Scorrendo il dizionario dell’emergenza con cui da mesi si dimena la politica italiana, è tornata di moda una parola: razzismo. Badate bene, trattasi di un sentimento che non ha mai abbandonato la scena, ma di recente è rimasto sullo sfondo, a fare da comprimario a termini abusati quali “migranti”, “accoglienza”, “sbarchi”, “ong”. Tutta farina del sacco gialloverde, che in cima alla sua agenda di governo ha imposto un controllo serrato delle frontiere e uno stop agli ingressi migratori. Scelte.

Il “razzismo”, però, si sviluppa su base più ampia, si annida nelle comunità, affolla teste de-pensanti. Da sempre e per sempre. E scatena violenza. Altrimenti non staremmo qui a parlare del caso-Partinico e di un operaio 34enne che ha trovato un diversivo a una birretta: dare la caccia a un senegalese di 19 anni, pestandolo. Ad Aprilia, in provincia di Latina, c’è addirittura scappato il morto: un 43enne marocchino spinto fuoristrada (e poi picchiato?) da un paio di italiani che adesso passeranno guai. L’ultima aggressione a Moncalieri, ai danni di un’atleta di 22 anni, italiana, che adesso mette in dubbio la sua partecipazione agli Europei di Berlino.

Può apparire quasi una coincidenza, ma il razzismo e i suoi episodi – purtroppo senza tempo – esplodono in tutta la loro forza persuasiva ora che il sipario sulle carrette del mare si è un attimo abbassato. Tanto da costringere il ministro Salvini, fra un selfie l’altro sulla riviera romagnola, a ribadire con un lancio Facebook che la ong si turno si è allontanata dalle coste libiche ma se ne torna in Spagna a mani vuote. Bene, come colmare questa vacatio? Come sopperire all’assenza di una Open Arms o di una Aquarius qualunque? A una Josefa soccorsa in mare ormai stremata? Con gli episodi di razzismo. Deprecabili, ignoranti, pessimi.

Ma utilizzati e strumentalizzati da certa politica di sinistra che ha bisogno di riscoprirsi tale: la difesa degli ultimi, la solidarietà, la giustizia sociale. Tutti temi sacrosanti, tirati fuori da cassetti impolverati quando non ti resta altro da dire. O hai perso troppo tempo a non dire nulla. E’ così che l’interessamento diventa propaganda. E il moltiplicatore delle accuse all’avversario politico si rivela l’unico strumento per riemergere dall’anonimato (parlamentare e politico). Idem con patate sul fronte opposto. Fare finta che non esista alcun razzismo, equivale a chiudere gli occhi volutamente e negare un problema atavico. Tipico della storia dell’uomo. Fare finta che ci sia in atto la più grande “invasione” migratoria di ogni epoca equivale a mentire, avvinghiandosi al populismo per far salire il consenso, strumentalizzando anche in questo caso.

Tutti in politica provano a fare il loro gioco. A tirare acqua al proprio mulino. Ma il cinismo sulla pelle degli altri è quanto di più detestabile i nostri governanti (presenti, passati e, ahinoi, futuri) potranno regalarci.