Per comprendere le profonde ragioni per le quali il governo di Giorgia Meloni dura e, addirittura nei sondaggi il suo partito cresce rispetto a tre anni fa, bisogna, al solito, abbandonare la cronaca e la politologia e immergersi nella storia della psicologia e dell’antropologia degli italiani.

E partire dal dire che essi sono esattamente l’opposto di come li descriveva Luigi Einaudi, in un fondo del Corriere della Sera del 2 marzo 1961, significativamente intitolato “Gli italiani sono per lo più socialisti e non lo sanno”. Benché bisogna sapere che, per il grande economista ed ex presidente della Repubblica, persino Alcide De Gasperi era sospetto di “socialismo”, la realtà è che gli italiani sono “per lo più” di destra e non lo sanno.

Non lo sanno davvero: sono talmente di destra che questa stessa parola è stata per decenni rimossa dal linguaggio politico dell’Italia repubblicana. Nessuno, a parte il Msi, ma solo a partire da quello del “fascismo in doppiopetto” di Arturo Michelini, osava definirsi di “destra” e anche quando, nel 1994, Silvio Berlusconi sdoganò la parola, vi antepose sempre la parola “centro”, lui stesso del resto mai si definì di “destra”, probabilmente perché, diversamente da Meloni, non lo era.

Basti pensare che, dal 1945 a oggi, l’Italia non ha mai sperimentato, diversamente da tutti i paesi della Ue, governi di coalizione di sinistra, ma sempre eventualmente di centro-sinistra, oltre che, va da sé, di centro-destra e, oggi, di destra. E che, tra tutti i numerosi presidenti del Consiglio, solo tre, Bettino Craxi, Giuliano Amato e Massimo D’Alema, peraltro diventati tali per (nobilissimi) accordi di coalizione, erano esponenti di forze di sinistra di matrice socialista – Romano Prodi, Enrico Letta, Matteo Renzi erano di cultura politica democristiana, mentre Paolo Gentiloni si era formato tra i radicali e i verdi. Quanto a Giuseppe Conte, neppure lui sa esattamente cosa vuole fingere di essere. Continua su Huffington Post