Il prossimo 23 luglio, la Commissione Sanità dell’Assemblea Regionale Siciliana sarà chiamata a esaminare una proposta di rimodulazione della Rete Ospedaliera presentata dall’Assessorato alla Salute. Per noi la proposta Schifani/Faraoni va ritirata immediatamente per palese indegnità. Crea disparità territoriali inaccettabili, ignora dati demografici ed epidemiologici, minaccia le eccellenze specialistiche territoriali; presenta un grado di arbitrarietà insopportabile, con il chiaro intervento di sponsor politici che hanno determinato scelte altrimenti incomprensibili; non dà evidenza della integrazione con la Rete Sanitaria Territoriale.

Sei province su nove (Enna, Agrigento, Ragusa, Siracusa, Trapani e Caltanissetta) hanno un numero di posti letto complessivo al di sotto della media nazionale (3.2 ogni 1000 abitanti), due di queste sei, Caltanissetta e Enna, si trovano addirittura al di sotto della soglia di sicurezza indicata dalla OMS (3 posti letto/1.000 abitanti). Il deficit complessivo è di 1.840 posti letto.

Abbiamo osservato una eccessiva concentrazione sul capoluogo con la conseguente cattiva gestione della domanda extra-metropolitana.
– A Messina appare fortemente carente il trasporto dei casi urgenti;
– Ad Agrigento il numero di posti letto per mille abitanti risulta inaccettabile, trattandosi di una provincia con il 23% di popolazione over-75;
– Caltanissetta è certamente la Provincia più penalizzata, con il rischio del collasso per le cure delle patologie croniche;
– Ad Enna è incomprensibile il taglio del 15% nonostante le difficoltà logistiche e le emergenze territoriali;
– A Ragusa la capacità ricettiva è del tutto inadeguata considerando il flusso turistico (+40% estivo);
– A Trapani emerge una grave carenza di capacità ricettiva nelle isole minori;
– Nelle province con più posti letto rispetto alla media nazionale (Palermo, Catania e Messina) ci sono storture legate a ragioni chiaramente notabilari e clientelari. Come spiegare altrimenti Paternò, città del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, ma anche del presidente del Senato, Ignazio La Russa, in cui si passa da 28 a 63 posti e vengono creati sei nuovi reparti: oculistica, otorinolaringoiatria, psichiatria, urologia, oncologia, gastroenterologia, mentre Biancavilla (distante 13 km da Paternò), perde posti letto di chirurgia in favore di Paternò, nonostante la disponibilità di sale operatorie nuove!

Emerge poi chiaramente un sottodimensionamento tecnologico, con l’annullamento degli investimenti dedicati per apparecchiature d’avanguardia (TAC ad alta risoluzione, angiografi) nelle aree non metropolitane. Una mobilità forzata dei pazienti: l’assenza di unità ospedaliere specialistiche in sei province obbliga il 38% dei pazienti complessi a migrare verso Palermo/Catania (dati Agenas 2024). Infine il rischio concreto di una desertificazione medica: senza reparti specialistici funzionanti, si accelererà l’esodo dei medici specialisti dalle aree interne.

Quelle elencate sono solo alcune criticità più evidenti di una situazione generale, nella quale tagli od incrementi di posti letto, apertura o chiusura di reparti, non sono correlati a un’analisi di dettaglio di evidenze, patologie, consistenze demografiche, disponibilità di attrezzature, competenze storiche, distanze geografiche e difficoltà di raggiungimento delle sedi, ma appaiono determinati dal peso specifico relativo degli sponsor politici dei diversi territori.

Un’ultima considerazione: la Rete Ospedaliera regionale andrebbe correlata con la Rete Sanitaria Territoriale, che ha ottenuto ingenti fondi a valere sul PNRR. Secondo la Presidenza della Regione Siciliana alla Sicilia sono stati assegnati 638 milioni di euro per 260 interventi infrastrutturali (Case di comunità, Ospedali di comunità, ospedali “sicuri” ecc.) e 471 milioni per innovazione e digitalizzazione (telemedicina, ICT, attrezzature) del servizio sanitario.

Le Case della Comunità (micro-ospedali di prossimità) previste erano 146 strutture (per quasi 217 milioni di euro) che dovevano essere realizzate in vari comuni della Sicilia come previsto dal DM 77/2022 e dal Piano Regionale. Ma erano previsti in questo Piano anche 39 Ospedali di Comunità (OdC) per 94 milioni di euro e ubicati nei presidi sanitari esistenti (per esempio comuni come Leonforte ed in varie sedi di proprietà delle ASP). Erano pure previste 49 sedi, per 17 milioni di euro circa, di Centrali Operative Territoriali (COT) destinate a coordinare assistenza domiciliare e telemedicina sul territorio.

E’ vero che ad oggi, secondo il monitoraggio Agenas di maggio, solo due Case di Comunità ed un Ospedale di Comunità sono stati completati, ma, nella preparazione della bozza, l’Assessorato ha tenuto in considerazione l’integrazione tra Rete Ospedaliera e Rete Territoriale? Secondo noi, no.