Hanno smesso di guardarsi in cagnesco e di diffidare l’uno dell’altro. Ora Renato Schifani e Roberto Lagalla marciano uniti e compatti verso il raddoppio. Sia il presidente della Regione che il sindaco di Palermo sostengono all’unisono che, concluso nel 2027 il primo mandato, avranno bisogno di una nuova investitura. Dicono che cinque anni non gli bastano e che per incidere in maniera concreta e fattiva nella realtà che amministrano – una realtà ovviamente difficile – è necessario arrivare quantomeno al 2032. La domanda sorge spontanea: cosa è stato fatto di buono a Palermo o alla Regione che merita un bis?
Lagalla potrebbe raddoppiare l’immondo bordello costruito all’interno di via Maqueda o il degrado che mortifica il Cassaro o il sudiciume che regna davanti al Teatro Massimo o la violenza che corre dalla Vucciria e arriva fino allo Zen. Mentre Schifani potrebbe raddoppiare la sua permanenza a Palazzo d’Orleans per consentire a Gaetano Galvagno e a Elvira Amata di moltiplicare gli scandali; per dilatare ulteriormente i favori e i privilegi concessi al suo cerchio magico; o per aumentare il numero di incarichi e affidamenti diretti con i quali foraggia i pagnottisti di fiducia, quelli che dietro scrosciante moneta assicurano al presidente e alla cerchia del presidente interviste docili e addomesticate, senza strappi né domande sgradevoli.
Diciamolo. In tre anni Lagalla e Schifani hanno amministrato prevalentemente potere e clientele. Di riforme nemmeno l’ombra. Il sindaco si è appuntata sul petto una sola medaglietta: avere eliminato le bare accatastate in un capannone del cimitero dei Rotoli. E Schifani non lascia altro merito alla storia della Sicilia se non quello di avere avviato le procedure per la realizzazione, in tempi molto futuri, di due termovalorizzatori. Per il resto solo mance. Anche per l’opposizione. Mentre la sanità, come tutto il sottogoverno regionale, prosegue la sua catastrofica deriva: l’Asp di Palermo è senza guida ormai da sette mesi, il “118” è allo sfascio, i pronto soccorso sono un disastro, le liste d’attesa si ingigantiscono a dismisura, alcuni reparti di ospedale fanno addirittura rabbrividire. Una deriva che colpisce persino sui due aeroporti principali dell’Isola, quello di Catania e quello di Palermo, che pur vantando un mercato tale da ingolosire i privati, vengono sistematicamente appesantiti dalle ingordigie politiche e dalle trame di un opaco partito degli affari sempre in agguato nel retrobottega dei palazzi.
Vogliamo pure raddoppiare questi ritardi, queste inefficienze e queste indecenze? Per la sanità abbiamo già dato. Abbiamo concesso il bis ai cosiddetti tecnici: è uscito il cartonato di Giovanna Volo ed è entrata Daniela Faraoni, una statua di gesso che non si capisce bene a chi risponde, se a Schifani o al leghista Sammartino oppure a se stessa.
Cos’altro resta da raddoppiare? Gli sprechi, le arroganze, i rancori, i corrivi. O le scene da avanspettacolo, come i settori dell’Asp chiamati dal governatore per verificare se i cornetti della sala vip di Punta Raisi erano freschi di giornata.