La minaccia di uno sciopero, il malcontento per la mancanza di dialogo istituzionale, la richiesta – forte e chiara – di dotarsi di una nuova governance. All’aeroporto di Palermo le lancette sembrano tornate indietro di anni. A protestare sono le sigle sindacali e i rappresentanti di Gesap, la società di gestione. Punta Raisi, dopo un periodo particolarmente luminoso, coinciso con la gestione Riggio e l’aumento del numero di passeggeri (oltre che dei collegamenti), sta vivendo una fase di forte regressione, determinata dall’assenza di un Amministratore delegato e di un Direttore generale, ma anche dalla mancanza di segnali certi sulla privatizzazione. A rimuovere un manager ci sono voluti una scaramuccia e un pugno di dichiarazioni a mezzo stampa. Ma per riparare il giocattolo non sembra bastare tutto il tempo del mondo.
Nel corso di un’intervista concessa qualche giorno fa a Repubblica, il sindaco Roberto Lagalla (Città Metropolitana e Comune detengono, insieme, oltre il 70% di Gesap) non ha usato mezzi termini: gli equilibri in seno al Consiglio d’amministrazione non cambieranno almeno fino a Ferragosto. Anche la richiesta di azzeramento proveniente dal presidente della Regione, Renato Schifani, è stata scartata. Il blocco deriva dalle dimissioni di Vito Riggio, indotte dallo stesso Schifani. Il quale, risentito per le dichiarazioni rilasciate dall’ex Ad di Enac sull’abbattimento dell’addizionale comunale per gli aeroporti minori (Trapani su tutti), attaccò a testa bassa la governance, definendola “senza visione”.
Da quel momento il progetto di Riggio, “ingaggiato” proprio per favorire la privatizzazione, è naufragato. Il manager si è dimesso in anticipo, lasciando una posizione vacante. Non è l’unica, giacché uno dei principali motivi di scontro politico (tra Forza Italia e Fratelli d’Italia) era la definizione di una commissione per la nomina del Direttore generale dell’aeroporto (la procedura è in corso). Che deve pendere obbligatoriamente da una parte e dall’altra. Lo scalo “Falcone-Borsellino” non è vittima di statalismo, bensì di un partitismo sfrenato. Di una guerra di poltrone che ha provocato anche lo stop all’assunzione di 46 figure professionali e la promozione di venti dipendenti (perché secondo il presidente della Regione, che non c’entra nulla con il controllo di Gesap, almeno sulla carta, bisogna prima rifare il Cda). Il caos.
Come detto, però, la politica non solo è inadempiente, è anche irresponsabile. “Non abbiamo in questo momento un problema di governance e ritentiamo, insieme con Schifani, che il momento più opportuno per procedere a un’integrazione del Consiglio di amministrazione sia quello in cui sarà varato il bilancio – ha detto qualche giorno fa Lagalla a Repubblica -. Un passaggio che immagino coinciderà con l’avvio delle procedure per la privatizzazione, ricorrendo al libero mercato e alla migliore offerta possibile. Non solo è opportuna, ma è anche prevista dal Piano di riequilibrio del Comune di Palermo. A valle della privatizzazione si porrà il problema di rivedere tutti gli equilibri all’interno del Consiglio di amministrazione. Intorno a Ferragosto. Prima tutto rimarrà com’è”.
I sindacati, che faticano a ottenere un incontro con Lagalla per prospettare tutte le preoccupazioni derivanti da questo stallo, sono passati al contrattacco. Denunciando cose vere: “Gesap ha l’onere di garantire il funzionamento dell’aeroporto, curarne l’immagine, attrarre investimenti ed è, allo stesso tempo, una delle poche aziende a capitale pubblico che produce utili. La sua funzione è strategica per lo sviluppo economico e occupazionale della Sicilia occidentale”. “Proprio per questo – aggiungono – la società non può rimanere priva di un amministratore delegato, specialmente con la stagione estiva ormai iniziata, per logiche di mera spartizione partitica. Serve invece una volontà politica chiara e trasparente che garantisca una governance stabile e all’altezza delle sfide. Alla preoccupante assenza di direzione, si sommano le ragioni profonde che hanno portato alla proclamazione di una terza azione di sciopero per l’11 luglio”.
Ma l’assenza di governance è un vizio di forma che la politica, ultimamente, si porta dietro. A qualche chilometro dal “Falcone-Borsellino”, in via Cusmano, l’Asp soffre dello stesso vulnus: da mesi, quasi quattro, manca un Direttore generale. Cioè il rappresentante legale della più grande azienda sanitaria della Sicilia, nonché la figura che fornisce gli indirizzi, affronta i problemi, impartisce direttive. Dalle dimissioni di Daniela Faraoni, diventata nel frattempo assessore regionale della Salute, non si riesce a individuare un sostituto. Schifani ha partorito la nomina del responsabile di Piazza Ziino in una notte (fra l’altro irritando un pezzo del suo stesso partito, che avrebbe sperato in una ricompensa dopo lo “scippo” dell’assessorato all’Economia), ma in quattro mesi non è riuscito a dare forma ai vertici dell’Asp. Il direttore sanitario non può fare tutto.
Dietro la stasi, anche qui, si nascondono beghe politiche. E il solito duello rusticano tra Forza Italia e Fratelli d’Italia. I patrioti pretendono l’assegnazione di una poltrona importante: si parla di Mario La Rocca alla Pianificazione strategica. Ma il vertice del dipartimento, ancora per qualche mese, sarà occupato da Salvatore Iacolino, fresco di mini proroga (la proposta di allungare il contratto di due anni è stata respinta da FdI). Così, fin quando la situazione non si assesterà, l’Asp – per uno strano (ma neanche tanto) effetto cascata – rischia di rimanere senza una guida certa e autorevole. La Faraoni non è riuscita a individuare un proprio successore. Non glielo permettono. Anche perché la sanità, come gli aeroporti, è un asset di potere non indifferente, su cui tutti vorrebbero mettere le mani.