Giarrusso, quando l’abito non fa la Iena

“Dino Giarrusso si fa la campagna con il vestito e il soprannome “Iena”. Noi de Le Iene non c’entriamo nulla. Con i migliori auguri, Dino rimetti la divisa nell’armadio!”. E’ questo, laconico, il riassunto di un articolo in cui la storica trasmissione Mediaset, per cui Dino Giarrusso, ha a lungo collaborato, si sgancia dal candidato del Movimento 5 Stelle alle prossime Europee. Pur di farsi riconoscere – o di evitare storpiature del suo cognome – Giarrusso ha adottato una misura doppia: da un lato scrivere, sui manifestini elettorali, ‘detto Iena’ accanto al suo nome (“L’alias è concesso, in Sicilia mi chiamano in quel modo” ha detto lui); poi indossando la divisa da lavoro in tutti i manifesti elettorali in cui è ritratto. Il candidato grillino, secondo tra i più votati alle ultime consultazioni di Rousseau (meglio di lui soltanto Ignazio Corrao) ha trovato lo stratagemma giusto per bucare lo schermo (ops, i cuori) dell’elettorato.

Mentre in politica non è riuscito a sfondare – alle Politiche non è stato eletto, da addetto alla comunicazione in Regione Lazio è durato poco, da consulente del Ministro all’Istruzione ha dovuto dimettersi – il suo passato televisivo parla tutto per lui. Chi è Giarrusso? L’ex Iena. In teoria potrebbe funzionare. Avanti così fino al 26 maggio: “Sulla scheda elettorale (e di conseguenza sui volantini elettorali) ci sarà scritto ‘Dino Giarrusso detto iena – ha detto il diretto interessato – perché nella mia Sicilia, in Sardegna e in molte altre parti d’Italia ci sono tantissime persone che tuttora mi chiamano così: iena. Come fosse un soprannome, un alias”. Ma il Giarrusso non replica ai vecchi compagni di squadra che lo vorrebbero, magari, in un bellissimo abito blu, per distinguersi dal passato: “L’affetto resta, per carità, ma noi de Le Iene non c’entriamo nulla e ci teniamo a farlo sapere subito. A Giarrusso i migliori auguri per il futuro, sperando però che la smetta con il vizio di vestirsi come noi e di usare il passato a Le Iene per la sua campagna elettorale”.

Paolo Cesareo :

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