C’è una scena che più di ogni altra illumina le pratiche di potere che circondano e condizionano il governo della Regione. È una scena privata, lontana dai palazzi ufficiali, eppure densa di politica. Gennaio 2024, casa di Totò Cuffaro. Attorno a un tavolo siedono l’ex governatore, l’assessora regionale al Turismo Elvira Amata e Alessandro Caltagirone, manager destinato ai vertici dell’Asp di Siracusa. Si parla di nomine, di terne, di rapporti istituzionali, di pesi specifici. Si ragiona su chi possa fare cosa e su quali canali attivare.

Non è un episodio marginale. È il punto in cui due sistemi di potere che da anni attraversano la Regione finiscono per toccarsi e riconoscersi: il sistema Cuffaro e il sistema Balilla, ereditato dalla corrente turistica di Fratelli d’Italia. Due mondi diversi per storia e linguaggio, ma sorprendentemente simili nel metodo. E soprattutto accomunati da un dato politico: il governo come terreno permeabile.

La vicenda di Siracusa è emblematica. Elvira Amata compare nel cuore delle interlocuzioni che precedono la nomina di Caltagirone: in quella conversazione a casa Cuffaro, l’assessora entra nel merito del percorso politico, valuta il ruolo del presidente della Regione e ipotizza un’interlocuzione diretta per favorire l’inserimento del manager nella terna. Cuffaro suggerisce un’altra sponda, il ministro della Salute.

Il sistema Cuffaro non governa formalmente, ma continua a muoversi con disinvoltura là dove il potere è più concentrato e opaco: la sanità. Le aziende sanitarie diventano snodi politici, capaci di generare consenso, relazioni, fedeltà. Non solo attraverso le nomine apicali, ma anche tramite appalti e concorsi. Il caso dell’Asp di Siracusa, infatti, non riguarda soltanto la guida dell’azienda. Sullo sfondo c’è anche una gara rilevante, quella per i servizi di ausiliariato e supporto, vinta dalla società Dussmann. Il controllo delle aziende sanitarie non serve solo a orientare la governance, ma incide direttamente sulla gestione quotidiana dei servizi e delle risorse.

Ancora più esplicita è la vicenda che riguarda Roberto Colletti, ex direttore generale di Villa Sofia-Cervello. Davanti alla giudice chiamata a decidere sulla custodia cautelare, Cuffaro nega l’esistenza di un patto corruttivo e rivendica apertamente il proprio ruolo politico: dice di essere stato lui stesso a segnalare Colletti al presidente della Regione Renato Schifani, per mettergli a disposizione “un professionista di prim’ordine nella gestione della sanità”.

Negli stessi giorni, sempre secondo gli atti dell’inchiesta, Cuffaro si muove attivamente anche sul fronte del concorso per operatori socio-sanitari di Villa Sofia. Il giorno successivo a una perquisizione, l’ex governatore ammette davanti ai carabinieri del Ros di aver “fatto una minchiata”. Le intercettazioni, confluite nell’atto d’accusa della Procura di Palermo, ricostruiscono una sequenza dettagliata. L’8 giugno 2024 Cuffaro riceve a casa una candidata al concorso, accompagnata dal padre, e le consegna un foglio con gli argomenti del colloquio, spiegandole il meccanismo delle buste da sorteggiare. È così che la sanità smette di essere servizio e diventa materia prima politica.

Dall’altra parte agisce il sistema Balilla, la filiera di potere cresciuta attorno a Manlio Messina e poi irradiata nei gangli dell’assessorato al Turismo e dell’Assemblea regionale. Qui il baricentro non è la sanità, ma la promozione, gli eventi, l’uso disinvolto delle risorse pubbliche come leva politica. Il caso Cannes è diventato il simbolo di questo modello. Al di là degli esiti giudiziari – la questione resta al vaglio della Corte dei Conti – rimane una lunga scia di decisioni che hanno contribuito a logorare l’immagine della Regione, tanto che lo stesso Schifani si è trovato costretto a intervenire con un ritiro in autotutela di un affidamento diretto ad Absolute Blue, nel tentativo di contenere il danno d’immagine subito dall’ente.

Ma il sistema Balilla non si ferma al turismo. Il suo cuore politico batte dentro l’Ars, e qui emerge la figura di Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea regionale, coinvolto in un filone d’indagine che ipotizza reati come la corruzione impropria e il peculato. Le vicende che lo riguardano, così come raccontate dalle cronache giudiziarie e politiche, ruotano attorno al tema delle utilità personali e politiche riservate al suo entourage, in un contesto in cui finanziamenti e contributi diventano strumenti di relazione e scambio. Figure del cosiddetto “cerchio magico”, a partire dall’ex portavoce Sabrina De Capitani (già key account di Absolute Blue) e da Marianna Amato, dipendente della Sinfonica, assumono un valore simbolico. Non è solo una questione penale: è un problema politico che investe la credibilità della massima istituzione parlamentare siciliana.

Ed è qui che i due sistemi si somigliano davvero. Da un lato la sanità, dall’altro il turismo. Da una parte nomine, concorsi e appalti, dall’altra finanziamenti, contributi e utilità. Cambiano i contesti, non il metodo. L’incontro tra Cuffaro e Amata diventa così il simbolo di questa saldatura: non un’anomalia, ma il punto di contatto tra due mondi che parlano la stessa lingua e che hanno trovato nel governo Schifani un terreno comune su cui muoversi.

Schifani, va da sé, resta sullo sfondo: evocato come interlocutore, pesato, talvolta aggirato. È il presidente che ha accettato di governare mentre questi sistemi operavano, e che tuttavia sceglie di intervenire solo in parte, individuando responsabilità politiche selettive, decretando che gli unici colpevoli sono i due assessori della DC (che per i magistrati, al momento, risultano senza macchia). La Amata, per la quale la Procura ha già chiesto il processo, è graziata. Ed è qui che sta la responsabilità politica più grave.