Dov’era Francesco Paolo Scarpinato, ex assessore regionale al Turismo, il 30 dicembre dell’anno scorso? Sì, assessore, le stiamo chiedendo se ha un alibi. Perché quel giorno, dagli uffici del Dipartimento al Turismo, uscirono un paio di provvedimenti catastrofici, che hanno segnato la storia di questa (giovanissima) legislatura: l’affidamento diretto (senza gara) da 3,7 milioni nei confronti della lussemburghese Absolute Blue, per l’organizzazione della seconda edizione di una mostra fotografica durante il Festival di Cannes; e il decreto dirigenziale da 3 milioni per le Celebrazioni Belliniane, di cui 892 mila euro riservati a una società palermitana per “servizi generali di organizzazione, servizi tecnici, e servizi promopubblicitari” (anche in questo caso senza gara d’appalto, ma con una semplice procedura negoziata rivolta ufficialmente a cinque operatori economici, quattro dei quali non hanno ovviamente risposto).

Quel giorno andarono in fumo parecchi soldi, con una differenza sostanziale. Che Schifani si disse inorridito dal primo provvedimento, a tal punto da ritirarlo in autotutela (i 3 milioni e 700 mila euro sono tornati a Bruxelles). Mentre il secondo si è risolto in una bolla di sapone: anzi, proprio in questi giorni sta per concludersi il Bellini International Context, uno dei due eventi foraggiati dalla scelta dell’assessorato (l’altro è la Settimana di Musica Sacra di Monreale). Scarpinato c’era ma – come tutti – non ha fiatato. Anzi, nel caso di Cannes, ha tirato i remi in barca. Ecco un estratto delle sue dichiarazioni all’Ansa a qualche giorno dall’esplosione dello scandalo: “Se qualcuno ha pensato che mi potessi dimettere si è sbagliato di grosso: non ne ho intenzione. Non ho alcuna colpa rispetto a una procedura di finanziamento predisposta nella scorsa legislatura, quando non era neppure immaginabile che potessi fare l’assessore nel nuovo governo”.

Sapete cosa? Il “povero” Scarpinato ha ragione (in parte). Sia l’uno che l’altro evento, infatti, erano inseriti nel Programma Triennale di Sviluppo Turistico 2022-24, approvato con una delibera di giunta a maggio dell’anno scorso, quando Scarpinato si arrabattava in Consiglio comunale a Palermo, mentre il suo referente, al secolo Manlio Messina, si giocava le ultime fiches per accedere ai palazzi che contano. Pescando a strascico fra le mille opportunità offerte dal portafogli del suo assessorato. A settembre, da responsabile al Turismo della giunta Musumeci verrà promosso a vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, con presenza fissa nei talk show. Ma le sue idee – per usare un paragone improprio – continueranno a camminare sulle gambe degli altri. Quelle degli assessori che lo hanno succeduto e che la frangia turistica di Fratelli d’Italia, ispirata dal Balilla, ha selezionato appositamente. Anche stavolta senza bando.

Scarpinato, bocciato alle ultime Regionali, è una persona perbene. Ma nei pochi mesi al Turismo non può dire di aver dimostrato a pieno il suo valore. Anzi, è apparso supino rispetto alle decisioni assunte da chi c’era prima. E sebbene la fiducia sia l’elemento fondante nei rapporti con Messina, avrebbe fatto meglio a fare due chiamate – una all’ex capo dipartimento Calogero Fazio, l’altra al responsabile del Servizio 6 Giuseppe Librizzi – per avere contezza di quanto stesse accadendo e di quanti soldi ci fossero sul piatto. Sul caso Cannes persino Schifani, che fino ad allora non aveva mai osato contrapporsi a FdI, cadde dalla sedia parlando di “danno d’immagine”. L’inconsistente difesa di Scarpinato – scelto da Messina e dal cognato d’Italia, Francesco Lollobrigida, nonostante i diktat del nuovo governatore (che avrebbe voluto solo assessori-deputati) – non gli è bastata a salvare il posto. Né l’onore.

Solo un altro intervento dall’alto, quello di Ignazio La Russa, gli avrebbe evitato un brusco licenziamento. Fino all’epilogo, sancito da una fredda nota di Palazzo d’Orleans. Era il 23 gennaio: “Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani ha disposto questo pomeriggio un cambio di deleghe all’interno della giunta regionale: Elvira Amata ricoprirà l’incarico di assessore al Turismo, allo sport e allo spettacolo mentre Francesco Paolo Scarpinato si sposterà all’assessorato dei Beni culturali e dell’identità siciliana”. Tombola. Le magre figure al Turismo non hanno ridimensionato di un’unghia FdI, e Scarpinato ha potuto accogliere con sollievo il trasferimento ai Beni culturali. In una posizione più defilata e più silente, con un’eredità da gestire molto meno ingombrante sia a livello economico che simbolico (cosa volete che sia un patriota all’Identità siciliana dopo il leghista Samonà?).

Una fortuna doppia giacché, a distanza di tempo, l’ex sottufficiale dell’esercito non deve più rispondere delle magagne di chi l’ha preceduto. Tanto meno degli 892 mila euro versati alla VM Agency di Vincenzo Montanelli per aver gestito la comunicazione delle Celebrazioni Belliniane. Hanno dato più soldi a chi è incaricato dei servizi tecnici e promopubblicitari che non ai Teatri, come il Bellini di Catania o il Vittorio Emanuele di Messina, che ogni sera confezionano spettacoli di prim’ordine. Pazienza. Quest’affare non riguarda più lui. Oggi l’assessore Scarpinato promuove la cultura in un’altra forma: qualche giorno fa da Caltanissetta ha annunciato il rinvenimento di alcuni resti dell’età ellenistica, poco prima aveva partorito un laboratorio per la conservazione delle Mura Timoleontee di Gela. Robetta, rispetto alle spese pazze del Turismo.

Eppure, ancora una volta, ha rischiato grosso: una foto con il sindaco di Taormina Cateno De Luca, seguita a un’apertura sulla gestione del Teatro Antico, mandò il solito Schifani su tutte le furie. Il presidente avvisò il presidente dell’Ars Galvagno che se fosse passato l’emendamento di Scateno, vidimato anche dall’assessore, avrebbe aperto una crisi di governo. Dimettendosi. Così non se n’è fatto niente. Anzi, è stato il presidente a riscrivere l’emendamento e a offrire un salvagente all’aula e ai quaranta deputati di centrodestra. Tranne a Scarpinato, che non avendo un seggio in parlamento, è sempre appeso a un filo. Dipende dagli umori del presidente e dalla difesa di Roma. Se i rapporti fra Schifani e il partito della Meloni dovessero incrinarsi una volta per tutte, il nome dell’agnello sacrificale c’è già. Ma che vita è questa, povero assessore…