Per quanto altro tempo l’Assemblea regionale siciliana potrà crogiolarsi nella sua palude? L’attività dell’aula era lenta prima che lo scandalo per corruzione travolgesse Galvagno, il suo “cerchio magico”, e l’assessore al Turismo Elvira Amata. Ma adesso che persino l’opposizione ha sfruttato l’assist, tramutando l’immobilismo dell’attività di governo in ostruzionismo parlamentare, la paralisi sembra davvero inevitabile.
A determinarla sono, ovviamente, più fattori: primo fra tutti, il fatto che a presiedere Sala d’Ercole sia rimasto un presidente totalmente delegittimato dalle notizie che ogni giorno affollano le cronache: dall’utilizzo spregiudicato dell’auto blu per l’acquisto di patatine e kebab, passando alle “utilità” per quelli del suo cerchio magico o anche per se stesso (come la fruizione gratuita di auto a noleggio, abiti sartoriali, biglietti per i concerti e abbonamenti in palestra). Di fronte alla tempesta perfetta, però, Galvagno continua a condurre le sedute parlamentari. Ma non ha, e non può più avere, l’appeal diplomatico dei mesi scorsi, quando riusciva a tessere la tela perfetta e recapitare con metodo i finanziamenti, tanto ai deputati di maggioranza quanto a quelli di opposizione.
Con l’esclusione delle mance dalle prossime variazioni di Bilancio, l’arte del compromesso ha subito una battuta d’arresto: così Galvagno ha dovuto ripiegare su Sinner che vince il torneo di Wimbledon, o sul festino della Santuzza che lo esalta quasi quanto la ricorrenza di Sant’Alfio, di cui si dice devoto. A questo è ridotta la politica siciliana: a trovare occasioni per intrufolarcisi con una comunicazione spicciola, che faccia dimenticare – almeno per un attimo – gli scandali di cui sono piene le intercettazioni dei Finanzieri. Neppure la rinuncia all’auto blu – un sintomo di colpevolezza più che un’assunzione di responsabilità – può salvare il presidente del parlamento.
La perdita di autorità e di autorevolezza da parte di Galvagno ha tolto all’Ars un riferimento certo, ma non l’ingordigia con cui i deputati guardano a ogni sessione finanziaria. Il fatto che Schifani abbia proposto un testo “blindato”, che punti su “sostegno alla crescita dell’economia, investimenti su infrastrutture, su spesa sociale e sanitaria e contrasto alle emergenze del territorio”, non è stato gradito dai deputati, che avrebbero voluto sfruttare a pieno l’occasione per dirottare nuovi piccioli sui collegi elettorali di provenienza. Persino Cateno De Luca, prima oppositore e poi stampella del centrodestra, è tornato timidamente a ringhiare: “Il gruppo parlamentare Sud chiama Nord presenterà anche emendamenti per far fronte a specifiche esigenze del territorio come ha sempre fatto e come è giusto fare. Aspetto al passo tutti i moderni Savonarola per confrontarmi alla luce del sole in Parlamento”.
Il confronto potrebbe slittare parecchio, forse anche a settembre; dalla maggioranza filtra pessimismo. E’ difficile congegnare una manovra, ancorché mini, in queste condizioni. I deputati di centrodestra non sono disposti ad annuire di fronte alle richieste del presidente della Regione senza avere nulla in cambio. E Schifani, forte dell’arroganza che non ha mai nascosto, non sembra affatto voler recedere dai suoi piani: “Chiedo alla mia maggioranza di muoversi su questi tre temi, anche a livello territoriale. Al contrario, non ci sarà spazio per microinterventi e mance. Mi sono impegnato in questo senso col governo nazionale e con l’opinione pubblica”, ha detto al Giornale di Sicilia. Schifani, però, intende andare dritto anche sulla revisione della rete ospedaliera, nonostante le proposte dell’assessore Faraoni, illustrate in tutte le province siciliane, siano state accolte ovunque da sonori sberleffi (per la predilezione verso alcuni presidi: vedi Paternò) e critiche feroci.
Questo modus operandi sicuramente non facilita il lavoro del governo, tanto meno quello dell’Assemblea. Schifani avrebbe dovuto dare almeno un segnale e la Procura, con l’avviso di conclusioni indagini nei confronti dell’assessore Amata (indagata per corruzione), gliel’aveva servito su un piatto d’argento. Ma niente. Il governatore, per la fedeltà e devozione nei confronti dei patrioti, si ostina a lasciare il turismo nelle mani della corrente turistica di Fratelli d’Italia. E non pensa neppure al cambio di delega – sarebbe il secondo, dopo l’avvicendamento con Scarpinato – a meno che non arrivino indicazioni in tal senso da La Russa e Meloni.
Anche l’opposizione, per certi versi complice, si scompone e si frammenta. E mentre appaiono del tutto inattuabili le richieste di La Vardera e della Sinistra (che spingono per le dimissioni dei due presidenti), ha già attecchito la protesta di M5s e Pd davanti a Palazzo dei Normanni. Non perché godesse di chissà quale respiro, ma perché, certamente, appare più praticabile. Cioè la paralisi: “Noi – spiega il capogruppo dei Cinque Stelle, Antonio De Luca – stiamo svolgendo il nostro ruolo nell’interesse dei siciliani e chiediamo con vigore che il presidente Schifani venga in Aula per avviare un dibattito sugli scandali di Turismo e Sanità, sui quali continua a fare orecchie da mercante a dispetto di tutto e tutti e nonostante le nostre reiterate richieste di venire a riferire in Parlamento che vanno avanti da anni”.
Finché Schifani non farà un cenno d’apertura, magari presentandosi a Sala d’Ercole e uscendone incensato come già accadde a Galvagno (ci pensi presidente: non sarebbe malvagia come idea…), tutte le leggi e le leggine, compresa quella sui Consorzi di bonifica, finiranno stritolate nella morsa dei 70 deputati: da un lato per i mal di pancia del centrodestra, dall’altro per l’istinto di sopravvivenza del centrosinistra. A tutti interessa che questa pagina nera vada avanti il più possibile. Ma che ne sanno i siciliani…