La svolta che serve alla Lega

Da sinistra, il segretario della Lega Matteo Salvini assieme al deputato nazionale di Modica, Nino Minardo

La prestazione insufficiente della Lega nelle regioni del Sud non ha colto di sorpresa Nino Minardo: “Anzi, è la conferma di ciò che ho sempre pensato”. Cioè, cosa? “Che non siamo sufficientemente radicati”. Il 9,57% in Puglia, addirittura il 5,56% in Campania. I numeri sono allarmanti. Ed è un esercizio abbastanza sterile provare a confrontarli con quelli di cinque anni prima, quando il Carroccio era tutta un’altra roba. Nel frattempo è cambiato il mondo e Matteo Salvini, con il suo appeal comunicativo, è riuscito a vendere il “prodotto” anche nelle aree del Paese più impensabili. Come la Sicilia, dove la Lega, alle ultime Europee, ha sfondato il 20%. Difficile prevedere la stessa sorte fra due domeniche per le Amministrative: “Temo che le difficoltà possano ripresentarsi – ammette Minardo, deputato nazionale di Modica –. Nelle realtà locali non si vince col voto d’opinione, che è spesso legato al carisma del leader. Ci si misura con le preferenze e coi nomi presenti all’interno di una lista. Su questo dobbiamo lavorarci”.

Altrimenti finirete peggio del Movimento 5 Stelle. In Campania è passato dal 50 al 10% in un paio d’anni. Come si fa a diventare attrattivi sul territorio?

“La classe dirigente deve essere riconoscibile e portatrice di consensi, ovviamente in modo sano. Ma ha bisogno di tempo per radicarsi. E qui mi ricollego a un’idea a cui sono molto affezionato: le federazioni coi movimenti territoriali. Quando feci questa proposta, qualche mese fa, speravo che i primi germogli li vedessimo per le Amministrative. Proprio per evitare quanto successo lunedì”.

Qualcuno in Sicilia ha commesso degli errori?

“Il mio obiettivo non è puntare il dito. La Sicilia, più di altri, continua a registrare un consenso ampio di questi movimenti. Soprattutto alle Regionali e alle Amministrative. Stringere accordi ci avrebbe permesso di avviare un percorso politico di più larghe vedute e rendere il centrodestra più compatto. Purtroppo non è accaduto. Ma la Lega non c’entra. Nella maggior parte dei casi, l’unità della coalizione e i percorsi federativi sono stati inficiati dalle incertezze altrui”.

Ad Agrigento avete interrotto la discussione con gli autonomisti. E Musumeci non vi ha mai risposto ufficialmente. Progetto accantonato?

“Neanche per scherzo. Penso che il futuro della Lega in Sicilia passi da una stretta collaborazione con i movimenti locali. E resto fedele pure a un altro principio: cioè che bisogna partecipare per vincere, e non soltanto per competere. Solo una vittoria ti dà l’opportunità di mettere in pratica il buongoverno e di far crescere la tua classe dirigente come fosse un vivaio”.

Cosa manca alla vostra?

“Nel gruppo della Lega ho trovato gente in gamba e militanti che danno l’anima. Dobbiamo crescere quantitativamente, badando sempre alla qualità. Vede, io ho una mentalità aperta e inclusiva. Credo che all’esterno ci percepiscano, sbagliando, come un partito troppo selettivo”.

Qual è il suo modello di buongoverno?

“Zaia in Veneto ha stravinto perché ha governato bene. E’ una persona che nella fase dell’emergenza, spesso in controtendenza col governo nazionale, si è assunto dei rischi e ha avuto ragione. Si è assunto delle responsabilità enormi e la gente l’ha premiato. Se invece ci si limita ad alzare la voce, venendo meno all’atto pratico, i cittadini se ne accorgono. Non sono scemi”.

Le piacerebbe un Zaia siciliano?

“L’unica cosa che mi importa, in questa fase, è il desiderio della Lega di crescere e radicarsi, di offrire una proposta e un modello di Sicilia diversa sul piano del governo locale. Fatta di sostanza, pragmatismo, fiscalità di vantaggio, tutela dell’agricoltura di qualità. Questo deve essere l’imprinting, i nomi vengono dopo”.

Lei che è un parlamentare nazionale, non teme che questo “taglio” finisca per danneggiare soprattutto voi? Cos’ha votato al referendum?

“In Parlamento avevo votato sì perché c’era l’impegno a inserire la riduzione di deputati e senatori in un contesto di riforma dell’intero sistema: dai regolamenti parlamentari alla legge elettorale, con una particolare attenzione alla rappresentanza dei territori. Cosa che puntualmente non è avvenuta: per questo ho votato “no”. Una riforma concepita in questo modo è dannosa per la democrazia”.

Perché?

“Partiamo da un presupposto: poiché saranno meno, il ruolo dei parlamentari sarà rafforzato, visto che dovranno rappresentare un territorio più ampio. In assenza di una nuova legge elettorale, però, aumenterà il peso delle segreterie di partito. Inoltre, le province come Ragusa, Enna o Siracusa difficilmente potranno avere rappresentanti. I territori più grossi fagociteranno quelli più piccoli. Per questo è dannoso. Spero che il tempo che ci separa dalle elezioni verrà utilizzato al meglio per riformare la legge elettorale e garantire a tutti una degna rappresentanza”.

Cosa ha fatto tendere gli italiani verso il “sì”?

“Il sentimento di non apprezzamento per la classe politica. Ciò è dovuto in parte al malessere della collettività, e in parte all’operato di qualche partito, come il Movimento 5 Stelle, che ha fomentato la rabbia per anni e ha fatto del populismo la propria bandiera”.

I dati suggeriscono che questa forma di populismo è diffusa al Sud più che al Nord.

“E’ un dato di fatto. Ma a difesa dei cittadini, bisogna dire che a questo elemento contribuisce l’assenza di risultati concreti da parte della politica. Al Nord – l’esempio di Zaia è emblematico – la politica riesce a dare delle risposte. Al Sud un po’ meno”.

Musumeci, da qualche settimana, batte lo stesso tasto: i migranti.  Vi fa piacere o siete convinti anche voi della Lega che i problemi sono altri?

“E’ chiaro che quello dei migranti non è l’unico problema della Sicilia, e neanche il più importante. Ma è una questione di per sé grave. Il fatto che il presidente della Regione abbia deciso di alzare la voce e far valere le ragioni dei siciliani, che sono sacrosante, mi trova d’accordo. Adesso serve individuare le soluzioni. Non ci si può limitare a protestare per l’arrivo di una nave, altrimenti non servirà a nulla”.

Come l’ordinanza sulla chiusura dei porti e sullo sgombero degli hotspot.

“E’ stata un’operazione condivisibile. Ma il limite delle competenze è imposto per Legge e nemmeno un presidente di Regione può scavalcarlo”.

Fra le tante emergenze che tengono al palo la Sicilia c’è quella economica, a cui la Finanziaria – tuttora congelata – non riesce a sopperire. E’ possibile che una “manovra di guerra” si riduca a un ritardo così esagerato?

“Questa notizia si commenta da sé. Sembra quasi che l’emergenza in Sicilia non sia mai iniziata… Non è ammissibile. Auspico che si trovi un rimedio in modo celere, ma temo che i danni veri legati al Covid li vedremo dall’autunno in poi. Venivamo da un periodo difficile sul piano economico, sanitario e psicologico, e l’estate ha rappresentato un momento d’ossigeno. I prossimi mesi ci presenteranno il conto. Se non si troverà il modo di sostenere l’economia della nostra Regione rischiamo il disastro”.

La Lega ha reclutato Tuccio D’Urso, ex dirigente generale, per moderare una tavola rotonda sull’Energia a Catania. Ci sarà spazio per lui anche in politica? E’ un profilo su cui potreste investire?

“Il fatto che un tecnico venga invitato a moderare una tavola rotonda su un tema che conosce, non fosse altro perché ha lavorato tanti anni in quell’ambito, non lo vedo come motivo di reclutamento. Non sono a conoscenza di altri tipi di coinvolgimento sul piano politico o partitico: altre considerazioni sarebbero superflue”.

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