«Ho voluto rispondere ‘presente’ all’invito fattomi dal presidente dell’Antimafia e dall’onorevole La Vardera. Io stesso ho aperto a un eventuale dibattito». Così Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars, ha aperto le proprie comunicazioni a Sala d’Ercole. Prima di passare il timone al “supplente” Nuccio Di Paola, Galvagno ha ripercorso gli ultimi mesi sull’ottovolante: «Nel gennaio di quest’anno ho ricevuto una proroga di indagini che non vedevano contestato alcun capo di imputazione provvisorio. Non avevo accesso ad alcun atto», eppure «ho pensato di mettermi a disposizione dei magistrati e ho chiesto di essere immediatamente interrogato, per dare tutte le spiegazioni possibili. Il 7 giugno mi sono sottoposto all’interrogatorio, insieme agli avvocati andrò sempre avanti nella difesa tecnica della mia posizione».
«Questo non è un tribunale e questa seduta non può essere un processo – ha ribadito Galvagno – La funzione del presidente e del Parlamento non è mai stata messa a disposizione dell’interesse personale. Questo Parlamento ha approvato provvedimenti del valore di 13 miliardi di euro. Io ho ritenuto che, in assenza di elementi conclusivi dell’indagine, il mio intervento in Aula potrebbe rappresentare una distorsione», ha spiegato Galvagno giustificando il silenzio degli ultimi giorni. «Non voglio sentirmi e non mi sento differente dagli altri. Leggendo i giornali apprendo ciò che non è nelle mie disponibilità di indagato. Ho compreso che non solo la stampa ha più elementi di me, ma in tanti hanno atti che dovrebbero essere sottoposti al segreto istruttorio».
Passando al piano politico e istituzionale, Galvagno rivendica: «Vi ricorderete che ho proposto, insieme ad altri colleghi, di fare in modo, per garantire la massima trasparenza, che ciascun intervento fosse accompagnato dalla sottoscrizione del deputato proponente. Ogni scelta parlamentare potrebbe determinare dei beneficiari, ma ciascun parlamentare deve rispondere a interessi diffusi».
E ancora: «Auguro alla mia portavoce, che ha deciso di dimettersi, di poter dimostrare di avere agito nei confini della legalità. La seduta odierna serve a me per mettermi a nudo di fronte ai colleghi parlamentari. Ho proposto e deciso di trasformarla in un dibattito aperto. C’è chi mi chiede di fare un passo indietro e chi mi chiede di fare due passi avanti. Ma se domani decidessi di dare seguito a questa richiesta, finirei per affermare un principio: che un messaggio veicolato attraverso canali digitali possa avere più peso della nostra Costituzione».
E infine: «Ricordo che le indagini non sono concluse. Nel rispetto di coloro che stanno indagando, sto molto prudente rispetto a qualsiasi atteggiamento che devo avere. Io mi richiamo ai principi, non sottraendomi mai al confronto e certamente alle eventuali responsabilità. Non mi sono mai trovato in una situazione del genere e devo molto misurare qualsiasi intervento».
Tra gli interventi dei deputati in aula, spicca quello del presidente dell’Antimafia, Antonello Cracolici (Pd), che evidenza la sostanza politica dell’appuntamento odierno: «Ben prima che iniziasse questa legislatura, già col ‘caso Cannes’, si era aperta una voragine su quel settore delicato della rappresentanza e della funzione amministrativa che pone diversi interrogativi. Quello che emerge è che Fratelli d’Italia, che ormai ripetutamente viene coinvolta negli scandali del settore del turismo, tanto da essere definita la corrente ‘turistica’, governa questo ambito non solo in Sicilia, ma anche in Italia. Trovo inaccettabile l’idea che si voglia far passare il parlamento come un luogo criminogeno, per cui si fanno leggi ad hoc, questo è un insulto alla funzione propria di un parlamento, anzi rivendico il principio che questo parlamento rappresenta gli interessi e le categorie sociali della Sicilia. Diverso è se qualcuno pensa di usare le leggi per utilità personali».
Solidarietà da parte dei capigruppo di maggioranza, di Micciché (“Nessuno ha il diritto di dire se Galvagno sia innocente o colpevole”), di Cateno De Luca (“Presidente Galvagno, lei ha il diritto di rimanere in silenzio, qualunque cosa dirà potrebbe essere utilizzata contro di lei”). Mentre Ismaele La Vardera ha dichiarato che “i fatti che ho letto sulla stampa denotano un sistema politicamente pericoloso, con soldi pubblici che sono stati dati a soggetti che le avrebbero dato utilità. Qua si parla di opportunità politica nello svolgimento del proprio ruolo in maniera che nessuno possa essere ricattabile”.
Intanto lady Dragotto si dimette dal Teatro Massimo
Marcella Cannariato si è dimessa dal Consiglio d’indirizzo della Fondazione del Teatro Massimo di Palermo. Lo riferisce l’agenzia ANSA. Cannariato è indagata per corruzione dalla Procura nell’ambito dell’inchiesta su finanziamenti pubblici concessi alla Fondazione Dragotto, di cui è vice presidente. L’indagine non riguarda il Teatro Massimo. Cannariato è moglie di Tommaso Dragotto, patron di Sicily by car.