Il referto della Sezione di controllo della Corte dei conti certifica il fallimento strutturale della gestione idrica in Sicilia: «Negli ultimi 25 anni nessun miglioramento qualitativo nella gestione dell’approvvigionamento primario e del ciclo idrico integrato risulta conseguito», mentre si registrano «palesi peggioramenti complessivamente gravanti sul sistema idrico».
L’istruttoria, durata un anno, non ha prodotto attenuanti. Dopo il contraddittorio con Regione ed enti coinvolti, i magistrati contabili rilevano che «tutte le gravi criticità» sono state «integralmente confermate (…) senza alcun superamento neppure parziale». Presidenza della Regione, Dipartimento acqua e rifiuti, Protezione civile e Assessorato all’Agricoltura hanno «pacificamente ed unanimemente riconosciuto la sussistenza di cause d’inefficienza gestionale e strutturale», da affrontare «con urgenza ed immediatezza».
La Corte contesta l’assenza di una strategia adeguata rispetto ai cambiamenti climatici: «La variabilità dei fenomeni climatici avrebbe dovuto indurre la Regione (…) al miglior governo dell’approvvigionamento idrico», che invece «è diventato meno sicuro», fino alla dichiarazione dello stato di emergenza nel maggio 2024. Grave anche la frammentazione del sistema: la mancata coincidenza tra Ato e bacini idrografici ha prodotto una gestione «radicalmente frammentata, con competenze distinte e non coordinate».
Sul piano operativo, la Corte evidenzia ritardi decisivi: gli allarmi dell’Autorità di bacino sono rimasti a lungo senza risposta e «soltanto nel 2024 la Giunta regionale ha adottato i conseguenti atti deliberativi». Anche la Cabina di regia, istituita il 9 aprile 2024, non ha consentito «d’intervenire con immediatezza».
I numeri confermano il quadro critico: su 45 grandi invasi, solo 18 sono pienamente operativi; l’attuale sistema garantisce al massimo il 67,1% del fabbisogno annuo stimato. Sul fronte degli indicatori di benessere (Bes), la Sicilia «occupa il penultimo posto» tra le regioni italiane.
Netta la bocciatura sui dissalatori: a regime copriranno appena l’1,28% del fabbisogno complessivo (adesso siamo appena allo 0,77%). A fronte di oltre 100 milioni di euro di investimenti e 32 milioni annui di costi, la spesa «non viene supportata da alcuna relazione tecnica» sul rapporto costi-benefici, con «palesi indicatori della diseconomicità».
Alla relazione replica il presidente della Regione Renato Schifani, che dichiara di «accogliere con attenzione le osservazioni della Corte dei conti», rivendicando interventi per oltre 200 milioni di euro, l’attivazione di tre dissalatori e una riorganizzazione della governance per superare «frammentazione e ritardi storici».


