Sono al bar, dove incontro il direttore Peppino Sottile, mi offre un caffè, domando il miele per addolcirlo un po’ e lui mi chiede: “Perché usi il miele al posto dello zucchero? Ecco il tuo racconto potrebbe partire da qua”. Un desiderio di condivisione su tutto quello che ho imparato fino ad oggi mi pervade, le battaglie, la cucina, la tradizione, gli agricoltori, gli allevatori, la necessità dei cambiamenti, il pane, il miele, le api. È stato come il primo incontro. Sono emozionata. È da qui che voglio cominciare, da quel capitolo che sul mio Romanzo Culinario è descritto come “un manuale d’amore”.

In Sicilia vive da millenni una piccola laboriosa e generosa apina nera, l’Apis Mellifera Siciliana. Fu salvata dal professore Pietro Genduso circa 40 anni fa e allevata da decenni da Carlo Amodeo. La nostra ape nera, è un instancabile lavoratrice, produttiva anche in inverno, ci dona lavoro sulle fioriture più raffinate come il mandorlo o il nespolo, introvabili in altre regioni. Comprendere le api, il loro lavoro e apprezzarne l’importanza della loro esistenza aiuta a capire la natura. Approfondire questa micro società straordinariamente ordinata, rispettosa, produttiva e salvifica significa, imparare a guardare il mondo con i loro occhi, come ci insegna il nostro apicoltore.

Il miele, il polline, la pappa reale, la propoli, la cera, sono fonti di energia e di cura. Da un po’ di anni ormai uso tanto il miele artigianale nella mia cucina, ed è diventato motivo di sperimentazione in tutte le ricette dei dessert, degli agrodolci, nelle salse, nelle laccature delle carni, ed in genere in tutte le ricette ove necessaria una nota dolce. Le essenze di miele che si riescono a produrre in Sicilia sono tante, circa 24. Segnale di grande biodiversità come sempre nell’isola. Ci si può sbizzarrire con le essenze più profumate, acide e strano a dirti ma anche amare. Preferisco il miele (quello buono) allo zucchero perché è un prodotto molto naturale che non ha subito nessun processo di trasformazione, bisogna imparare a destreggiarsi nei suoi sapori ed essenze infinite, non hanno la neutralità dello zucchero bianco, ma generalmente migliorano le pietanze o il caffè appunto come faccio io da anni.

Guardare il mondo con gli occhi delle api, porta una nota poetica, che oggi risulta basilare per potere rivolgere lo sguardo al futuro del mondo. Le api sono una società tutta al femminile organizzatissima, il maschio serve solo all’unico giorno della sua vita in cui la regina si accoppia, ma attenzione dopo l’accoppiamento, non sapendo fare altro, la natura ha previsto che muoia!

Un’ape per fare un chilogrammo di miele deve volare una distanza pari a tre volte il giro della terra. Da instancabili lavoratrici sono anche il nostro termometro per misurare lo stato di salute della natura. Non è casuale che l’annata 2018 ha portato una riduzione del 60% rispetto all’anno passato. Ricordate sempre che le api permettono ai fiori di fare l’amore. Noi il miele continuiamo a utilizzarlo sebbene con parsimonia e oggi voglio darvi la ricetta del “bianco mangiare a modo mio”, dolce che mangiavano da bambini per la merenda e per il quale, quando fatto bene ci si leccano davvero i baffi.

Dosi per 6 persone

1 lt di latte fresco intero
80 gr di farina di Maiorca integra
150 gr di miele di agrumi
Scorza di un limone
Pistacchio tritato qb

Sciogliete a filo sempre mescolando la farina con il latte, amalgamate bene e unite la scorza di limone, portate a ebollizione sempre mescolando, lasciate sobbollire per 3/4 minuti, spegnete il fuoco, estraete la scorza di limone e unite il miele sempre mescolando. Versate in 6 piccole ciotole e rifinite con il pistacchio tritato, lasciate raffreddare e servite.