Ad accendere i riflettori sulle strategie sotterranee del Movimento 5 Stelle in Sicilia, o almeno di una parte di esso, sono un sondaggio dagli “ottimi riscontri” su una eventuale lista Conte (scorporata dal simbolo dei Cinque Stelle) alle prossime Regionali e le ultime dichiarazioni dell’europarlamentare Dino Giarrusso. Che intervenendo sul caso Miceli, e sulla rinuncia del presidente dell’Ordine degli Architetti di rappresentare il “campo largo” alle Amministrative di Palermo, ha commentato così: “Quello che sta succedendo a Palermo sulla scelta del candidato sindaco è desolante, ed è specchio degli errori che vengono commessi dal Movimento a causa di chi cerca di promuovere se stesso e rendere eterna la propria carriera politica, alla faccia dei nostri valori e della regola dei due mandati”.

Sfogliare la margherita di Giarrusso è stato sin troppo facile. Il riferimento dell’ex Iena è al suo ‘nemico giurato’ Giancarlo Cancelleri, sottosegretario alle Infrastrutture, che non avrebbe abbandonato l’ipotesi di correre per la terza volta alla presidenza della Regione. L’unico modo per farlo – per rimuovere il limite dei due mandati, che Cancelleri ha già consumato all’Ars – è mettere in campo una seconda lista, magari imparentata al Movimento. Che porti il nome dell’avvocato del Popolo: Giuseppe Conte. Una tesi bizzarra per colui che era stato eletto a furor di popolo ‘capo politico’ del M5s. Ma che, secondo il Fatto quotidiano, alla luce degli impedimenti burocratici e giudiziari rappresentanti dall’ordinanza ‘interdittiva’ del tribunale di Napoli, potrebbe rimettersi in gioco con una creatura propria, da sempre considerata un valido piano-B. A Cancelleri non dispiacerebbe.

Anzi, fu il primo a tirarlo fuori a ottobre 2020, quando l’accordo fra Pd e Cinque Stelle era del tutto campato in aria: “Giuseppe Conte qui in Sicilia deve giocare una partita importante e lui può farlo perché è in grado di mettere insieme le migliori energie della regione che non si aggregherebbero sotto a un simbolo nazionale, ma che potrebbero essere stimolate dalla sua figura”. Un endorsement da un lato, e una chiara appartenenza ai contiani dall’altro. Ribadita, in maniera diversa, l’estate scorsa, quando si pose il tema della spaccatura con Grillo: Cancelleri, con un’uscita forte sui social, arrivò a ipotizzare la fuoriuscita dal Movimento 5 Stelle qualora Conte non ne facesse più parte. La crisi è rientrata, ma mai del tutto. In Sicilia, però, i grillini coltivano una consapevolezza nuova: “Sono pronto a scommettere che siamo ancora il primo soggetto politico”, ha ribadito Cancelleri, ignaro dei sondaggi che vedono svettare i Fratelli d’Italia della Meloni accorpati a Musumeci.

E’ chiaro, però, che con tutto il bagaglio di assistenzialismo in dote all’Isola (in primis, il Reddito di cittadinanza), i Cinque Stelle abbiano ancora un discreto seguito. E la sinistra non può farne a meno se vorrà vincere: a Palermo come alla Regione. Stare insieme diventa quasi obbligatorio, e i fraintendimenti di questi giorni su metodo e candidati appaiono (necessariamente) superabili. Sebbene, all’interno di una coalizione così variopinta, sembra impossibile – ad esempio – mettere d’accordo entità lontanissime come Cancelleri e Orlando (o anche la Sinistra Comune di Giusto Catania). Il primo, infatti, è disposto a tutto per allargare l’esperienza del “campo largo”, e l’ha ribadito con alcune dichiarazioni all’Adnkronos: “Io sono uno dei sostenitori più forti di un allargamento al centro. Il mio ragionamento – ha sottolineato Cancelleri – include tutti i moderati, non indico un nome e un cognome. Poi vediamo come vanno le elezioni a Palermo perché se i risultati sanciranno la scomparsa di qualche soggetto politico allora non avrà più senso parlarne”. La prospettiva di tirare dentro Italia Viva non è minimamente contemplata dal sindaco uscente, che dal martellamento di Italia Viva in Consiglio comunale è uscito a pezzi.

Questi equivoci rendono impossibile la costruzione di un progetto unitario e condiviso al 100%. Ma anche la possibilità che un garante alla Franco Miceli si assuma l’onere di traghettare la (pseudo)coalizione alle urne. “Palermo non può essere merce di scambio per appetiti personali presenti e futuri, né può essere il campo di gioco per soddisfare la bramosia di partecipazione dei candidati di bandiera per future collocazioni”, ha detto il presidente dell’Ordine degli Architetti, defilandosi. E se è vero – perché è vero – che un pezzo del Movimento (con Giampiero Trizzino in prima linea) fosse totalmente all’oscuro della proposta, e per questo ha scelto di ribellarsi garbatamente, non è escluso che qualcun’altro abbia giocato e continui a giocare sporco sui nomi dei pretendenti e dei possibili azionisti di questa “cosa larga”. Altrimenti non si spiegherebbero “la bramosia di partecipazione”, le “future collocazioni” e i “tatticismi esasperati” denunciati da Miceli. Che Palermo e la Regione facciano parte della stessa partita, ancorché comprensibile a livello politico, non è ritenuto salubre da parte della società civile, o di quei cittadini che sperano in una rinascita.

L’accordo che verrà fuori, se verrà fuori, fra Pd e Cinque Stelle rischia pertanto di essere depotenziato. Debilitato da mesi di trattativa senza costrutto. Dettato dalla fretta. E, comunque, non ancora risolutivo rispetto alle prossime scadenze elettorali, a partire dalle Regionali d’autunno. Dove l’unica chance per scacciare Musumeci e la destra da Palazzo d’Orleans, sarà quello di stare insieme turandosi il naso. Prima, però, serviranno alcuni passaggi chiave: a partire dall’indicazione di un referente regionale del M5s che si occupi di trattare patti e condizioni con il Pd. Finché Conte ha avuto le carte in regola, è sempre sfuggito a questo atto di responsabilità. Venendo meno il suo interesse per la strutturazione del partito in Sicilia – reclamata da più parti, anche se in maniera sommessa – ha lasciato che i tavoli per le Amministrative fossero affollati di decine di portavoce, l’uno in combutta con l’altro. Un aspetto su cui il Pd ha minimizzato, ma che alla lunga potrebbe diventare – come nel caso di Palermo – un elemento di fastidio. Cancelleri, Giarrusso, la Catalfo, la Azzolina? Sulla scelta del nome regna ancora massima incertezza, anche se il gruppo parlamentare del M5s ha chiesto che possa essere uno di loro. Mentre un documento firmato da 350 attivisti ha fatto il nome dell’ex Iena.

L’altra questione è il partito di Conte. E’ un tema che non si potrà eludere ancora per molto. E diventerà prioritario qualora il risultato delle beghe giudiziarie non fosse favorevole all’ex premier, o lo stallo proseguisse troppo a lungo. A quel punto – prima tappa in Sicilia – l’avvocato del Popolo potrebbe pesarsi davvero. Offrendo a Cancelleri la terza fiche per la presidenza. Qualche giorno fa, come rivela il Fatto, all’ex presidente del Consiglio hanno mostrato l’esito di un sondaggio sulle prossime Regionali: su una lista che porta il suo nome, senza la necessità di apporvi il simbolo dei Cinque Stelle, ci sarebbero “ottimi riscontri”. Bisognerebbe comunque passare da un accordo a sinistra, prima di allargare al centro. Anche se dimenarsi nel mare in tempesta che oggi è la politica siciliana, non è facile. Più che un avvocato del Popolo servirebbe Caronte.