordo a due: da un lato il governatore, dall’altro il suo omologo di Sala d’Ercole. Eppure c’è chi sostiene che sia servito a rinsaldare la maggioranza… Ignorando, ad esempio, che dopo aver polemizzato sulla rete ospedaliera e sulla nomina di Iacolino, i patrioti hanno chiesto un’altra verifica che riguarda il “peso medio” delle due Cardiochirurgie pediatriche presenti in Sicilia: “Chiediamo un’audizione urgente della Commissione Sanità dell’Ars – hanno scritto il capogruppo Assenza e i deputati Galluzzo e Zitelli – affinché l’assessore regionale della Salute riferisca nel dettaglio i criteri per i quali l’attività chirurgica della Cardiochirurgia Pediatrica di Taormina è stata considerata dal peso specifico inferiore rispetto a quella di Palermo”.

Una richiesta che si accoda alla polemica dei Cinque Stelle e che dimostra quanto sia precario – al netto della possibile messinscena – l’equilibrio all’interno della coalizione. Un equilibrio che Galvagno non potrà mai ripristinare. Anche perché, secondo il deputato contiano Adriano Varrica, si è reso protagonista di un’altra topica. L’onorevole del M5s aveva proposto una pregiudiziale per escludere le “mancette” dalle variazioni di bilancio, richiamando la nota del 24 luglio del presidente dell’Assemblea che esortava le commissioni di merito ed i gruppi parlamentari ad adottare criteri più stringenti per la presentazione di norme relative a singoli beneficiari.

Obiettivo era quello di scongiurare eventuali impugnative per incostituzionalità.  “Era stato lo stesso Galvagno – spiega Varrica – ad avvisare questo Parlamento sul fatto che avrebbe utilizzato una procedura rafforzata, chiedendo relazioni vistate dagli uffici regionali per escludere gli articoli e gli emendamenti che avessero avuto contenuti specifici, pena l’esclusione”. Ebbene “Galvagno purtroppo ha perso qualsiasi residua autorevolezza considerando che la manovra attualmente in discussione reca centinaia di micro emendamenti territoriali destinati ai soggetti individuati dai deputati di maggioranza e privi di alcuna giustificazione. A partire da oggi qualsiasi cosa dovesse scrivere o affermare il Presidente Galvagno saranno parole prive di alcuna credibilità”, conclude Varrica.

Questa parabola, ormai segnata, si sarebbe potuta evitare se l’Ars, o Fratelli d’Italia, avessero preteso misure più rigorose per garantire la “questione morale”. O se Galvagno, che aveva trasformato l’auto blu in un taxi per amici e parenti, e adottato criteri poco equi per la spartizione dei finanziamenti, si fosse dimesso dall’incarico per restituire dignità a una istituzione martoriata. Non è avvenuto, e così eccoci a parlare di una crisi che prende vita dalla delegittimazione di una delle istituzioni più rappresentative della Regione. In un momento, peraltro, in cui FdI è senza una guida e rischia di essere cannibalizzata da Sammartino sul fronte etneo (l’ex vice coordinatore regionale, già seguace del Balilla, si è trasferito armi e bagagli nel Carroccio).

Parlare di una classe politica inaffidabile appare persino riduttivo. Ma strumentalizzare questa debolezza per ricavarci l’ennesimo strapuntino – grazie al voto segreto dell’aula – non è stato un grande affare per Mr. President. Oggi, più che un traino, somiglia a una zavorra. Nonostante i soldi che riuscirà a riversare su Ragalna e Paternò.