La difficile gestione dell’emergenza comincia ad annebbiare il cervello al governo e  a Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio è finito nel mirino della stampa per il messaggio consegnato ieri sera alla nazione dopo un’ora di snervante attesa. E per di più via social, costringendo le televisioni a collegarsi a Facebook, la piattaforma di Zuckerberg, per trasmetterlo. Passi per il “mezzo”, è difficile capire l’utilità di un messaggio alle 23.40 di sabato sera. Soprattutto alla luce di un provvedimento che entrerà in vigore soltanto lunedì mattina e di cui non sono noti gli allegati. Se l’intento del premier è quello di non allarmare gli italiani – già impanicati per il bollettino da guerra che ogni pomeriggio alle 18 la Protezione civile trasmette nelle loro case – l’obiettivo è stato clamorosamente mancato.

A far notare a Conte questa feroce mancanza di sensibilità nei confronti di un Paese in quarantena da due settimane è stata Dagospia, che parla di “un premier in bambola” e di “un governo allo sbando: dopo più di un’ora di estenuante attesa (la dichiarazione era prevista per le 22.30), con il Paese che va nel panico attaccato al Tg 1, Giuseppe Conte partorisce il topolino: “Abbiamo deciso di chiudere nell’intero territorio nazionale ogni attività produttiva che non sia essenziale”. E poi: vi pare normale che la tv di Stato debba connettersi a Facebook, un’azienda privata americana, per una così importante dichiarazione del premier”. L’annuncio di una diretta Facebook, ovviamente, ha portato le principali reti generaliste a collegarsi con un’edizione straordinaria, che così straordinaria non era: “Senza giornalisti tra i piedi e col parlamento chiuso, siamo ancora in democrazia”.

Critico anche il direttore del Tg di La 7, Enrico Mentana: “Non può essere tutto comunicazione. Se un governo decide di bloccare la gran parte delle attività produttive, prima stende il provvedimento, poi dirama un comunicato stampa con gli elementi essenziali, da quando è in vigore lo stop e fino a quando, quali settori riguarda e quali invece no e perché. Poi, e solo dopo, arriva il discorso del premier, che spiega perché si assumono decisioni così gravi, cosa c’entrano con la lotta contro il contagio, e tutte le belle frasi che abbiamo ascoltato, per poi essere bersagliati (noi, perché il premier non ha voluto domande) dai quesiti di chi chiedeva se la sua attività sia essenziale o no… Aggiungo: ora si viene a sapere che le misure entreranno in vigore solo lunedì. E allora che bisogno c’era di questa comunicazione emozionale a reti unificate?”.

Sull’affaire Conte-Facebook, si è pronunciato pure Giorgio Mulé, ex direttore di Panorama e portavoce di Forza Italia per Camera e Senato: “La forma, come la comunicazione, è sostanza in tempi di emergenza, per non dire in tempi di guerra. Il momento straordinario che vive il Paese tra ansia, paura, vite perse o stravolte ed eroi in trincea non prevede approssimazione o smanie di protagonismo da parte del governo, al pari di dirette Facebook posticipate a tarda notte – mentre l’Italia è angosciata – per annunciare misure restrittive mai viste prima per imprese, lavoratori e famiglie. Servono statisti che rassicurino: prima si scrive il decreto, poi si divulga un comunicato con dati certi e definiti, infine si parla a reti unificate alla Nazione accettando che i giornalisti facciano le opportune domande per ottenere i chiarimenti. Del decreto annunciato nottetempo non c’è ancora traccia: è l’ennesimo pasticcio inaccettabile”. Ettore Rosato, coordinatore nazionale di Italia Viva, è sulla stessa linea di pensiero: “Chiediamo una comunicazione istituzionale e rigorosa. Dirette Facebook e senza domande hanno stancato, questa è una drammatica epidemia e non il Grande Fratello”.

La stessa visione di Alessandro De Angelis, vice-direttore dell’Huffington Post: “Niccolò Machiavelli diceva che se devi fare una “crudeltà” bisogna farla tutta insieme e subito, è il bene che va distribuito un po’ alla volta. La dolorosa ma necessaria “crudeltà” di rinunciare alla libertà per arginare il contagio va somministrata tutta assieme, spiegata, appellandosi alla generosità e all’intelligenza degli italiani che non sono un popolo di buoi in attesa, davanti alla tv della prossima puntata del quiz notturno “ti levo la corsa o ti levo spesa?”. Ciò che può essere normale in tempi normali, su questo o quel provvedimento, diventa semplicemente sconcertante nell’ora più buia della Repubblica e su una materia così delicata. Ma rivela al tempo stesso l’essenza culturale con cui questa crisi è gestita a palazzo Chigi. Non l’ossessione di guidare una catena di comando certa, rispettosa di uno stile e di una prassi istituzionale, ma l’ossessione del Grande Fratello, per cui conta il format e più la situazione si avvolge su se stessa più si gioca con questo format, fino al punto in cui, come appare evidente, si smarrisce il rapporto col paese ed è il format a controllare te, e non viceversa”.

Il governo incassa anche su un altro fronte. Quello che riguarda il ministro Francesco Boccia, che ieri si è presentato in conferenza stampa, alla Protezione Civile, con una mascherina appesa all’orecchio. E insolitamente sorridente, visti gli eventi drammatici. “Questa è la mascherina che utilizziamo noi che non andiamo in ospedale”, ha detto Boccia in apertura, rimarcando la distanza con l’assessore lombardo alla Sanità, Giulio Gallera, che aveva parlato di “mascherine di carta igienica”. “Bastava guardarle per capire che sono erano idonee, sono state tutte ritirate. Non vanno bene per medici e infermieri”, aveva tuonato Gallera.

Quella di Boccia – ieri – è parsa una provocazione. A Matteo Renzi addirittura una pagliacciata: “Fare ironia sulle mascherine è assurdo, un atteggiamento indegno delle nostre istituzioni – ha detto su Instagram l’ex premier – A maggior ragione dopo ciò che sta accadendo sulle mascherine dalla Lombardia alla Sicilia e dopo le giuste proteste di Fontana e Musumeci. La mancanza di protezioni è concausa del contagio più inaccettabile, quello del personale sanitario: medici e infermieri. Italia Viva presenterà una interrogazione parlamentare e un question time per sapere cosa sta facendo da settimane la protezione civile proprio sull’acquisto delle mascherine. Come funziona la direzione acquisti, quanto personale sta lavorando su questo settore strategico, che strategie di prevenzione sono state attivate? Serve trasparenza, servono risposte. Sulle mascherine non c’è niente da ridere: spero che chi lo ha fatto si scusi. In ogni caso noi chiediamo che il Parlamento faccia il proprio lavoro e sia messo in condizione di operare per controllare chi governa. Come mai questo ritardo nelle mascherine? Sicuri che sia un argomento sul quale fare sorrisi e ironie?”

In tanti, sul fronte politico, hanno chiesto una “punizione” esemplare per Boccia. A partire da Carlo Calenda, ex ministro allo Sviluppo e leader di Azione, passando per il vicepresidente del Senato, il leghista Calderoli: “Un ministro che in conferenza stampa fa lo show ridendo con la mascherina a metà viso nel giorno in cui l’Italia ha il picco di 627 morti e supera i 4000 decessi è indegno della sua carica. Conte lo cacci”.