“La mafia sarà sconfitta da un esercito di maestre elementari”, ha scritto una volta Gesualdo Bufalino, e io, che da bambina prendevo tutto molto sul serio, ho subito pensato avesse ragione. So io com’ero determinata con i larghi occhiali di plastica colorata e i pantaloni di felpa che uscivano da sotto il grembiule, mentre, ricopiando dalla lavagna, trasferivo sulle righe del mio quadernone la Verità con la V maiuscola, e guai a non vederne il nobile cuore di roccia. Le ore dedicate alla mafia erano tra le mie preferite, con i toni epici, il fiorire di cronache sanguinose e non un grammo di retorica rimasto inesplorato; allora, stringendo la penna fino a farmi venire i calli sull’anulare, mettevo sulla pagina uno sguardo sull’età adulta che era più un giuramento per il futuro: onestà, rettitudine, incorruttibilità. Continua a leggere su ilfoglio.it