La Sicilia ha ripreso a bruciare. Negli ultimi due giorni sono andati in fumo 300 ettari di bosco nelle province di Palermo, Trapani e Messina. La situazione più grave si è presentata a Erice, dove gli incendi hanno lambito le villette del quartiere Casa Santa, costringendo all’evacuazione alcune famiglie. Siamo soltanto all’inizio di maggio e la questione è già critica. La politica, questa volta, respinge le responsabilità. Anche se dei 231 milioni stanziati per la campagna anti-incendio, in attesa dell’approvazione del Bilancio, se ne possono utilizzare solo 68. Inoltre, come ha spiegato l’assessore Toni Scilla qualche giorno fa ai sindacati, i veicoli sono ancora quelli dell’anno scorso, mentre l’età media degli agenti forestali (circa 17 mila) supera i 57 anni, ma appena 1.400 sono a tempo indeterminato. Molti precari, inoltre, entreranno in scena da lunedì prossimo. Troppo tardi.

Musumeci, da parte sua, ha puntato il dito contro i sindaci: “Il ruolo degli Enti locali è fondamentale per la prevenzione e la lotta attiva agli incendi. Solo se facciamo rete riusciamo a evitare che la Sicilia torni a bruciare. Si imponga la scerbatura ai proprietari di terreni incolti. La legge non ammette deroghe”. “Negli anni scorsi e in particolare nel 2021 – si legge nella nota, firmata anche del capo della Protezione civile regionale, Salvo Cocina –  il territorio siciliano è stato colpito da numerosissimi e devastanti incendi, spesso riconducibili all’azione dell’uomo o a non sufficienti misure di prevenzione. Le conseguenze sono state la distruzione di decine di migliaia di ettari di terreno boschivo e ingenti danni alle attività produttive e a beni pubblici e privati. Alla luce di quanto verificatosi, per migliorare la capacità di risposta e l’efficacia delle azioni poste in essere dal sistema – continua il presidente della Regione – l’approccio alla lotta agli incendi estivi dovrà essere incentrato anche sul miglioramento del modello organizzativo, con la piena collaborazione sul campo di tutte le risorse disponibili del sistema regionale di Protezione civile e sulla condivisione di informazioni”.

II dipartimento regionale di Protezione civile – si legge in una nota di palazzo d’Orleans – continuerà a emettere quotidianamente l’Avviso per rischio incendi e ondate di calore che vincola le amministrazioni, le organizzazioni e gli enti destinatari a svolgere le azioni previste, giuridicamente rilevanti, per la prevenzione e il contrasto degli incendi boschivi e di interfaccia. I livelli di allerta dell’avviso attivano adeguate azioni e contromisure per la salvaguardia della vita umana e di beni. In capo ai primi cittadini resta il dovere di informare e aggiornare costantemente la popolazione e di emanare, per tempo, ordinanze di prevenzione degli incendi, di pulizia dei terreni incolti e dei margini delle strade. È inoltre loro compito, in coordinamento con le Forze dell’ordine, di vigilare efficacemente sulla loro effettiva esecuzione, applicando in caso le previste sanzioni e procedendo, possibilmente, alla “scerbatura a rivalsa”, qualora non sia stata effettuata dai legittimi proprietari dei fondi.

Ma da parte dei sindaci arrivano i primi distinguo. Quello di Cefalù, Rosario Lapunzina, ha attraversato ore di ansia per l’innesco simultaneo di quattro fronti del fuoco: “Se un’isola, da Erice a Bagheria, a Cefalù e altre località, inizia a bruciare nel mese di maggio, il problema richiede una risposta a partire dai livelli centrali. Forse sarebbe il caso di dare ai comuni le risorse e permettere loro di sostituirsi ai privati che non ottemperano. Forse occorrerebbe riformare il sistema della manutenzione boschiva, mettendo a disposizione degli enti locali giornate lavoro per la pulizia delle aree pubbliche. Forse occorrerebbe capire che, con le mutazioni climatiche in atto, la stagione degli incendi e della loro prevenzione non ha date fisse di calendario. Forse – conclude – bisognerebbe anche chiedersi chi oggi pulisce le scarpate delle tante strade provinciali che attraversano il nostro territorio”.

Anche Daniela Toscano, sindaco di Erice, passa al contrattacco: “Musumeci dimentica di dire che molti Comuni, tra cui Erice, come sempre, hanno già preso i necessari provvedimenti. Lo scorso 19 aprile abbiamo infatti correttamente comunicato l’apposita ordinanza valida dal 1° maggio al 31 ottobre 2022. In questi 5 giorni sono stati anche attivati i necessari controlli. Ma il Comune ha avuto, appunto, 5 giorni per farli. Le parole del presidente Musumeci restano dunque parole al vento, di circostanza, quasi una sorta di difesa d’ufficio nei propri confronti. Farebbe bene, invece, a spiegarci cosa può fare la Regione, nell’ambito delle proprie responsabilità, per evitare che accadano tragedie come quella di ieri. Ci spieghi perché non si attivano maggiori controlli, tramite i Forestali, soprattutto nelle giornate di allerta rossa. Ci spieghi perché non si potenziano, in termini numerici e di mezzi adeguati, i Forestali in servizio presso il territorio di Erice. Ci spieghi, insieme al Dipartimento della Protezione civile regionale, come può migliorare il servizio offerto dai volontari coordinati dallo stesso Dipartimento. Ci spieghi, il presidente, perché non ha mai risposto alle nostre lettere con cui abbiamo invocato aiuto! Ci spieghi infine perché, addirittura, tempo fa fu richiesta al nostro Comune la restituzione di un modulo antincendio (che abbiamo in comodato d’uso) perché non avremmo trasmesso per tempo la necessaria documentazione, salvo poi prendere atto, a seguito di nostra nota circostanziata, che era una bufala”.

Giampiero Trizzino, deputato regionale del M5s, ha riassunto lo stato dell’arte: “La campagna antincendio è appena partita, sono impiegate attualmente 10 mila unità in tutta la Regione che hanno iniziato l’attività di manutenzione dei boschi e la realizzazione dei viali parafuoco. Ma non basta, non è neppure sufficiente. I soldi a disposizione si stanno esaurendo e quelli previsti dalla manovra finanziaria non si possono utilizzare perché la Regione (per l’ennesima volta) non ha ancora approvato la legge di stabilità.  A questo si deve aggiungere lo stallo del disegno di legge sugli Operai forestali, per non parlare della condizione del Corpo forestale regionale, di cui neppure si discute”. Ma qual è la ricetta per uscire dal pantano? “Servono due riforme e servono con urgenza: una sugli Operai forestali, per restituire loro la dignità di lavoratori e tirarli fuori dal ricatto della stagionalità; un’altra sul Corpo forestale regionale. Serve poi che la Regione invii i commissari nei Comuni che non hanno adempiuto l’obbligo di aggiornare il catasto degli incendi. Queste sono solo alcune delle proposte assolutamente non derogabili per recuperare decenni di immobilismo, ma sarebbero già sufficienti a proiettare la Sicilia vent’anni in avanti”.