L’attesa che ci separa dall’attivazione dei dissalatori mobili, prevista per la prossima estate, è colmata, di tanto in tanto, da pessime notizie. L’ultima riguarda Palermo, dove la Cabina di regia per l’emergenza idrica e l’Amministrazione comunale, di concerto con l’Amap, hanno deciso – a far data dal 2 dicembre – di estendere le misure previste dal piano di razionamento ad altre 100 mila persone (150 mila sono quelle già coinvolte da inizio ottobre). Nella speranza che cominci finalmente a piovere – in Sicilia non ci si affida ad altro – si è stabilita “la sospensione dell’alimentazione dei distretti interessati per 24 ore: dalle 8:00 del giorno indicato nel programma alle 8:00 del giorno successivo”. A subire la misura saranno i residenti di undici quartieri, compreso quello di Partanna-Mondello, ma anche la zona di Sferracavallo e Tommaso Natale.

A spiegare la gravità di quanto sta avvenendo, è proprio una nota dell’Amap: “A metà novembre – scrive la società che gestisce l’acquedotto comunale – è stata registrata una riduzione delle riserve superiore al 70% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Anche le rese di sorgenti e corsi d’acqua stanno raggiungendo valori paragonabili ai minimi storici. Le misure di razionamento finora adottate hanno consentito un risparmio medio di circa 65 litri al secondo, contribuendo a spostare in avanti la data in cui si potrebbe verificarsi l’esaurimento delle risorse degli invasi”. Queste misure assumono, pertanto, la valenza di quegli atti interlocutori che servono soltanto a dilatare l’attesa di un pessimo presagio. Tertium non datur.

Le proposte per risolvere l’emergenza idrica risalgono a qualche settimana fa e nessuna si è rivelata decisiva. Si tratta di interventi, previsti dall’ultima manovra-quater, approvata all’Ars, per garantire ristori specialmente agli agricoltori. Ma anche agli enti intermedi per la distribuzione dell’acqua, cioè i Consorzi di Bonifica, cui sono stati destinati 1,5 milioni per progettare gli interventi e 11,5 milioni per manutenzione straordinaria di reti e impianti. Ci sono anche i 20 milioni stanziati da Palazzo Chigi, a seguito della dichiarazione di crisi, che sono stati utilizzati per rattoppare le reti idriche e per scavare nuovi pozzi (laddove non si potevano riattivare i vecchi).

E anche coi dissalatori, dopo aver stabilito che le competenze sono del Commissario nazionale per l’emergenza idrica, Nicola Dell’Acqua, siamo in attesa di evoluzioni concrete. L’unico dato certificato è che serviranno anni per riattivare i vecchi impianti di Gela, Trapani e Porto Empedocle, oggi ridotti a un ammasso di ferraglie. Ce n’è anche un altro che dovrebbe sorgere a Cefalù, per fornire acqua potabile a una popolazione di 300.000 persone. A darne notizia è stato Pietro Tota, country manager per l’Italia della divisione Agua di Acciona, il colosso spagnolo che si occupa di dissalazione: “È un appalto da 37,5 milioni di euro – ha detto a Repubblica – finanziato al 75% dal Pnrr e per il resto da Amap. Si tratta di un impianto da 45 mila metri cubi al giorno per potabilizzare con processi di dissalazione l’acqua salmastra e servire circa 300 mila persone, con una tecnologia che ci permette di recuperare l’85% dell’acqua”.

Per vederlo all’opera si dovrà scollinare il 2026, nel frattempo all’interno dei vecchi impianti in disuso compariranno i dissalatori mobili. Entro giugno l’iter dovrebbe essere completarsi (anche se le quantità d’acqua da dissalare saranno nettamente inferiori a quelle garantite da impianti standard). Fra le altre misure (sporadiche) adottate dalla Regione, c’è anche il trasferimento dell’acqua dalla diga Gammauta, nel Palermitano, al lago Castello che rifornisce il comprensorio agrigentino ad uso irriguo e potabile. E’ quanto stabilito da un’ordinanza del Commissario regionale per l’emergenza idrica, Dario Cartabellotta, allo scopo di “garantire il corretto approvvigionamento idrico del territorio e salvaguardare così le produzioni agricole della zona, a partire da Ribera e Bivona”.

L’acqua è contesa pure nell’entroterra siciliano, tra le province di Enna e Caltanissetta: a fare gola sono le ultime gocce del lago Ancipa, dove, da qualche settimana, è iniziato il distacco – parziale – di alcuni comuni che se ne servono in maniera non esclusiva. Altri, come Troina e Nicosia, ne dipendono in maniera totale. Venendo meno quella forma di “sostentamento”, il rischio è rimanere all’asciutto e affidarsi alle autobotti. Sulle condizioni dell’Ancipa è tornato a disquisire Davide Faraone, capogruppo alla Camera di Italia Viva, che, negli ultimi 18 giorni, segnala “l’abbassamento del livello” dell’acqua “di almeno quattro, cinque metri”. “La condizione – scrive Faraone, mostrando una foto a corredo – è sempre più allarmante per i comuni che attingono l’acqua soltanto da questo invaso. Oltre all’inerzia dei mesi passati il governo guidato da Renato Schifani ci ha regalato anche l’incapacità delle ultime settimane, quando, anziché attivare rapidamente nuovi pozzi per i comuni che avevano altre fonti di approvvigionamento, hanno quasi prosciugato il lago e adesso la situazione è allarmante. Mentre a Palazzo d’Orleans giocano ai vertici di maggioranza, i cittadini restano senz’acqua e loro sono senza vergogna”.

Il Movimento della Difesa dei Territori, nato a seguito della vertenza Ancipa, è persino più diretto: “La diga ha i giorni contati, tra poco non verrà erogata più acqua e i comuni che non hanno alternative (Nicosia, Troina, Gagliano, Cerami e Sperlinga) a secco. Nessuno sta facendo in modo che venga garantita la riserva per i cinque comuni Ancipa-dipendenti. Né il Prefetto di Enna, che rappresenta lo Stato e dovrebbe tutelare i cittadini della nostra provincia, né la Cabina di Regia, capitanata dall’ing. Cocina, che avrebbe dovuto gestire questa crisi idrica e garantirci una riserva per arrivare a febbraio, ne l’Autorità di Bacino, responsabile del corretto utilizzo delle acque idropotabili, né tantomeno Siciliacque che gestisce l’invaso”.

“Andiamo incontro – scrivono – ad un inverno senza acqua corrente, saranno allestiti punti di distribuzione e i cittadini con una card avranno diritto ad una trentina di litri d’acqua al giorno… niente”. Ma non si è tenuto conto di un altro importante fattore: “L’acqua fredda in inverno non può essere utilizzata per lavarsi o per lavare a mano stoviglie e biancheria quindi andrà riscaldata sul fuoco come ai primi del 900, oppure come nei territori di guerra, e in fondo (con i dovuti distinguo) ci siamo quasi: già mancano i servizi, le strade sono mulattiere, l’acqua viene razionata da oltre 5 mesi, ci voleva un inverno senza acqua calda”. Questo è il quadro desolante in un novembre che passerà alla storia, forse, come il meno piovoso di sempre. La Sicilia è un’Isola circondata dall’acqua, ma nel suo cuore pulsa il deserto, che in maniera inesorabile s’è quasi preso tutto.