In attesa di conoscere il destino dell’Orchestra sinfonica siciliana, un’istituzione fondata nel 1951, da sempre vanto e gloria dell’Isola, dalle parti del Politeama serpeggia il malumore. E un clima di rassegnata sfiducia che cozza coi sorrisoni dell’assessore al Turismo, Francesco Scarpinato, e del sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, che, nel giorno di Capodanno, avrebbero voluto dirottare l’attenzione solo sull’aspetto ludico e culturale della vicenda. Ci aveva provato anche il direttore artistico, Gianna Fratta, proponendo un medley con le canzoni dei cartoon (tra cui “I tre porcellini”) che molti, fra il pubblico e gli orchestrali, non avrebbero apprezzato. Ma questo è solo un dettaglio di una vicenda assai più tormentata, che – dal commissariamento della Fondazione – è divenuta surreale: talvolta per gli scandali generati dalle decisioni della governance, talvolta per le condizioni cui devono far fronte gli orchestrali, che nonostante tutto continuano a dimostrare immutato senso del dovere, oltre che attaccamento alla Foss. Nella buona e nella cattiva sorte.

Davanti ai cancelli del Politeama, però, domenica scorsa è stata chiesta la rimozione del commissario straordinario Nicola Tarantino, fedelissimo dell’ex assessore al ramo Manlio Messina; del sovrintendente, Salvatore Francesco Di Mauro, la cui nomina è stata siglata dal commissario (col benestare, va da sé, del Balilla, oggi deputato a Montecitorio e “addetto alle interviste” di Fratelli d’Italia); oltre che del direttore artistico Gianna Fratta, moglie del cantautore Piero Pelù. “Non solo non hanno saputo gestire i processi fondamentali per lo sviluppo della Fondazione, ma da tempo hanno perso ogni contatto con la vita reale dell’Orchestra”, è l’accusa dei sindacati.

Scarpinato, Tarantino, il sovrintendente Di Mauro e il sindaco Lagalla in una foto scattata al concerto di Capodanno

I problemi sono molteplici e riguardano, in primis, “la stabilizzazione dei tanti precari storici” per dare “un giusto riconoscimento a chi da anni svolge mansioni non adeguate ai loro livelli. Il Contratto di secondo livello – lamentano le sigle dei lavoratori – è scaduto ormai da anni e anche in questo caso nessun passo avanti è stato fatto. Sono stati proposti al personale precario contratti di soli 5 mesi, ad altri invece sono stati proposti contratti con clausole vessatorie, il tutto condito con un clima di confusione e cambi di direzione continui”. Inoltre, “è stato approvato un bilancio di previsione dove si investe su tutto tranne che nel personale della fondazione”, mentre “il Commissario Straordinario ha nominato due Sovrintendenti dei quali avrebbe dovuto assorbire le funzioni con conseguente e notevole aggravio economico per la Fondazione”. Per altro, “il Sovrintendente attuale è stato nominato senza che la Fondazione abbia indetto un bando di evidenza pubblica”. Basta leggere tutto d’un fiato per capire quanto sia grave la situazione e fin dove possa arrivare la gestione di un’istituzione che è patrimonio, nonché ente vigilato, della Regione.

Ma le accuse sono rivolte anche alla Fratta: “Il Direttore Artistico – si legge nella nota di biasimo – ha promosso le attività che avevano una diretta ricaduta sulla sua persona: si è attribuita le direzioni di due concerti in stagione e ha diretto due delle registrazioni effettuate dall’orchestra tra giugno e settembre. A fronte di una stagione concertistica costata quasi due milioni di euro”, però, “non c’è stato nessun sostanziale incremento di pubblico. Dal suo insediamento (quasi due anni) non è stata effettuata nessuna tournèe e non è stato avviato nessun progetto per i giovani”.

Tutto ciò sarebbe bastato per avviare un provvedimento, rapido e severo, allo scopo di reintrodurre un Consiglio d’Amministrazione competente, ove possibile. Spazzando via anni di polemiche e d’incuria, oltre che di militarizzazione politica. Invece, il presidente Renato Schifani, che solo alla vigilia di Capodanno dichiarava di aver “appreso dei disagi e dei motivi della protesta intrapresa dai lavoratori” della Sinfonica, è ancora agli intendimenti: “È mia intenzione aprire una interlocuzione con i vertici della Foss e con i sindacati per affrontare in maniera concreta i problemi che affliggono questa istituzione culturale di alto lignaggio e che dà lustro al mondo artistico siciliano. Assumo l’impegno di cercare soluzioni possibili, compatibilmente con le norme e con le risorse esistenti”. Perché non subito? Cosa occorre per nominare il nuovo Cda e restituire pregio all’istituzione? Quanto tempo bisognerà attendere per cancellare un’eredità così poco edificante? A rimettere in discussione un feudo che la politica ha dimostrato di non saper amministrare?

E chiaro che la Foss, e il turismo in particolare, rappresentano la terra di conquista di un partito che in questa fase non rinuncia neppure alle briciole. Figurarsi all’enorme portafogli di un assessorato tra i più ricchi. Cambiano gli interpreti, ma – fino a prova contraria – non il modo di operare. Per Schifani e Scarpinato la vertenza della Sinfonica rappresenta un banco di prova per capire quanta voglia ci sia realmente di cambiare questa regione. E di sostituire le parole sterili all’azione concreta. Per incidere nelle scelte, però, occorre coraggio. E il coraggio chi non ce l’ha non può darselo.

Per la verità sarebbero tanti i feudi da espugnare: a partire dalla Sanità. Qualche giorno addietro i rappresentanti degli ambulatori specialisti convenzionati hanno denunciato le gravi mancanze dell’ex assessore Razza, e minacciato la sospensione delle prestazioni erogate (per tutti i siciliani) a partire dal prossimo 18 gennaio. Significherebbe la paralisi dei servizi sanitari. Ma, a quanto pare, un altro modo non esiste. Il presidente della Regione aveva provato, a parole, a spingere sulla sinergia tra pubblico e privato: la protesta dei privati rappresenta un’occasione d’oro per confermare la svolta, anche se significherebbe dover rinunciare alla “continuità amministrativa” con chi l’ha preceduto. Dopo averla rivendicata con forza, è disposto Schifani a compiere questo passo, decretando l’errore di chi aveva governato prima di lui (e che, in fondo, l’ha scelto)?

Riuscirà, inoltre, il governatore a sbarazzarsi dell’ombra persistente di Armao, che gli crolla addosso ogni qual volta ci si vorrebbe occupare i conti pubblici in maniera seria? Avviare una nuova stagione sotto il profilo della trasparenza contabile ed economica, significherebbe tenere in debita considerazione l’input della Corte dei Conti, e non arrovellarsi nella ricerca di exit strategy, come il “Salva Sicilia”, che alla lunga potrebbero risultare improduttive: sia per i rapporti con la magistratura, che per le casse dell’Isola. Ma soprattutto per il rispetto che si deve alle future generazioni, le quali si ritroveranno a pagare gli ingenti debiti accumulati dai politici del nostro tempo. Ecco: rompere col passato è un modo come un altro per non dimostrarsi succubi. La strategia, però, non può essere prendere tempo o cadere ripetutamente dal pero. Quella è complicità.