Quello in foto è il ponte San Bartolomeo, crollato per la furia dell’acqua, la notte fra il 10 e l’11 dicembre scorso. Un uomo, sul ciglio del dirupo, si è salvato per miracolo. Questa immagine rappresenta purtroppo la cartina da tornasole di un 2021 che a livello infrastrutturale, nonostante gli sforzi, fa segnare un ritardo imponente della Sicilia rispetto al resto del Paese. La Regione, nei prossimi giorni, dovrà individuare una soluzione alternativa e ricostituire, con un ponte bailey o una passerella provvisoria, il collegamento fra Castellamare del Golfo e Alcamo Marina. In un comprensorio che d’estate interessa circa 150 mila persone. La vicenda andrà gestita assieme all’Anas, dato che il comune di Castellamare, co-proprietario del viadotto, non ha soldi da investire. Il “ponte sostitutivo” dovrebbe sorgere prima dell’estate. Ma in un’Isola dove tutto va a rilento, nessun risultato è dato per scontato.

Per fotografare meglio la situazione basta un esempio per tutti. Il tratto dell’autostrada A18, la Catania-Messina, nei pressi di Letojanni. Ci potreste mai credere, se non ve lo raccontassero di continuo, che a distanza di oltre sei anni la viabilità non è stata ripristinata? La frana è stata rimossa, ma “è un lavoro complesso – ha spiegato in una recente intervista il direttore generale del Cas, Salvatore Mainaldi -. Prima si è perso del tempo per via del consolidamento del costone che rendeva pericoloso operare sotto una montagna che ha una frana attiva, adesso si sta facendo la costruzione della galleria. Il 2022 sarà l’anno del completamento dei lavori”. Sempre che non sorgano nuovi imprevisti. Come, ad esempio, la vicenda giudiziaria che si è abbattuta sul titolare della Sgromo Costruzioni, cioè l’impresa che sta procedendo ai lavori. Sebastiano Sgromo è stato accusato di avere commesso una serie di reati nell’interesse di una cosca della ‘ndrangheta. Così la struttura commissariale per il contrasto del rischio idrogeologico, che si occupando dell’intervento di ripristino assieme alla Protezione civile regionale, ha deciso di rescindere il contratto. Chi si occuperà, pertanto, del completamento dell’autostrada? In attesa di risolvere l’intricata questione il cantiere prosegue, pur in assenza dei requisiti previsti dal Codice degli Appalti.

Nell’anno del Pnrr, che dovrebbe sbloccare gli investimenti (specie) sulla rete ferroviaria, un’altra autostrada spera di vedere la luce. Si tratta della Ragusa-Catania: 68 chilometri complessivi di cui si parla da almeno trent’anni. E che nessuno è mai riuscito a realizzare. E’ l’arteria che permetterebbe il collegamento fra due delle realtà economiche più frizzanti dell’Isola, e a una di esse (Ragusa) di uscire da un isolamento atavico, che solo le recenti inaugurazioni sulla Siracusa-Gela (nel 2022 dovrebbe arrivare a Modica) hanno proiettato nel ‘mondo reale’. L’ultimo passo compiuto alla vigilia di Natale è stato lo stanziamento di ulteriori 284 milioni da parte del Ministero delle Infrastrutture, che fanno salire il costo dell’opera a un miliardo circa. Dopo la ‘guerra’ ai privati del gruppo Bonsignore e l’acquisizione del progetto da parte di Anac (che comporta l’abolizione del pedaggio) era un atto dovuto. Nonostante le 117 prescrizioni, i pareri ci sono tutti.

Ma non c’è ancora la gara d’appalto, la cui pubblicazione era stata annunciata per l’ultimo dell’anno. Qualcosa non fila: i 217 milioni promessi l’estate scorsa dalla Regione, infatti, sembrano aver preso un’altra direzione. Lo denuncia il sottosegretario alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri: “Purtroppo la promessa di mandare l’opera in gara entro questo anno non potrà realizzarsi. Il governo regionale ha sostituito 217 milioni di fondi Poc con 217 milioni di fondi non noti. Questo ha significato la modifica del quadro economico dell’opera e l’ulteriore passaggio dal CIPE, nell’attesa che la Regione fornisca tutti i chiarimenti sui fondi e la loro effettiva esistenza. Il presidente Musumeci, che è commissario di quest’opera con poteri straordinari, potrebbe mandare in gara almeno 3 dei 4 lotti in progetto ma non lo fa. Questa volta non ci sto all’indifferenza e alla superficialità del governo regionale e del Presidente (ricordo anche commissario) Musumeci che per l’ennesima volta scappa di fronte alle responsabilità e agli impegni”.

Netta la replica dell’interessato: “Lo scorso 22 dicembre l’Anas avrebbe dovuto approvare il progetto della Ragusa-Catania per consentire al sottoscritto, commissario dell’opera, di indire la gara. Diversamente da quanto pattuito, invece, il vecchio Cda dell’azienda di Stato, utilizzando il pretesto che la delibera Cipess del 3 novembre 2021 – che confermava lo stanziamento da 217 milioni di euro della Regione – non risultava ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale, decideva di rinviare tutto all’insediamento del nuovo Cda. Dunque, delle due l’una: o Cancelleri sconosce i fatti – e prima di parlare dovrebbe aggiornarsi per evitare magre figure – oppure è in malafede. La stessa nuova governance Anas, infatti, ha confermato che il rinvio è avvenuto per una decisione squisitamente politica del vecchio Cda. Non appena l’Anas approverà il progetto, la Regione lo manderà in gara senza alcun indugio”. L’affidamento dei lavori e la posa della prima pietra dovrebbero avvenire – ma a questo punto è d’obbligo il condizionale – l’estate prossima. Per il completamento della superstrada (limite di velocità fissato a 110 km/h), però, passeranno altri quattro anni.

Nel 2022, per una regione che pensa di abolire il gap col resto d’Italia, sarebbe prioritario risolvere le mille grane che attanagliano il sistema autostradale. Partendo con il completamento dei tanti cantieri che funestano la Palermo-Catania, dove è in corso (però) un piano di manutenzione complessivo da 850 milioni di euro, in capo all’Anac. Gridano vendetta anche la situazione della Palermo-Messina e della Catania-Messina, dove al netto della frana di Letojanni, la situazione è tutt’altro che rosea: viadotti sequestrati dalla procura, piloni arrugginiti, restringimenti, buche in serie e allagamenti costanti. Entrambe le arterie, che saranno ripavimentate nel 2022, sono gestite dall’ex Cas, oggi Autostrade Siciliane. Che ha appena cominciato i lavori per la realizzazione di un bypass sul viadotto Ritiro, in territorio di Messina, che ridurrà da 10 a 3 km il doppio senso di circolazione. Il vanto dell’assessore ai Trasporti Marco Falcone, invece, è la Siracusa-Gela: “Per la prima volta nella storia, l’ultima provincia di Sicilia senza autostrade, quella di Ragusa, è stata connessa proprio in questi anni alla nostra rete. Nel 2018, fra Rosolini e Modica, c’erano solo mezzi abbandonati e una grande lacerazione per il territorio. Abbiamo ripreso, completato e aperto al traffico il nuovo tratto ragusano dell’autostrada, fino a Ispica. Nel 2022 vogliamo giungere a Modica”.

Più traumatica la situazione della viabilità secondaria, sempre più falcidiata dall’assenza di competenze (ahi ahi, le province), dalle mancate opere di manutenzione e dai ritardi sull’individuazione di una struttura commissariale che se ne occupi. Il sottosegretario Cancelleri, invece, ha puntato al rilancio della Statale 640, che mette in comunicazione i territori di Caltanissetta e di Agrigento. Il 16 dicembre è stato demolito il vecchio viadotto San Giuliano: “Ora – ha spiegato Cancelleri – facciamo spazio alla ricostruzione del nuovo viadotto. Entro il 2021 avremo tutti i soldi disponibili. Grazie al progetto esecutivo di ricostruzione potremo già nel prossimo anno procedere alle determinazioni di Anas per la ricostruzione. La Sicilia ha bisogno di risultati, di riscatto, di normalità. Due anni fa questo cantiere era fermo e le imprese coinvolte nel concordato fallimentare della CMC rischiavano di fallire. Oggi i lavori procedono con ritmo spedito”. L’altro chiodo fisso è la Statale 121, la Palermo-Agrigento, che qualche settimana fa è stata invasa dal fango, in territorio di Roccapalumba, ed è stata chiusa per qualche ora dall’Anas. L’obiettivo del sottosegretario è consegnare l’opera al più presto, anche se l’obiettivo di farlo a dicembre 2021 è andato in fumo.

Presentato il quadro stradale e autostradale, merita un mini dossier anche la vicenda ferrovie. Nel corso della conferenza stampa di ieri a palazzo d’Orleans, Musumeci ha rimarcato le accuse: “La condizione delle ferrovie in Sicilia è lo specchio di oltre 40 anni di vergognoso abbandono da parte dei governi che si sono alternati a Roma. In materia di dotazione infrastrutturale c’è stata una latitanza dei governi nazionali”. Il 2021 passerà alla storia per la presa in giro del Frecciabianca, un treno spacciato per nuovo (ma già obsoleto nelle regioni del Nord) che raggiunge a malapena i 160 km/h di velocità. Senza voler tornare sulla polemica (nei primi 8 giorni di monitoraggio ha accumulato 441 minuti di ritardo), si punta tutto sul raddoppio della tratta fra Palermo e Catania, che drena buona parte delle risorse del Pnrr.

Qualche giorno fa è stato appaltato il lotto Dittaino-Enna, “che rappresenta il secondo troncone dei lavori di ammodernamento della ferrovia fra le due aree metropolitane più grandi di Sicilia”, ha detto l’assessore Falcone. Si tratta di uno dei sei lotti in cui è diviso l’ammodernamento dell’itinerario Pa-Ct, di cui è già in costruzione il lotto 6 Bicocca-Catenanuova, fra le province di Catania ed Enna. “Confidiamo adesso – prosegue Falcone – in una svolta all’insegna della celerità per la Rete ferroviaria italiana, con l’impegno del commissario straordinario Filippo Palazzo, per aggiudicare i lavori entro la primavera e vedere partire i lavori entro settembre 2022. Ma certo, per raggiungere gli obiettivi posti dal Pnrr servirà un effettivo cambio di passo da parte delle grandi aziende di Stato come Fs e Anas e una radicale discontinuità nelle normative per snellire al massimo il lungo calvario burocratico a cui oggi è sottoposta ogni opera pubblica in Italia”.

L’alta velocità nella tratta fra Palermo e Catania richiede un investimento complessivo da 8,6 miliardi, che entro il 2026 (il condizionale è d’obbligo) dovrebbe portare i treni fino a una velocità massima di 200 km/h. Fuori dalle risorse del Recovery Plan, e comunque entro il 2022, è previsto inoltre l’avvio di un cantiere atteso da una decina d’anni, quando una frana interruppe le comunicazioni fra Palermo e Trapani via Milo. Il commissario di Rfi ha approvato il progetto definitivo dell’opera, del valore di 150 milioni di euro, a cui si aggiungerà l’ulteriore intervento da 70 milioni per l’elettrificazione della linea. Un altro pezzo del puzzle che riguarda l’alta velocità resta il Ponte sullo Stretto. Il sogno di una notte di mezza estate, coltivato da (quasi) tutti i governi negli ultimi quarant’anni, resta in vita. Il Ministero delle Infrastrutture ha investito 50 milioni in uno studio di fattibilità che dovrebbe aggiornare oneri e onori di una realizzazione mai vista prima (per costi e per lunghezza). Quella del Ponte è una favola accattivante e illusoria che resiste al tempo e alla politica. Ai soldi già spesi e ai contenziosi ancora aperti. Il 2022 non farà alcuna differenza.