Il distacco di Romano

Il leader di Cantiere Popolare ed ex Ministro all'Agricoltura, Saverio Romano, chiede chiarezza a Italia Viva

Saverio Romano sembra deluso, quasi disincantato. Musumeci, Orlando, Italia Viva: sono tanti i motivi per non essere contenti mentre la Sicilia, sempre di più, cola a picco. Fuori da ruoli istituzionali, ma non di responsabilità – è il leader del Cantiere Popolare e presidente dell’osservatorio per il Mezzogiorno di Eurispes – l’ex Ministro del governo Berlusconi ha un forte contatto con la realtà. Ed è a quella che lega la propria ansia.

Onorevole, con il decreto ‘Agosto’ approvato dal Consiglio dei Ministri, il governo ha concesso uno sgravio contributivo del 30% alle imprese del Sud.

“Prima il decreto vorremmo leggerlo. E’ già successo che alcuni provvedimenti strombazzati, come il bonus ristorante, siano magicamente spariti in sede di approvazione. Vediamo cosa c’è scritto e se c’è scritto”.

Accorgersi che esiste un gap è il primo passo per ridurlo.

“Purtroppo, da tempo, il Sud è fuori dall’agenda dei governi che si sono susseguiti. E’ di questi giorni la notizia che il Mezzogiorno poteva essere “salvato” dalla chiusura totale delle attività e ciò gli avrebbe consentito continuare a respirare autonomamente. Invece siamo alle bombole dell’ossigeno. E se queste – parlo di sgravi fiscali, investimenti infrastrutturali, zone franche – non dovessero arrivare, difficilmente il Sud potrà rialzarsi. Ogni anno, al Mezzogiorno, vengono sottratte risorse che, invece, gli spetterebbero. I cittadini del Sud, purtroppo, vivono una forte, doppia penalizzazione: da un lato mancano le infrastrutture, che sono il motore della competizione. Dall’altro, i servizi”.

Del piano Italia Veloce, allegato dal governo al Decreto Semplificazioni, fanno parte sette opere strategiche. Fra cui il raddoppio della tratta ferroviaria Palermo-Messina-Catania che dovrebbe andare in gara quest’anno. Non c’è il porto hub di Palermo, divenuto un suo cavallo di battaglia.

“Sono molto deluso. Questo governo si attarda a immaginare piani e studi, quando, in realtà, dei progetti già esistono. Faccio un esempio che riguarda Palermo, che ci metterebbe al riparo dai disastri dell’ex circonvallazione – perché ormai si è ridotta a una trazzera – di viale Regione siciliana: parlo della Pedemontana, un’opera da 800 milioni. L’Anas ne ha investito circa dieci per un progetto che giace nei cassetti e permetterebbe alla viabilità di fare un notevole passo avanti: tanti palermitani che dalla provincia devono raggiungere l’aeroporto e viceversa, potrebbero farlo bypassando la città. Senza quest’opera, non potremo utilizzare nemmeno il tanto sbandierato centro direzionale della Regione. Sono favorevole affinché si realizzi, ma dobbiamo dotarlo di tutte le infrastrutture che consentano di raggiungerlo in maniera agevole, anche coi mezzi pubblici. Altrimenti decine di migliaia di macchine potrebbero bloccare Palermo, fino a farla scoppiare”.

Il Comune ha appena commissionato uno studio di fattibilità per la realizzazione di un tunnel sotterraneo che colleghi il porto all’autostrada. Serve più di un miliardo.

“Beata ignoranza. Non hanno considerato che l’autostrada a è 50 metri sul livello del mare e scavarci sotto è impossibile. Rimango esterrefatto e senza parole. Ma mi lasci dire una cosa sul porto hub…”.

Prego. E’ la sua battaglia.

“Un paio di mesi fa, per l’ennesima volta, abbiamo incontrato il presidente della Regione, che ha apprezzato il progetto e si è impegnato a portarlo in giunta. Il presidente del comitato scientifico di Eurispes gli ha scritto una lettera per sollecitarlo. Ma ad oggi non abbiamo notizie. E’ una battaglia che la mia parte politica vuole portare avanti e su cui misureremo l’impegno di questo governo”.

Lei era stato critico con l’impostazione dell’ultima Finanziaria. A più di tre mesi dalla sua approvazione non si è mosso un euro.

“Avevo stigmatizzato lo schema di quella Finanziaria in un’intervista al vostro giornale, e l’assessore al Bilancio si è raggelato per il mio intervento. Oggi mi dispiace dirlo, ma avevo ragione. All’emergenza si risponde con l’emergenza, non con i programmi che vengono usati per l’ordinario. Bensì con misure che possono – anche – non essere sufficienti, ma devono essere efficaci”.

Qualche giorno fa, durante un’intervista, ha fatto trapelare un certo malumore nei confronti di Musumeci. Ha specificato che un’esperienza non per forza deve continuare, ma può anche finire. Cosa non la convince?

“L’unica riunione di maggioranza che abbiamo fatto da quando si è insediato Musumeci è servita a determinare l’ingresso, non troppo felice, della Lega in giunta. In quella occasione, però, abbiamo parlato di tanti contenuti, su cui però stiamo procedendo con troppa lentezza: infrastrutture, porto hub, ponte sullo Stretto. Abbiamo concretizzato soltanto la legge sulla semplificazione, che anche altri autorevoli esponenti della coalizione hanno definito, però, un “pannicello caldo”. Così non si va da nessuna parte. La Sicilia ha un ritardo atavico, che non si può superare attraverso questo modo di procedere. Non sono mai stato un assertore di una rivisitazione della giunta e dei programmi, ma ritengo sia giunto il momento di fare il punto e capire come andare avanti. Se c’è la possibilità di conseguire gli obiettivi che ci siamo dati, e come. Il discorso delle candidature, invece, verrà affrontato a tempo debito”.

Molti, come l’ex presidente Cuffaro, ritengono che l’assessore Cordaro sia troppo “schiacciato” sulle posizioni di Musumeci. E’ ancora un esponente del Cantiere Popolare o in questi mesi è cambiato qualcosa?

“Non è cambiato nulla. Ho visto Cordaro fino all’altro ieri. La nostra è un’amicizia lunga, fraterna e longeva. Politicamente è legato a noi. Ha un rapporto particolare e personale con Musumeci, essendo il suo rappresentante presso il parlamento regionale, ma non può essere scambiato per appiattimento. Una cosa è il rapporto di fiducia con Musumeci, di cui non sono assolutamente geloso, un’altra l’azione politica che Cordaro, come ogni assessore, deve esprimere in funzione di rappresentanza dei partiti che lo hanno proposto”.

Qualcuno non lo fa?

“A me sembra che un po’ tutta la giunta abbia un’azione limitata sulle rispettive competenze. E non capisco come possa accadere, posto che ogni assessore dovrebbe avere totale autonomia di intervento. Nel corso del tempo è passata la linea che gli assessori diventano collaboratori del presidente. Una delle ragioni per cui ritengo sia necessario un confronto aperto e chiaro – l’ho già detto più volte – è proprio questo. Ogni partito deve esprimere non soltanto le persone, ma anche una politica. Ovviamente raccordata con il presidente, ma non appiattita su di esso”.

Musumeci è stato durissimo contro i regionali, beccandosi una querela da parte dei sindacati. Ha sbagliato?

“Partiamo da un fatto: è stato lui a nominare i dirigenti generali, con buon margine di autonomia e accordandosi con gli assessori della sua giunta. E’ ovvio che le responsabilità stanno in capo ai dirigenti generali. I quali, per legge, hanno il controllo del personale loro assegnato. Per cui io, più che rivolgermi ai dipendenti, mi rivolgerei ai dirigenti generali. Ognuno di loro avrà modo di spiegare perché – questa è una sensazione comune a molta gente – tanti dipendenti non facciano il loro dovere fino in fondo. Tuttavia, conoscendo la Regione, ci tengo a precisare che alcuni dipartimenti sono senza personale e non riescono ad andare avanti, e i pochi che ci sono lavorano dalla mattina alla sera. La Regione purtroppo, nel corso di questi anni, ha preferito assommare precariato su precariato, senza riqualificazione e formazione, anziché aprire la pagina dei concorsi per dare la possibilità a tanti giovani di poter svolgere le funzioni che invece oggi vengono assegnate alla cosiddetta “assistenza tecnica”, che ci costa quattro o cinque volte di più. Questo tema va affrontato in maniera strategica, ma non ho mai sentito l’assessore al personale (Bernadette Grasso, ndr) intervenire sulla vicenda, dicendo quali sono i problemi e come si vogliono risolvere”.

Cederà all’invito di Italia Viva di costruire un centro riformista e moderato. Potrebbe essere un modello da sperimentare a Palermo ed esportare alla Regione.

“Vede, per prima cosa occorre la chiarezza. Italia Viva sta in giunta con Orlando, il quale perde pezzi ogni giorno. Ad eccezione, appunto, di Italia Viva, che sta sempre lì e non ha avuto il coraggio di presentare una mozione di sfiducia che verrebbe votata da tutte le opposizioni e permetterebbe, finalmente, di mandare a casa il sindaco. La creazione di una grande area di centro non può discendere dal nuovo sistema elettorale, in chiave proporzionale, che si metterà a punto dopo la quasi certa riduzione dei parlamentari. Deve partire, piuttosto, da un progetto e da una visione comune. Io sono sempre stato al centro e darò il mio benvenuto a chi arriva da destra o da sinistra. Ma è ovvio che prima bisogna confrontarsi sulle cose da fare e assumersi la responsabilità di farle”.

Potrebbe essere lei uno dei candidati a sindaco di Palermo?

“La mia vita è stata sempre dedicata alla costruzione. Di un’idea, di un’azione politica… Poi, quando sono stato chiamato al governo, non mi sono tirato indietro. La città di Palermo è la mia città, e mi spiace vederla ridotta in questo stato. Darò ogni contributo per farla rifiorire. Ma è ovvio che non mi candido: chi lo fa, manifesta solo un ego spropositato. Diversamente, se in tanti volessero chiedere con senso di responsabilità una mia partecipazione, allora potrei valutare. Vale anche per la presidenza della Regione”.

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