“Questo governo somiglia a un film muto: dietro le immagini mancano le parole e, spesso, pure i significati”. Claudio Fava riapre il dibattito sulle misure inattuate della Finanziaria di guerra, approvata all’Ars nel maggio 2020 per dare immediate risposte contro l’assalto del Covid. La potenza di fuoco è rimasta inespressa. All’appello mancano, ad esempio, i 100 milioni per le famiglie in difficoltà; i fondi destinati ai Comuni per abbattere le imposte (la Tari, nel caso di Palermo); i contributi da 500 euro ‘una tantum’ che sarebbero serviti ad alleviare il costo degli affitti degli universitari fuorisede. E, rivela Fava, “i soldi per realizzare degli alloggi per i migranti stagionali a Cassibile e Campobello di Mazara, previsti da un mio emendamento”.

La cosa che più lo fa rabbrividire, però, riguarda gli studenti. Soltanto ieri l’assessore Lagalla ha comunicato l’emissione dei mandati di pagamento agli Ersu (gli enti per il diritto allo studio universitario), che ora dovranno liquidarli. “Ci riempiamo la bocca con questa retorica del ‘tornate a casa’, ma poi non si riesce nemmeno ad aiutare chi è tornato ed è rimasto, e che, pur avendo un basso reddito ha dovuto pagarsi i costi degli alloggi durante i periodi di fermo delle lezioni. Per uno studente non particolarmente agiato, un anno è abbastanza per dichiarare fallimento”.

Una promessa ai ragazzi è una promessa che vale doppio.

“A Musumeci e al suo governo piace giocare con parole roboanti, che annunciano ricchi premi, manifestazioni di generosità, giubilo patriottico. Come nel caso di Finanziaria di guerra, un’espressione per evocare Churchill e Mussolini. In realtà non c’è stata la guerra, né una Finanziaria degna di questo nome. Ma per il presidente della Regione contano essenzialmente due cose: Ambelia, intesa come la libera Repubblica di Militello val di Catania; e la sua ricandidatura, in nome e per conto di se stesso. Cosa che gli auguriamo di ottenere”.

Perché?

“Ci sembra importante che per una volta i siciliani possano giudicare un presidente uscente, misurando tutta la distanza che c’è fra le parole, piene d’orgoglio e d’aria, e i fatti”.

Crede che con Musumeci in campo, il centrosinistra abbia vita facile?

“Io credo sia giusto che si candidi. E non che venga fatto fuori politicamente dai suoi alleati per poi poter continuare a dire ‘ah, se ci fossi stato io…’. Deve passare all’incasso. Secondo me quel momento sarà un atto di riscatto civile da parte della comunità siciliana”.

Addirittura.

“La politica può essere traviata e travolta da mille imposture, ma quando un candidato si presenta al popolo senza liste bloccate, rappresenta un momento di verità. Lì Musumeci non potrà prendersela con l’opposizione, coi Sammartino di turno, o con il Covid”.

Lei ha chiesto alla commissione dell’Ars che verifica l’attuazione delle leggi, di vedere che fine abbiano fatto i milioni “distratti” ai Comuni. Ma in quella commissione, da un recente report dei Cinque Stelle, non c’è traccia degli assessori. Su 98 audizioni, si sono presentati 7 volte.

“Vuol dire che ci siamo persi i soldi, ma anche il governo. Non c’è traccia degli uni e degli altri. Questo la dice lunga su come vengono interpretate le prassi parlamentari e i doveri istituzionali. A Musumeci e i suoi assessori, però, piacciono molto le coreografie, le inaugurazioni, i tagli dei nastri. Una delle pagine più grottesche e malinconiche della recente storia siciliana è stata l’inaugurazione del finto treno veloce”.

Il Frecciabianca è stata Trenitalia a rifilarcelo. Lo Stato.

“Purtroppo siamo ancora prigionieri di un gioco di rappresentazioni dove ciò che conta non è il fatto in sé, ma il modo in cui viene raccontato. Al posto dell’assessore Falcone e dell’amministrazione regionale, mi sarei rifiutato di partecipare a un’inaugurazione fasulla come una moneta di latta, dove s’inaugura un vecchio convoglio ripulito, che viaggia a 57 km/h come prima della guerra”.

Cos’avrebbe fatto, oltre a non partecipare?

“Avrei aperto un contenzioso serio e autorevole col governo nazionale e con Ferrovie dello Stato. Ponendo una volta per tutte la questione dell’alta velocità. Finché non ci sono le condizioni per ottenerla, cioè il raddoppio e l’elettrificazione di tutta la rete ferroviaria, di inaugurazioni non se ne fanno. Invece erano tutti lì, in pompa magna: dal sindaco di Catania al sottosegretario Cancelleri. Di fronte a questi quadretti e liturgie da vecchia politica democristiana, uno dovrebbe dire ‘no, grazie’”.

Sui fondi del Pnrr è in atto una tarantella. Le cabine di regia nascono come funghi. Basteranno?

“Anche qui siamo di fronte al suono seducente delle parole: ‘cabina di regia’ suona bene. Lascia immaginare, presumere. In realtà, c’è la cabina ma non la regia. Quando sono stati rispediti al mittente 31 progetti su 31, il governo è riuscito a fornire una spiegazione persino più patetica del respingimento in blocco dei progetti: cioè che è colpa di Roma perché ha lo sguardo rivolto a Nord. Dimenticando che la Calabria se li è visti approvare tutti quanti. Ecco: non manca solo la regia, ma anche il senso del ridicolo. Avrebbero fatto meglio ad ammettere che non sono stati capaci di progettare secondo le linee di logica, di buonsenso e di efficacia richieste da Roma”.

E’ preoccupato per la gestione di questi denari?

“C’è un problema di progettazione nelle vuote cabine di regia del governo. Stare dentro a questa stagione di spesa non vuol dire soltanto accogliere a mani giunte i finanziamenti che arriveranno. Ma esserne all’altezza, avere una capacità di progettazione, di efficacia e di puntualità che finora la Regione non ha dimostrato. Ricorda lo spettacolo da avanspettacolo offerto dalla maggioranza quando si riunì per avanzare le proprie richieste a Roma? Tutti volevano un aeroporto nella propria provincia… Come se il Pnrr fosse la Befana, pronta a dispensare regali per i bambini”.

C’è un filo che lega la gestione del Pnrr e la Finanziaria rimasta inattuata?

“Sì. E’ il senso di infallibilità e di onnipotenza teologare espresso da questo esecutivo. Non ho mai sentito Musumeci o un suo assessore dire: ‘Abbiamo fatto una minchiata’. Che il governo perda i finanziamenti, non riesca a spendere i soldi, trotterelli attorno alle inaugurazioni di paese e poi, quando si presenta in aula – cioè abbastanza raramente – sostiene di essere infallibile come la santissima trinità, beh, la considero un’offesa all’intelligenza dei siciliani e alla verità della politica”.

La proposta di rinnovo del contratto ai dipendenti regionali, con annesso aumento di stipendio (da 90 a 140 euro), è una regalia di fine legislatura? O un giusto riconoscimento per uomini e donne tanto vituperati, anche da parte del presidente della Regione?

“Colgo uno strano ossimoro tra il vituperio e il premio di fine anno. Io credo che i dipendenti regionali non debbano pagare le inettitudini di questo governo, e al tempo stesso occorre un’iniezione di risorse umane e di intelligenza amministrativa e burocratica applicata ai tempi che stiamo vivendo, che non sono quelli di 20 o 30 anni fa. Un esempio per tutti? La CUC, a lungo utilizzata per distribuire prebende ai filibustieri di turno”.

La Centrale Unica di committenza è stata la cifra degli scandali della sanità, come evidenziato da una recente inchiesta dell’Antimafia.

“Se fin qui si è rivelata una struttura incapace di gestire oculatamente gli appalti in tempo di pace, figuriamoci nel cosiddetto tempo di guerra… Armao ha detto che andrebbe rilanciata. Peccato che negli ultimi anni non si è mosso nulla. E si continui a tenere in piedi una centrale con un solo dirigente, dove le commissioni non esprimono le competenze necessarie e dove la metà dei bandi viene impugnata dal Tar”.

Allargando la questione ai dipendenti, qual è il messaggio?

“Il punto è capire se rimettere in piedi questa pubblica amministrazione e farla diventare uno degli asset fondamentali di questa stagione di progettazione e di spesa, rientra tra le priorità del governo. O se tutto deve oscillare tra una maledizione rivolta ai burocrati – versione Musumeci anno 2019 – o una premialità prenatalizia e pre-elettorale – versione Musumeci anno 2021”.

Per decidere sulle Amministrative di Palermo, il centrodestra ha radunato 19 uomini e nessuna donna. Sorpreso?

“Mi sarei stupito del contrario. La riunione a cui accenna, fra l’altro, è un momento di discussione, di gestione di potere reale, di determinazioni. Il governo Musumeci è riuscito ad avere una sola donna su dodici assessori. Il maschilismo fa parte della cultura di questa destra. Perché sorprendersi?”.

Almeno loro si riuniscono. Voi state ancora aspettando la scelta del nuovo leader dei Cinque Stelle da parte di Conte?

“Semmai l’aspettano i Cinque Stelle. Io credo che questi tavoli larghi, slabbrati, confusi servono ad avviare il processo, che però ha bisogno di concludersi. L’unica proposta dignitosa, limpida e di lealtà nei confronti degli elettori è fare le primarie. Ma continuo a sostenere che vadano fatte rapidamente, senza aspettare le epifanie romane. Non credo che l’elezione del presidente della Repubblica incida in modo particolarmente profondo sulla sensibilità dei siciliani che devono scegliere il candidato dello schieramento progressista. E’ una questione di mero opportunismo e mera tattica. Un candidato c’è: il sottoscritto. Nel momento in cui ce ne saranno degli altri cercheremo di celebrare una chiamata alla partecipazione, che non è una liturgia”.

Chi dovrà partecipare?

“Per la proposta che arriverà credo si debba parlare a tutti i siciliani. E non solo ai nostri storici elettori”.