A rompere le uova nel paniere – già fragilissimo – di una maggioranza traballante, potrebbe essere una delibera di giunta dello scorso 16 gennaio, che riguarda “Criteri e modalità per il conferimento di incarichi dirigenziali generali”. In sostanza, il presidente della Regione Nello Musumeci ha dato mandato al dipartimento regionale della Funzione pubblica e del personale di rendere “conoscibile a tutti i dirigenti regionali”, la volontà di nominare nuovi dirigenti per i dipartimenti dei vari assessorati. Il prossimo 16 febbraio, data di scadenza dei contratti in essere, andranno coperte 28 posizioni apicali. Si tratta di un vero e proprio terremoto che scuoterà la burocrazia regionale, con cui Musumeci combatte da tempo, e la politica stessa, sempre più alla ricerca di posizioni di potere e sponde valide all’interno dell’amministrazione.

La pubblicazione della delibera ha avuto già i suoi effetti nei palazzi della Regione: ad esempio l’irrigidimento della Lega, che durante l’approvazione dell’esercizio provvisorio, non è andata molto per il sottile coi giudizi, esprimendone uno assai negativo sul metodo adottato da Armao & soci per la redazione del documento contabile. Ma tutti i partiti conoscono il peso di questa partita, e in pochi hanno apprezzato che Musumeci stabilisse le regole del gioco praticamente da solo.

Febbraio sarà anche il mese delle pagelle, che permetterà di avviare una valutazione sugli attuali dirigenti in organico (sono oltre 1.600, di cui la maggior parte di “terza fascia”), che prima di Natale si sono persino guadagnati un aumento: per il rinnovo del contratto, fermo al 2015, ballano quasi nove milioni. Attualmente il guadagno medio dei dirigenti è di 78 mila euro l’anno: il bonus gli verrà riconosciuto con valenza retroattiva, per un incremento medio di 180 euro al mese. Alla valutazione integrata (sulla cui serietà ha garantito l’assessore Bernadette Grasso) seguirà, poi, un inevitabile rimescolamento delle carte: per la serie “ogni burocrate e bello a mamma soja”, ai posti di comando della complessa macchina amministrativa è prevista una scrematura che scontenterà molti.

Il primo passo è una procedura d’interpello, ossia una “verifica tra tutte le professionalità dirigenziali interne all’Amministrazione regionale”. Ma qualora emergesse l’esigenza di un maggior grado di specializzazione e di competenze più affinate – da una prima lettura della delibera appare quasi scontato – si potrà “valutare se ricorrere a professionalità esterne al ruolo della dirigenza con i limiti percentuali previsti dalla (…) legge regionale n.10/2000”. Quindi, riassumendo: se le esigenze del governo regionale, che ha bisogno di potenziare alcune strutture, non dovessero essere soddisfatte dal personale già in dotazione, si potrà provvedere alla nomina di dirigenti “esterni”.

Le posizioni disponibili sono ventotto (compreso il comando del Corpo Forestale). Ma le strutture verso cui l’attenzione è spasmodica sono: 1) il dipartimento della Formazione professionale e dell’Agricoltura, “responsabili della gestione dei Fondi extra regionali” e per questo considerati “fonte di grande opportunità di investimento e di sviluppo per la Regione”; 2) il dipartimento delle Finanze e del Credito e la ragioneria generale – dipartimento del Bilancio e del Tesoro (entrambi in pancia all’assessorato all’Economia), dato che il governo ritiene “essenziale implementare ulteriormente l’azione di gestione dei conti pubblici regionali, attese le note criticità emerse rispetto ai pregressi dati di bilancio e all’attuale situazione finanziaria”; 3) l’ufficio legislativo e legale, che risulta determinante rispetto alla gestione del contenzioso, “al fine di garantire un adeguato monitoraggio dello stesso, nonché delle azioni stragiudiziali e giudiziali, a difesa delle ragioni dell’Ente”.

Per ricoprire questi tre incarichi sono stati determinati paletti più che stringenti. Per l’ufficio legislativo e legale, ad esempio, è richiesta “l’iscrizione all’Albo degli avvocati da almeno 12 anni, l’iscrizione all’albo degli avvocati cassazionisti, un’esperienza dirigenziale decennale, la sussistenza di titoli accademici (dottorato di ricerca, assegno di ricerca, ricercatore o professore) o, in alternativa, un’esperienza maturata in qualità di magistrato”. L’uscente si chiama Maurizio Luigi Amico e sembra possedere i requisiti. Per fare il dirigente generale al dipartimento delle Finanze (al momento c’è Benedetta Cannata) o del Tesoro (dove opera Giovanni Bologna) occorre, invece, un’esperienza nel settore di almeno dieci anni, e, in alternativa ai titoli accademici elencati prima, un’esperienza “maturata in qualità di direttore generale presso Amministrazioni ed Enti statali e/o comunitari”. Si tratta di requisiti che saranno presi in esame in aggiunta ai criteri previsti dalla normativa vigente (regionale e nazionale). E non sono molti i dirigenti regionali a poter vantare questo genere di curriculum. Pertanto si guarderà fuori. Bologna pensa di virare sul dipartimento al Personale, che già ricopre ad interim, ma anche la Cannata, che non vanta splendidi rapporti con l’assessore Armao, cambierebbe destinazione più che volentieri.

L’abilità del governo, va da sé, non sarà quella di spostare le pedine nell’uno o nell’altro verso (in questo Rosario Crocetta era un maestro), ma nell’utilizzare un sistema di premialità che passi da una valutazione oggettiva delle performance dei dirigenti regionali. Lo scorso anno, con un sistema un po’ datato e affidato a membri stessi dell’amministrazione, tutti o quasi tutti i dirigenti portarono a casa un dieci in pagella. Tra le varie posizioni “aperte”, ce ne sono alcune più chiacchierate di altre: la dirigenza del dipartimento Acqua e Rifiuti (al momento l’incarico è affidato a Salvo Cocina), da cui passa la questione relativa alle autorizzazioni e alle proroghe per le discariche private, è stata per ovvi motivi sotto i riflettori dei media. Mentre la Formazione, rimessa in piedi dall’assessore Lagalla con regole più severe, potrebbe perdere Salvatore Taormina.

Musumeci dovrà esigere serietà e moralità da se stesso, prima che dagli altri. Fermo restando la natura fiduciaria degli incarichi apicali, la Regione ha bisogno di prospettive e competenze, che mai come in questa fase – lo attestano il disastro sui conti e il giudizio di parifica dei giudici contabili – sono richiesti. Le nomine dirigenziali, assieme a quelle di alcuni organismi di sottogoverno, e un rimpasto che non vede la luce pur in presenza di una congiuntura che lo impone – alcuni schieramenti, come Lega e Ora Sicilia non sono rappresentati nell’esecutivo – rischiano di diventare l’ultimo tentativo di rattoppo per un’esperienza politica che rischia, altrimenti, di andare in frantumi.