Prestigiacomo, ma non solo

In una foto di repertorio, l'ex ministra Stefania Prestigiacomo assieme al leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi

Il tempo che passa inesorabile non depone a favore di Nello Musumeci che ormai vede allontanarsi sempre di più l’obiettivo. In politica tutto può cambiare nel giro di poche ore, ma il mesto ritorno a casa dopo la trasferta di Dublino, senza passare dalla Capitale (se non per fare scalo a Fiumicino), suona come una resa. Musumeci avrebbe dovuto incontrare la Meloni a margine della direzione di Fratelli d’Italia, giovedì mattina. Invece ha dovuto accontentarsi della visita di Ignazio La Russa, volato venerdì a Catania per parlare delle prossime Amministrative. Nel corso della riunione, il senatore di FdI avrebbe accennato al fatto che né Salvini né Berlusconi intendono avallare la conferma dell’uscente, del quale si tornerà a parlare (forse) martedì a Montecitorio. Nell’ultimo summit i partiti hanno scelto di lasciare fuori gli argomenti divisivi. E’ stato più facile ritrovarsi sulla spartizione dei collegi che non sul bis del governatore uscente.

Berlusconi, intanto, avrebbe scelto di puntare le proprie fiches su Stefania Prestigiacomo. L’ex ministro dell’Ambiente, in Forza Italia dalla sua fondazione, ufficialmente non si espone ma, come racconta ‘La Sicilia’, si notano alcuni movimenti diplomatici “nei confronti della destra più dura della coalizione”, che non ha ancora digerito il blitz sulla Sea Watch nel 2019, quando la nave carica di migranti si trovava in balia del mare (e di Salvini) al largo di Augusta. Anche la Lega “è pronta ad avanzare una proposta”. “La Sicilia – filtra dal Carroccio – merita un centrodestra compatto, concreto, concentrato sul programma e pronto a vincere: è quanto la coalizione ha saputo fare a livello nazionale ed è quello che – ne siamo sicuri – riusciremo a confermare in Sicilia dove servono entusiasmo, energie e competenze. Il tema della candidatura alla presidenza della Regione va affrontato presto”. Il nome del Carroccio potrebbe essere Nino Minardo, ma si segnala un’apertura anche nei confronti di Massimo Russo, su cui spinge Raffaele Lombardo e il suo Mpa. Mentre resta in stand-by, osteggiato innanzi tutto dai vertici del suo stesso partito, Raffaele Stancanelli, che paga il prezzo di piacere un po’ a tutti.

Ma la mossa più interessante rimane quella di Berlusconi. Puntare sulla Prestigiacomo significherebbe emarginare una volta per tutte le frange ‘musumeciane’ all’interno del partito, che il presidente della Regione, in maniera indiretta, credeva di poter controllare. In primis Gaetano Armao e Marcello Dell’Utri, che continuano a perorare la causa del bis. Dell’Utri, negli ultimi mesi, lo avrebbe incontrato un paio di volte all’Hotel delle Palme, e avrebbe cercato così di ammorbidire la posizione di Berlusconi, sempre più convinto – in base alle informative che gli provengono da Ronzulli e Micciché – di rinunciarvi. L’altro, Armao, ha contatti sempre più rarefatti con Arcore. Ma ha un posto fisso nel cuore di Musumeci, che negli ultimi giorni l’ha elogiato facendo passare la modifica all’articolo 119 della Costituzione, col riferimento ai disagi provocati dall’insularità, come un successo personale dell’assessore all’Economica (quando tutti sanno che non è così). In fin dei conti potrebbero rimanere con un pugno di mosche in mano.

Persino Marco Falcone, che nei mesi scorsi aveva combattuto in prima linea per la rimozione di Miccichè da coordinatore regionale, e aveva ‘imposto’ contro il regolamento un nuovo capogruppo all’Ars (Caputo al posto di Calderone) adesso si dice pronto a collaborare: “Occorre salvaguardare i risultati e le iniziative di buongoverno del quinquennio, nonché l’unità della coalizione – ha detto a ‘La Sicilia’ – Fare pace con Micciché? Non serve perché il nostro è un rapporto dialettico. Con Gianfranco facciamo politica da tanti anni ed entrambi teniamo a Forza Italia. I nostri interventi nascono da valutazioni che partono sempre dalla difesa del partito”. E ancora: “Talvolta le soluzioni divergono, la bravura sta nel saper guardare oltre”.

Molti sono e restano dalla parte di Musumeci finché non sarà l’evidenza dei fatti – che è già nelle cose – a costringerli a una scappatoia. Quello di Falcone potrebbe essere, in piccolo, lo stesso processo seguito da Giorgia Meloni. Dietro il tentennamento infinito, e la mancata presa di posizione (l’appuntamento di mercoledì a Roma, col centrodestra al gran completo, sarebbe stato il momento ideale per fare chiarezza) si nasconde la voglia di desistere. La Meloni, durante la direzione di Fratelli d’Italia in cui il tema Musumeci è stato volutamente ignorato, ha ribadito le priorità: “In questa campagna elettorale non ci dovrà essere alcuna polemica con i nostri alleati. Le polemiche aiutano gli avversari, e noi non vogliamo concedere neanche un millimetro. Sono certa che varrà anche per le altre forze politiche”.

Anche i pro-Nello all’interno di FdI, non tantissimi per la verità, stanno ripiegando sul proprio orticello. Salvo Pogliese, coordinatore per la Sicilia orientale, si è dimesso da sindaco di Catania e, prima di affrontare l’appello del processo per peculato (e condannato a 4 anni e 3 mesi in primo grado) darà la caccia a un seggio in Senato. Ignazio La Russa continuerà ad avere un futuro fulgido all’interno del partito anche se la battaglia per Nello (è quello che ci sta mettendo la faccia maggiormente) non dovesse andare in porto. E poi c’è Manlio Messina, che verrà ricompensato nonostante l’evoluzione del quadro regionale. L’assessore al Turismo, che ha fatto degli epiteti poco garbati il suo marchio di fabbrica, diventerà addirittura onorevole. Più scavi e più ti rendi conto che la fiducia incondizionata nei confronti di Musumeci, e l’atteggiamento barricadero nei confronti della sua ricandidatura, non hanno motivo di esistere.

Lo stesso governatore, per non precludersi la possibilità di un seggio in Parlamento, potrebbe dimettersi entro il 9 agosto e fissare l’Election Day (su cui, però, gli alleati sono fortemente contrari) per l’ultima domenica di settembre, così da avere mani libere per il Senato. Certo, non avrebbe abbastanza tempo per organizzare il “dopo” di alcuni fedelissimi, a partire dai reduci di Diventerà Bellissima (Ruggero Razza in primis) e Attiva Sicilia, le cui manovre sono oscurate da questioni più generali. Anche questi a carico della Meloni?

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