La Corte dei Conti ha bocciato per la seconda volta nel giro di pochi mesi la proposta di rinnovo del contratto dei dirigenti regionali, che prevede un aumento medio di 209 euro mensili per chi occupa le posizioni apicali della pubblica amministrazione siciliana. Secondo i giudici contabili non ci sono “le condizioni di compatibilità finanziaria ed economica con gli attuali strumenti di programmazione e di bilancio della Regione siciliana”. I soldi, visto il quadro economico-finanziario dell’ente, non bastano: sarebbero serviti 8,8 milioni per garantire gli aumenti, oltre ai 16 milioni di arretrati.

L’accordo, dopo un vulnus di 15 anni (l’ultimo contratto risale al 2015) era stato raggiunto in autunno dall’ex assessore alla Funzione pubblica (Grasso), dall’Aran e dai sindacati, ma non è mai diventato operativo a causa del diniego della Corte dei Conti. A febbraio 2021 i magistrati non avevano ritenuto “apprezzabile la copertura finanziaria degli oneri a carico degli esercizi 2021 e seguenti”. Per la Corte “il quadro finanziario – al momento incerto – che emerge dai documenti di programmazione e bilancio, non consente di poter esprimere una valutazione di sostenibilità dei costi contrattuali illustrati nell’ipotesi di accordo”. Adesso, a rendiconto parificato, la questione non cambia di una virgola.

All’attacco Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Cobas-Codir, Sadirs e Ugl: “Si tratta di una gravissima violazione dei diritti di un’intera categoria di lavoratori, ad oggi l’unico comparto della pubblica amministrazione di tutta Italia a scontare ben due bienni di ritardo e ad attendere da oltre 15 anni il rinnovo contrattuale – si legge in una nota – La Regione trovi al più presto una soluzione per non far scontare ai lavoratori le conseguenze della devastante parifica del rendiconto del 2019, la cui partita non sembra essersi chiusa”. Per i sindacati “questa bocciatura rischia di compromettere il buon funzionamento della macchina amministrativa regionale”.

“Prendiamo atto che la Corte dei Conti ha nuovamente rifiutato di certificare il Contratto della Dirigenza della Regione 2016/2018, già scaduto, ritenendo inattendibili i costi quantificati e la loro compatibilità – dicono Giuseppe Badagliacca e Angelo Lo Curto del sindacato Siad-Csa-Cisal – La Corte, nel rimarcare il mancato rispetto dell’accordo tra lo Stato e la Regione relativo al ripiano del disavanzo sottoscritto il 14 gennaio 2021, quindi dopo la sottoscrizione del contratto stesso, ha censurato anche la carenza delle condizioni di compatibilità economica della crescita dell’0,48% per il trattamento economico accessorio con gli attuali strumenti di programmazione e bilancio. Adesso il Presidente della Regione e l’Aran Sicilia decidano, così come previsto dalla legge, se sottoscrivere definitivamente il contratto oppure riaprire le trattative con le organizzazioni sindacali”.