La superiorità di Alessandro Giuli sui suoi interlocutori è talmente evidente che ci si domanda perché mai passi il suo tempo a polemizzare con loro. Uno che sa decrittare con maestria i miti italici e mediterranei arcaici, e fa incursioni nel sacro e nel profano da quando portava i calzoni corti, un esperto della sezione aurea e della battaglia di Talamone, uno così può a stento comprendere la dimensione in cui si muove un attore come Elio Germano, reduce da un flop artistico e commerciale come il film su Berlinguer, banale interpretazione sentimentale di un falso mito politico, compensato solo dal ridicolo lobbismo cinematografico di propaganda ideologica caro alla solita gente del solito ambiente, quelli che gonfiano i palloncini dei non autori e dei non attori. Ho visto un trailer e mi sono trovato un po’ in pena per il grande Germano e per la critica che ne loda il carisma da circolo sociale di estrema periferia, luogo perfetto per giocare a ping pong e per altre lodevoli attività comunitarie ma non per la storia del cinema. Continua su ilfoglio.it