Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti incassa i complimenti di Christine Lagarde, che lo indica persino come modello ai francesi alle prese con i conti pubblici, e fa i conti con la Bce e con i mercati. Il vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini, invece, fa i conti con i sondaggi, segue l’agenda elettorale e si affida ai consigli economici di Claudio Durigon. L’uno misura i decimali del pil, l’altro i decimali del gradimento. L’uno guarda i rendimenti dei titoli di stato, l’altro le ricerche su Google Trends. Stanno nello stesso governo, siedono allo stesso tavolo, ma parlano due lingue diverse. Ieri pomeriggio, per dire, si è tenuta una riunione, voluta da Salvini, con un obiettivo preciso: cucinare un pacchetto di proposte economiche della Lega da esibire almeno fino alle elezioni regionali. Perché al segretario servono scorte da dispensa. A lui servono riforme sottovuoto pronte da scaldare ai comizi. Sicché bisogna proprio immaginarseli insieme, Salvini e Giorgetti, ieri, riuniti con gli altri dirigenti della Lega, come due coinquilini che dividono la stessa cucina. Il primo riempie la lista della spesa con ogni genere di pietanza, il secondo lo lascia fare, tanto poi ai fornelli dell’Economia ci sta lui con Giorgia Meloni. Sul tavolo, infatti, il cuoco Salvini ha servito il solito menù della casa. Antipasto di pace fiscale “definitiva” (che torna sempre, come gli avanzi in frigo), primo di flat tax al 15 per cento fumante, secondo di cartelle esattoriali rottamate alla griglia, contorno di banche spremute per i loro extraprofitti (con la differenza che Salvini immagina quei miliardi per regalare un gelato e un buffetto a tutti mentre il ministro dell’Economia pensa a rattoppare i conti pubblici). E per chiudere il pasto, l’immancabile digestivo: autonomia e federalismo fiscale. Continua su ilfoglio.it