I Centri per il non Impiego

Il Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha promesso la riforma dei Cpi. In Manovra prevista una copertura di due miliardi

Qualcuno spiega che ci vorranno anni, per altri basteranno cinque mesi. Ma tutti convengono: alla luce dell’introduzione del reddito di cittadinanza, i Centri per l’Impiego vanno riformati. Ma cosa sono i Cpi? Si tratta degli uffici della pubblica amministrazione che si occupano di gestire il flusso dei disoccupati verso il mercato del lavoro. In Sicilia, stando ai dati riportati sul sito www.silavora.it, sono 64. In Italia ben 552 per un totale di oltre 8mila dipendenti. Costituiscono un ponte che è sempre più complicato attraversare. E che sempre più spesso non porta da nessuna parte. Basta un dato diffuso dall’Istat per evidenziare la sfiducia degli italiani verso queste strutture: solo il 2,4% del campione intervistato, infatti, ritiene il Centro per l’impiego “utile” alle persone in cerca di occupazione.

Fermi tutti, però. Il Cpi, così come è stato pensato, non garantisce alcuna occupazione. Non rientra nelle sue competenze. A spiegare una differenza sottile, ma determinante, è il dottor Gianni Vindigni, responsabile del Centro per l’Impiego di Ragusa: “Non siamo i vecchi uffici di collocamento, quelli in cui il “collocatore” di turno timbrava i cartellini rosa e smistava i disoccupati nelle aziende. Noi abbiamo una funzione diversa. Non siamo un ente preposto all’inserimento lavorativo, bensì quello che fa di tutto per agevolarlo. Il dato dell’Istat risulta poco veritiero perché la premessa è sbagliata”.

Gianni Vindigni

Vindigni, a capo della struttura di Ragusa dal 2012, ripercorre la storia dei Centri per l’impiego con un pizzico di disincanto (“Inizialmente c’era una grande pecca: non coinvolgere le aziende in questo meccanismo. E i candidati venivano passati al setaccio sia da noi che dagli ex sportelli multifunzionali”), poi arriva ai giorni nostri: “Il decreto legislativo 150 del 2015 ha rivisto la funzione del Cpi”. Tutto parte da una richiesta inoltrata online dal disoccupato: si chiama dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro. L’ufficio di competenza territoriale riceve la notifica e convoca l’interessato per svolgere un colloquio, quella che viene definita un’intervista professionalizzante.

“L’obiettivo – fa notare Vindigni – è ricostruire il profilo della persona che cerca un’occupazione: sapere cosa ha fatto, cosa sta facendo e cosa vorrebbe fare. I colloqui durano la media di 45 minuti, cerchiamo di non lasciare nulla al caso. Sul fronte opposto, le aziende interessate ad assumere personale, pubblicano su due piattaforme (la Bacheca Lavoro e il Silav, il sistema lavoro Sicilia) le loro richieste, indicando mansioni, ore di lavoro, tipo di contratto e riconoscimento economico garantito. Il Centro per l’impiego, grazie a un’intensa operazione di matching, incrocia i dati tra domanda e offerta e provvede a una prima scrematura, sottoponendo all’azienda i profili più interessanti. Poi, assieme ai responsabili del Personale, valuta chi ha i titoli migliori per ottenere quel posto”. Se va come deve, qualcuno inizia pure a lavorare.

A parte la lunga trafila appena illustrata, che rientra fra le politiche attive del lavoro – ne fanno parte anche l’attivazione di tirocini formativi e percorsi d’apprendistato – ci sono anche quelle passive: conciliazioni, licenziamenti collettivi, cambi d’appalto. E d’accordo con le organizzazioni sindacali “cerchiamo di risolvere i contenziosi che si vengono a creare fra lavoratore e datore di lavoro. Se non ci riusciamo, la palla passa all’Ispettorato”.

Una bella matassa da portare avanti ogni giorno, con risorse che fra l’altro scarseggiano (fra Ragusa, Modica e Vittoria si contano 108 dipendenti). E proprio in virtù dell’introduzione del reddito di cittadinanza – saranno i Cpi a gestire quotidianamente una moltitudine di richieste – leggere di certe carenze d’organico, all’interno di uffici che debbono agevolare la ricerca di un posto di lavoro, fa venire i brividi: “Nel centro di Vittoria siamo sotto dimensionati – spiega Vindigni – Non abbiamo un funzionario direttivo, né tanto meno un dirigente. Se mi limitassi a far svolgere agli impiegati di categoria “A” la loro funzione, ossia aprire e chiudere il portone d’ingresso, il Cpi non esisterebbe più. A Ragusa, che è la sede di riferimento in provincia, abbiamo appena tre funzionari quando ne servirebbero sette. Abbiamo scoperture importanti nella gestione di alcuni servizi. Chi negli anni ha raggiunto l’età pensionabile non è mai stato rimpiazzato. Ci manca una costola vitale, come gli ex sportellisti. Coloro che svolgevano il lavoro di backoffice nei vecchi sportelli funzionali e garantivano un bilancio completo delle competenze, che oggi non riusciamo a fare”.

“Dall’Agenzia nazionale per le Politiche attive del Lavoro, quella da cui dipendono tutti i Centri per l’impiego, ci aspettavamo un segnale per rilanciare la nostra attività. Ma negli ultimi anni non è arrivato” sbotta Vindigni. Ci si sbraccia in un modo o nell’altro per sopperire alle lacune che lo stesso sistema ha provveduto a creare. Ma l’impegno non può essere tutto. A volte non basta. Vittoria, ad esempio, abbraccia una platea di 110 mila abitanti: “Ogni giorno al Cpi si presentano 110-120 persone e gli impiegati, tutti bravissimi, dovrebbero andare con l’elmetto. Spesso abbiamo a che fare con persone difficili. C’è disperazione”.

L’arrivo del reddito di cittadinanza allargherà i confini dei sussidi (o dell’assistenzialismo, decidete voi) e gli organici andranno rivisti: “Credo che la Regione Sicilia debba guardare innanzi tutto in casa propria: ci sono tante professionalità già a disposizione. Servono degli innesti intelligenti. Finiamo spesso nell’occhio del ciclone per avere un numero esagerato di lavoratori che non servono. Questo è il momento giusto per fare uno screening e adottare le misure necessarie”.

Il reddito di cittadinanza, per il direttore del Cpi ragusano, può diventare uno strumento utile, a patto che la sua introduzione venga accompagnata da un paio di accorgimenti: “Trovare il modo di rilanciare economicamente le imprese attraverso degli sgravi contributivi. In questo modo si darebbe slancio ai consumi e si metterebbero gli italiani nelle condizioni di spendere i propri soldi. Credo che la Flat Tax possa essere una buona soluzione. Seconda cosa: bisogna puntare sui controlli, che devono passare da un’agenzia unica per le ispezioni, di cui facciano parte – oltre ai carabinieri del Nil (che si occupano di tutela del lavoro) – anche gli ispettori dell’Inail e dell’Inps. Questa misura, utile a contrastare i “furbetti”, sarebbe strategica per far funzionare il reddito di cittadinanza”.

La riforma dei Centri per l’impiego, atteso che ci vogliano anni o solo cinque mesi (Di Maio dixit) è quanto mai necessaria. Il governo dovrebbe destinare alla “missione” 2 miliardi del prossimo Bilancio dello Stato: “Coi centri per l’impiego – termina Vindigni – ci vuole la stessa abilità di un sarto, che cuce i vestiti su misura. I Cpi vanno rivalorizzati da un punto di vista politico, per far capire alla gente che non si tratta di strumenti inutili. E vanno assolutamente aggiornati secondo le esigenze dei nuovi dispositivi messi in atto dal governo”.

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