La notizia si può leggere dal lato caratteriale. Schifani, che si sente re della Sicilia, si ritrova all’improvviso con la leghista Annalisa Tardino a capo dell’Autorità portuale. Non l’hanno consultato. Gli parte il solito colpo d’ira e rientra dalle vacanze per chiedere al Tar la destituzione dell’usurpatrice. Poi si accorge che la nomina era stata concordata da Salvini con Tajani e ci ripensa: a Ragalna distribuisce a sorpresa elogi al ministro delle Infrastrutture e, nel giorno in cui il Tar è chiamato a decidere, rinuncia alla richiesta di sospensiva. Un dietrofront clamoroso. Che ci illustra anche l’idea di giustizia alla quale si ispira il governatore. Un mese fa il gioco delle convenienze gli suggeriva guerra e fuoco. Oggi invece amici come prima. Il Tar è stato nient’altro che un attrezzo di scena al servizio del teatrino politico di Palazzo d’Orleans.
