La coperta è diventata un po’ corta, così, quando chiedono ai rappresentanti dell’ex governo Musumeci conto e ragione della loro eredità, rispondono che i turisti in Sicilia sono raddoppiati. Macché, triplicati, rispetto agli anni del Covid. Sono arrivati anche i super ricchi, come l’attore Will Smith o il creativo di Fendi, che affittano antiche dimore a prezzi da favola (fino a 50 mila euro a notte, s’è scritto). Tutti attratti – c’è da scommetterci – dalla campagna SeeSicily, che aveva previsto 75 milioni di spesa per dare supporto agli albergatori e garantire ai visitatori un pernottamento gratis ogni due (in realtà doveva pure calmierare i prezzi aerei, ma oggi Schifani è impegnato in una battaglia senza esclusione di colpi con Ita e Ryanair).

Se la Sicilia ha fatto il botto, insomma, è merito delle iniziative di Manlio Messina, che – si è scoperto dall’ultima inchiesta de ‘La Sicilia’ – aveva scelto di dirottare buona parte dei soldi previsti dal programma SeeSicily al plafond di una ingente campagna di comunicazione (da 4 a 23 milioni circa) per accrescere il valore del brand Sicilia. E il proprio, già che c’era. Non bastano nemmeno le inchieste della Procura di Palermo e della Corte dei Conti a far desistere i rappresentanti del vecchio governo – ma anche i nuovi: vedi Elvira Amata – da questa narrazione quanto meno bislacca. Il Turismo, come si era già visto con la pessima figura di Cannes, è uno dei bluff lasciati in eredità a Schifani, che sta faticando non poco a mettere insieme i pezzi. E più di una volta è incappato nella classica caduta dal pero: su Cannes, quando ha dovuto richiedere il ritiro del provvedimento in autotutela (per mettere una pezza all’ingente “danno d’immagine”); sulle spese pazze di SeeSicily, che l’hanno costretto a istituire un coordinamento per gestire e rendicontare gli impegni legati alla comunicazione dei vari assessorati. E via discorrendo.

E’ questa la vera eredità del governo Musumeci, che s’è liquefatto sotto il sole d’agosto, spinto fuori strada da Micciché e dalla Lega, e s’è trasferito per buona parte a Roma lasciando aperti, nell’Isola, i capitoli più dolorosi. E milioni su milioni da pagare. Come quelli destinati ai progetti per la realizzazione di un Centro direzionale avveniristico in via Ugo La Malfa, a Palermo, dove l’ex capo dell’esecutivo avrebbe voluto trasferire tutti gli uffici della Regione. S’è fatta la gara d’appalto, ha vinto un raggruppamento d’imprese con a capo i francesi di Leclercq, s’è superato (a fatica) un contenzioso, ma poi all’improvviso s’è arenato tutto. Perché la Regione non è riuscita ad acquistare dal Comune di Palermo l’area dove sarebbe dovuta sorgere la struttura. I venti milioni necessari sono stati stornati durante una sessione di bilancio da un emendamento di Marianna Caronia (esponente della Lega) che non riteneva utile l’investimento. I colleghi l’hanno seguita, cancellando mesi di annunci e trattative. Ma la fase di progettazione andrà comunque saldata: un milione per il concorso d’idee, due per l’aggiudicazione al vincitore. Un frittatone.

Altri 6 milioni sono saltati al Cefpas, la centrale di comando della sanità di Ruggero Razza. Un centro di formazione d’eccellenza dove si forgiano i futuri manager delle Asp (ma anche i semplici operatori), in cui i sindacati hanno fatto rilevare le cattive abitudini della politica (quanti figli d’arte), e a cui il Pnrr ha garantito un bel malloppo per occuparsi anche di digitalizzazione, soffiando il primato di numerose attività alla società in house della Regione, cioè Sicilia Digitale. Ma è proprio sull’informatizzazione dei servizi degli ospedali, che avrebbe aiutato a smaltire le liste d’attesa, che è sorto l’inghippo. Il Cefpas, infatti, nonostante i 5,9 milioni ottenuti all’uopo, non ha mai assegnato l’appalto per l’erogazione del servizio. E non ha mai nemmeno risposto alle richieste di chiarimento avanzate dalla Regione: “Inerzia amministrativa”, è stata l’accusa del neo assessore alla Salute, Giovanna Volo. Che dopo aver aspettato pazientemente per mesi, ha scelto di revocare il finanziamento e di aggiudicare l’appalto attraverso i canali della Consip. “Non rientrava nelle competenze del Cefpas gestire un appalto tanto importante. Loro fanno formazione, non si occupano di liste d’attesa né gestiscono soldi per appalti. E’ stato un errore affidarsi al Cefpas”, ha detto la Volo, puntando il dito contro il predecessore.

Peccato che al Cefpas rimangano molte tracce della precedente gestione. A partire dal direttore, Roberto Sanfilippo, confermato alla guida (in sede di spoils system) grazie ai buoni uffici dell’Mpa. Era stato il braccio operativo di Razza e Musumeci. Con lui il Cefpas si candidava a diventare un punto di riferimento dell’intero Mezzogiorno anche per la prevenzione di epidemie e pandemie (col progetto del Cerpes). Schifani, in questo caso, ha scelto di non cambiare rotta, assumendosi la responsabilità di ciò che succederà da qui in avanti.

Ma c’è un’ultima storia, quella dei termovalorizzatori, che grida vendetta e denota la totale assenza di serietà amministrativa. E di un uso strumentale del tema legato, come ovvio, alla campagna elettorale. Musumeci, nel corso di una conferenza stampa, a giugno 2021, annunciava la nascita di due termoutilizzatori (a Gela e Catania) per risolvere il problema dei signori delle discariche e trasformare i rifiuti in energia. Non possiamo restare prigionieri delle discariche e dell’oligopolio dei privati – disse il governatore -. I termoutilizzatori diventano una macchina mangiarifiuti in grado di generare denaro e ricchezza”. Nel giro di qualche giorno viene pubblicato un avviso pubblico per raccogliere le eventuali manifestazioni d’interesse. A febbraio 2022 Musumeci rincara la dose: “Siamo sulla buona strada per liberare la Sicilia dalla schiavitù delle discariche, una situazione che è resa ancora più pesante per la contiguità con ambienti spesso mafiosi e spregiudicati”.

Le sette proposte pervenute alla Regione, si legge in un comunicato di Palazzo d’Orleans dell’epoca, “sono allo studio del Nucleo tecnico di valutazione che si esprimerà entro i prossimi 15 giorni per le valutazioni di competenza. Il progetto di fattibilità approvato – prosegue la nota del 17 febbraio ‘22 – sarà quindi posto a base di una gara per l’affidamento della concessione, alla quale verrà invitato il proponente, e che dovrebbe richiedere circa sei mesi. I tempi di realizzazione di un impianto sono in media di tre anni, si va da un minimo di 6 a un massimo di 57 mesi”.

Cancellate pure l’ultima parte. Di Mauro, assessore all’Energia da pochi mesi, ha confermato che è tutto un bluff. “Quelli prodotti da Musumeci sono inutilizzabili. Non sono neanche dei bandi, sono manifestazioni di interesse che non obbligano in nessun modo né le aziende che le hanno presentate né la Regione che le ha chieste”. E ha aggiunto: “Le aziende che si erano fatte avanti ci hanno chiesto di garantire flussi negli impianti di 350 tonnellate al giorno di rifiuti. Ma come possiamo garantire un dato simile se non conosciamo con esattezza le nostre necessità di smaltimento?”. Svelato l’arcano, o meglio il bluff. L’idea di bruciare i rifiuti, maturata a pochi mesi dalla campagna elettorale, non ha avuto seguito. E gli impianti di cui tutti si riempiono la bocca difficilmente sorgeranno.

“Per quanto la manifestazione di interesse avesse respiro europeo, le uniche proposte ammissibili sono state solo due – scrive Giampiero Trizzino, ex deputato regionale dei 5 Stelle, su Facebook -. Questa la dice lunga sull’interesse (praticamente nullo) che oggi hanno le aziende private alla costruzione di impianti ormai tecnologicamente superati come i termovalorizzatori. Ma la considerazione più interessante è che quella manifestazione di interesse a giugno compirà due anni di età. In altre parole, sono trascorsi due anni da quando fu pubblicata: se tanto mi dà tanto, tra bando di gara, aggiudicazione ed inizio lavori, dei termovalorizzatori non si vedrà l’ombra prima di 20 anni! Quasi peggio del ponte sullo stretto…”.

Ecco, l’eredità del governo Musumeci è un fiume di impegni mancati e di promesse irrealizzabili. Ma i turisti arrivano, quindi che problema c’è. Speriamo non s’imbattano mai in una di quelle discariche abusive che ogni tanto s’intravedono.