C’è uno strano punto di contatto, probabilmente non casuale, fra l’ultima polemica di Schifani e i guai che rischiano di “bruciare” Gaetano Galvagno, l’enfant prodige di Fratelli d’Italia. E’ la Fondazione Dragotto, che nel corso di questa legislatura è diventata un interprete attivo della politica siciliana. Il super imprenditore Tommaso, a marzo 2023, era stato nominato per qualche ora presidente dell’Irfis, la “banca” della Regione, salvo poi rinunciare per motivi d’incompatibilità. Mentre la moglie, Marcella Cannariato, è stata nominata nel Consiglio d’Indirizzo del Teatro Massimo di Palermo in quota Regione, cioè da Schifani, nel corso della lunga contesa dell’ente lirico con Lagalla. Ma è in un’altra veste che i Dragotto’s sono finiti al centro delle cronache nelle ultime ore: banalmente per aver organizzato dei concerti…
In Sicilia, quando si accende un palco, l’ombra del potere non tarda a calare. L’ultimo esempio è “Sicily for Life – Gigi & Friends”, doppio concerto di beneficenza firmato da Gigi D’Alessio e la Fondazione Dragotto, andato in scena il 20 e 21 giugno allo stadio “Renzo Barbera” di Palermo. Ospiti di livello, migliaia di spettatori, la vetrina di Canale 5. Il tutto, ufficialmente, per una buona causa: raccogliere fondi per realizzare un poliambulatorio pediatrico a Villa Belmonte, nei locali dell’ex IMI messi a disposizione dal Policlinico Giaccone. Ma mentre sul palco si moltiplicavano gli applausi, dietro le quinte andava in scena un’altra storia.
La Regione, al termine della prima delle due serate, ha diramato una nota al veleno: “Abbiamo concesso spazi e stanziato 500.000 euro per arredi e attrezzature, subordinando tutto alla visibilità del logo della Regione e del Policlinico in ogni evento ufficiale legato al progetto”. Ma al “Barbera”, almeno a giudicare dai racconti della serata, non si è visto nulla di tutto ciò. “Inadempienza contrattuale”, ha denunciato Schifani. Dragotto ha ribattuto: “Sul palco è stata chiaramente nominata la convenzione con l’Assessorato Regionale alla Sanità e con il Policlinico Paolo Giaccone, entrambi espressione di diretto riferimento della Regione Siciliana. Non ravvedo quindi alcuna dimenticanza da parte nostra. Aggiungo inoltre che financo nel mega poster affisso all’ingresso dello stadio Barbera sono presenti ambedue i loghi. Forse sarebbe molto più opportuno per la prossima volta che il presidente Schifani stesse più attento e non lasciasse il concerto molto prima del suo termine”. Schifani ha negato anche questo, precisando di essere rimasto “con discrezione”, evitando le prime file: “Le insinuazioni al riguardo sono fuori luogo e irrispettose”, ha rilanciato il governatore.
Un paio di giorni prima, sempre con Dragotto di mezzo, l’Ars era finita sotto shock. A causa dell’indagine per corruzione ai danni di Gaetano Galvagno. Secondo la Procura di Palermo, il presidente dell’Assemblea avrebbe favorito – attraverso fondi pubblici – due manifestazioni: il magico Natale della Fondazione Dragotto (tenutosi tra Palermo e Catania nel dicembre scorso) con un contributo di 100.000 euro, e una festa musicale sempre a Catania – organizzata da “Puntoeacapo” di Nuccio La Ferlita – per altri 200.000 euro. In cambio, secondo l’accusa, Galvagno avrebbe ottenuto incarichi per due suoi collaboratori: la portavoce Sabrina De Capitani e l’addetto stampa. Oltre a una serie di “utilità”, tra cui la possibilità di usufruire gratuitamente di un’auto a noleggio. L’inchiesta è ancora aperta. La Fondazione, tramite Marcella Cannariato – vicepresidente e moglie dello stesso Dragotto – ha smentito ogni coinvolgimento: “Nessun incarico è mai stato conferito, nessun illecito è stato compiuto”.
Ma prima di questa storiaccia di presunta corruzione, c’erano stati degli altri concerti. E anche questi, per la loro portata economica e per le modalità di affidamento, avevano gettato sulla Sicilia un fascio di luce un po’ sinistra. A partire dal Capodanno di Catania, trasmesso in prima serata su Canale 5 e condotto da Federica Panicucci. Lo spettacolo è costato circa due milioni di euro, interamente a carico della Regione, che ha giustificato la spesa come parte della strategia di promozione turistica (la solita promozione…). Una cifra enorme per poche ore di intrattenimento, affidata con “un avviso rivolto agli operatori televisivi” (ma di fatto dopo aver già aperto un dialogo con Mediaset) e finita nel mirino della stampa, anche a causa di una partecipazione modesta del pubblico dal vivo e di un ritorno tutto da dimostrare.
Ma il caso più grottesco resta quello del concerto di Natale dei tre tenori de Il Volo, andato in onda la sera del 25 dicembre 2024 su Canale 5. Registrato però a fine agosto, in piena estate, nella Valle dei Templi di Agrigento, tra temperature tropicali e pubblico infagottato per esigenze di scena. La Regione ha finanziato l’evento con un milione di euro. Il concerto, che comportò la chiusura temporanea della Valle dei Templi, ha suscitato ironie a livello nazionale: turisti costretti a fingere il Natale a 36 gradi, cappotti prestati dalla produzione, e sudore a fiumi sotto le luci dei riflettori. Il risultato? Uno spot posticcio, con tanta estetica e poca sostanza.
La lista degli eventi col bollino della Regione, in questi ultimi tre anni, è diventata sempre più lunga: anche e soprattutto per l’influenza del metodo-Balilla, che gli assessori al Turismo continuano ad avallare. Eventi presentati come strumenti di promozione, che spesso finiscono per apparire come vetrine per politici, megafoni per fondazioni amiche, spot elettorali mascherati da cultura. Il risultato? Una Sicilia che paga – con i suoi soldi e la sua reputazione – mentre le cronache si ripetono, le inchieste si moltiplicano, e i palchi tornano a essere trampolini per narrazioni che nulla hanno a che vedere con la cultura. Il giorno dopo restano solo manifesti strappati, qualche selfie istituzionale, amicizie in frantumi (come quella tra Schifani e Dragotto) e l’amara sensazione che si sia celebrato più il potere che la musica. In qualche occasione arrivano anche i magistrati, ma questa è un’altra storia.