Il tentativo della Regione di ‘imporre’ una campagna vaccinale a tappeto, per raggiungere entro settembre l’immunità di gregge, si scontra sulle prime questioni. Di principio, più che altro. C’è una parte dell’ordinanza di Musumeci che non va bene al Garante delle Privacy: è quella in cui si chiede alle Aziende sanitarie “una ricognizione completa e aggiornata di tutti i dipendenti pubblici, del personale preposto ai servizi di pubblica utilità e ai servizi essenziali, degli autotrasportatori, del personale delle imprese della filiera agroalimentare e sanitaria, degli equipaggi dei mezzi di trasporto per censire chi non è ancora stato sottoposto a vaccinazione e invitarlo formalmente a provvedere”. Il censimento, insomma, non s’ha da fare.

Il Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, ha aperto un’istruttoria, stoppando di fatti il provvedimento del governo, che ha disposizione sette giorni di tempo per fornire tutte le informazioni del caso. Secondo il Garante “l’ordinanza di un presidente regionale o provinciale non rappresenta valida base giuridica per introdurre limitazioni a diritti e libertà individuali che implichino il trattamento di dati personali, che ricade nelle materie assoggettate a riserva di legge statale”. Per l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, si tratta “di un approfondimento legittimo ma le preoccupazioni del Garante saranno chiarite con una circolare esplicativa. Del resto la Regione ha già adottato altri provvedimenti di questo genere rispettando le procedure e quanto prescrive la legge”. L’ordinanza di Musumeci prevede, inoltre, che “in caso di indisponibilità o di rifiuto” a vaccinarsi, “il datore di lavoro dovrà, nei modi e termini previsti dai contratti collettivi, riassegnare il dipendente ad altro ruolo, che non implichi il contatto diretto con l’utenza”.

Si erano detti perplessi pure i sindacati: “Nulla di quanto contenuto” nell’articolo 3 dell’ordinanza “è previsto da attuali norme e la Costituzione dice che solo una legge può imporre trattamenti sanitari. Inoltre, proprio di recente, in materia di privacy, il Garante ha chiarito che il datore di lavoro non può e non deve chiedere informazioni sullo stato vaccinale dei suoi dipendenti. Il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali. Ciò non è consentito dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria”.