Le anime belle che si accaniscono su Totò

Il leader nazionale della Democrazia Cristiana ed ex presidente della Regione, Totò Cuffaro (foto Mike Palazzotto)

Meno male che c’è Cuffaro. Infatti basta chiudere in un ghetto lui con tutti i suoi 140 mila voti e sulla politica torna subito a splendere il sol dell’avvenire, della legalità, della trasparenza, e soprattutto della lotta senza quartiere ai boss e ai picciotti di Cosa Nostra. I partiti arruolano i vecchi cacicchi del mercato clientelare e i pettoruti tromboni senza più un voto, si incapricciano per Lorenzo Cesa e corteggiano Raffaele Lombardo, ma davanti alla Dc di Totò Cuffaro hanno tutti la puzzetta sotto il naso. Si arricciano e si contraggono i blasonati professionisti dell’antimafia, come Caterina Chinnici, che non hanno mai pronunciato una parola contro lo scandalo della sanità, contro lo strapotere del Bullo e dei pagnottisti di Palazzo d’Orleans o contro le scelleratezze di See Sicily ad opera del Balilla e di un gerarca superiore, ancora ben nascosto dietro le quinte del malaffare. Si ergono a paladini dell’onestà-tà-tà persino i portaordini di Matteo Renzi e di Carlo Calenda che nel settembre del 2022 hanno candidato alla presidenza della Regione un opaco e callido avvocato d’affari, consulente privilegiato, manco a dirlo, di due avventurieri della finanza come Stefano Ricucci e Ezio Bigotti. E si impanca addirittura a maestrina di tutti noi anche Daniela Santanché che, pur avendo sulla testa due macigni giudiziari grandi quanto una casa, sbarca in Sicilia per impartire le sue lezioncine sulla moralità e sulla consunta giaculatoria della politica al servizio del cittadino. Ma Cuffaro no. Lui non può salire sulla giostra elettorale. Non ha la purezza necessaria e si porta ancora addosso il cattivo odore della storiaccia che lo ha accostato alla mafia. Anche se ha scontato la sua pena, anche se ha saldato dignitosamente il suo conto con la giustizia, anche se i giudici lo hanno riabilitato senza alcuna riserva. No, lui deve restare impiccato, per tutta la vita, all’albero della gogna. Esposto giorno e notte al ludibrio e agli sputacchiamenti delle anime belle. Lo ha stabilito quel particolare sinedrio che è il Tribunale Invisibile dell’Ipocrisia.

Giuseppe Maria Del Basto :

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