A sollevare un vespaio sull’ospedale “Borsellino” di Marsala, che “da ieri non è più un ospedale”, ci ha pensato l’ex sindaco Alberto Di Girolamo, che alla vigilia delle ultime Amministrative aveva avuto un duro scontro con l’assessore alla Salute, Ruggero Razza, per impedire che il nosocomio fosse adibito esclusivamente a pazienti Covid. La decisione del governo regionale è arrivata all’indomani della sua sconfitta elettorale: “L’ospedale Paolo Borsellino – ha commentato l’altro ieri Di Girolamo – non è più ospedale per le “normali patologie” ma è ospedale Covid, tranne per qualche reparto, vedi Ostetricia e Ginecologia, Pediatria, Dialisi, Pronto soccorso. Chiedo e chiediamo: perché è stato scelto il “Paolo Borsellino” e non altri ospedali della provincia? Da ieri 100.000 abitanti, per mesi, non avranno l’ospedale per curare le cosiddette “normali” patologie, che purtroppo non cessano. Quante persone non si cureranno e rischieranno di morire nei prossimi mesi?”. E’ la domanda che si fanno un po’ tutti: a dispetto delle dichiarazioni dell’assessore Razza, che aveva scongiurato qualsiasi “lockdown sanitario”, l’incedere del nemico invisibile potrebbe portare a trascurare, se non addirittura a cancellare, i servizi ambulatoriali e i ricoveri per gli altri pazienti. I cosiddetti extra-Covid.

La situazione è critica in tutta l’Isola. I primi segnali d’allarme sono giunti da Palermo, che da settimane è un proliferare di contagi. I bug del sistema hanno riguardato (soprattutto) l’ospedale Civico, il più grande della Sicilia. Al Pronto soccorso, ormai, possono accedere solo pazienti Covid. Alla base di questa scelta ci sono almeno un paio di considerazioni: la prima è che il turnover dei malati, all’interno del reparto, è troppo lento; la seconda, è la necessità di offrire prestazioni di alto livello a persone con problemi respiratori. E solo i ventilatori polmonari del “Civico”, e il suo personale sanitario, sono in grado di garantire un’assistenza adeguata. Sebbene il carico sia diminuito rispetto ai giorni scorsi – grazie all’ampliamento di Marsala e all’apertura del Covid Hospital di Partinico – i 31 posti letto del Pronto soccorso non sembrano mai abbastanza. E nemmeno i 120 ricavati all’interno dei vari reparti. Circa una quindicina di persone sono state trasferite a Marsala con i mezzi di biocontenimento. Come ha dichiarato a Live Sicilia la dirigente generale dell’Asp di Palermo, Daniela Faraoni, “non siamo in un contesto di normalità. Siamo consapevoli della circostanza che ci possono essere criticità locali in una catastrofe di proporzioni mondiali. Ci stiamo attrezzando, ma non abbiamo le bacchette magiche. Questa è una guerra”.

La saturazione dell’ospedale Civico, ma anche del “Cervello” (che è stato il primo ad alzare bandiera bianca di fronte all’esaurimento della Terapia intensiva), finisce per provocare calca negli altri nosocomi. Che provano a dare una mano, prendendo in carico i pazienti extra Covid. Ad esempio “Villa Sofia”, dove in questi giorni viene dirottato chi ha bisogno di assistenza ordinaria. O chi è affetto da ictus o infarto. Al Pronto soccorso si sono riversati fino a 90 persone contemporaneamente. Adibiti alle patologie “normali” restano pure l’Ingrassia e il Policlinico, oltre al Buccheri-La Ferla, che a causa delle troppe richieste ha scelto di sospendere i tamponi (varranno solo le prenotazioni effettuate fino al 30 ottobre). Nel frattempo, l’Asp cerca infermieri per gli ospedali di Partinico e di Petralia Sottana: il 19 ottobre ne sono stati convocati 150, ma solo in quattro hanno firmato il contratto. In una nota, emessa giovedì dai vertici dell’azienda sanitaria provinciale si chiede al personale “prestazioni aggiuntive su base volontaria”.

Anche le altre province rischiano di piombare nel caos. Una scelta in controtendenza rispetto alla situazione attuale è stata messa in pratica dall’ospedale Cannizzaro di Catania. L’ospedale delle emergenze. Qui hanno preferito mantenere tutti liberi i posti del reparto di Rianimazione, e destinarli ad altre patologie (ma anche per le “vittime” degli incidenti stradali). Lo stesso vale per l’ospedale Gravina di Caltagirone, dove Malattie infettive e Rianimazione accolgono pazienti extra Covid. Assai più critica la situazione al “Garibaldi”, dove nel reparto di Malattie infettive, a ieri, c’era un solo posto libero su 49. E diciotto – tutti pieni ovviamente – sono stati “ritagliati” alla Terapia intensiva da questo virus maledetto. Al “Garibaldi Nesima”, invece, il reparto di Malattie infettive a pressione negativa ha destinato al Covid dieci posti letto, mentre ne rimangono a disposizione una trentina per le degenze ordinarie. All’ospedale San Marco, invece, hanno ceduto posti la Medicina d’urgenza sub-intensiva, l’Ostetricia e la Pneumologia. Nel caso – malaugurato ma per niente inverosimile – che i contagi proseguissero con questo ritmo, la rete degli ospedali etnei rischierebbe il naufragio.

La situazione appare sotto controllo a Ragusa, dove il polo per curare i pazienti affetti da Coronavirus è il “Maria Paternò Arezzo”, un vecchio ospedale incastonato nel barocco di Ibla. Qui è sorta una seconda Rianimazione, ma a gestirla sono gli stessi medici del complesso OMPA (con un altro reparto di Terapia intensiva al nuovo ospedale Giovanni Paolo II). Questo vuol dire essenzialmente due cose: carenza di personale (mancano soprattutto gli anestesisti) e turni massacranti. Si è cercato di rimediare, in parte, attraverso una convenzione stipulata con il “Cannizzaro” di Catania: alcuni medici della provincia contigua prestano servizio anche a Ragusa. Al “Maria Paternò Arezzo”, inoltre, la riconversione a Covid Hospital non è stata indolore: gli ambulatori del reparto di Oculistica, per garantire percorsi “separati” ai pazienti, sono stati trasferiti al piano superiore, dove prima insisteva il reparto di Otorinolaringoiatra, che adesso ha cambiato sede. Fino a qualche giorno fa il manager dell’Asp iblea, l’architetto Angelo Aliquò, spiegava che “stiamo lavorando per arrivare a 150 posti letto Covid e 14 di Terapia intensiva. E’ evidente che questa è una previsione catastrofica che non ci auguriamo. Se dovessimo avere 150 ricoverati di Covid, il resto delle attività negli ospedali sarebbe finita”. Oggi, per fortuna, siamo solo al 15% della capienza: 14 i ricoverati Covid ordinari, appena 4 in Rianimazione.

Situazione poco allegra anche ad Agrigento. Dove, nei giorni scorsi, a seguito del focolaio della Rsa di Sambuca di Sicilia, sono finite su tutti i Tg le foto inquietanti delle ambulanze in coda (per trasportare i pazienti più gravi nelle strutture dell’Isola), mentre l’ospedale San Giovanni Di Dio aveva esaurito i posti in Terapia intensiva. Provocando le ire – le ultime, dato che poi ha perso le elezioni – dell’ex sindaco Lillo Firetto: “Il prossimo malato dove sarà curato? Lo terremo a casa in attesa del primo posto libero? Della prima vittima? È questo che vogliono? Dobbiamo sperare questo? Dov’è l’umanità? La situazione è gravissima. Non sono stati in grado di attivare un centro deputato ad assistere i malati covid come a Catania, Palermo e Messina”. Un grido d’allarme subito smussato dal commissario dell’Asp locale, Mario Zappia: “L’Asp dispone già di un piano per la risposta immediata a una eventuale recrudescenza di casi. Peraltro, è bene ribadire alla città di Agrigento e all’intera provincia, che i nostri ospedali non hanno saturato alcuna potenzialità di ricovero. Le dichiarazioni non tengono quindi conto dei dati effettivi, del lavoro fatto e purtroppo potrebbero ingenerare nella popolazione un ingiustificato allarme”. Entro un mese, per alleggerire il carico, dovrebbe aprire il Covid Hospital di Ribera, con venti posti fra intensiva e sub-intensiva.

Il nuovo piano regionale, varato da Razza per il contenimento del virus, ha comportato delle conseguenze anche nel Messinese: dove il “Cutroni Zodda” di Barcellona Pozzo di Gotto, da un paio di giorni, ha visto sospendere tutti i ricoveri ordinari. Da lunedì prossimo la struttura, senza Chirurgia e Neurologia, riattiverà il reparto Covid. I pazienti “classici” verranno sballottati altrove (al presidio ospedaliero di Milazzo, che dista pochi chilometri). All’interno dei nosocomi dell’area metropolitana, verranno recuperate 400 postazioni per l’emergenza.

A Siracusa, infine, c’è molta apprensione dopo la positività di alcuni dirigenti dell’Asp, tra cui il direttore generale Lucio Ficarra. Per i sindacati, più che dalle carenze strutturali dei due ospedali di riferimento (l’altro è a Lentini), potrebbero sorgere problemi per le infezioni del personale. Così hanno chiesto “una programmazione chiara ed attenta, una sorta di piano Marshall che abbia l’obiettivo di evitare una scongiurabile diffusione dell’infezione virale da Covid-19 fra il personale sanitario e parasanitario, oltre che fra quello amministrativo e dei servizi esternalizzati, al fine di non compromettere la continuità dei servizi di assistenza e cura”. Un “elevato livello di assistenza” viene reclamato pure in provincia di Caltanissetta. Anche a Enna, dove i casi Covid per fortuna sono ridotti, chiedono maggiore attenzione per la salute dei lavoratori. Provincia che vai, guai che trovi. Il Covid è davvero un esame senza appello.