Ma quale cultura e cultura. Ciò che conta è il potere. L’Ateneo di Catania – 40 indagati, di cui 10 sospesi dal servizio per effetto di un’ordinanza interdittiva del giudice – si sveglia più arido. E senza qualcuno che lo traghetti fuori dall’inferno. Sia il rettore Francesco Basile, 64 anni, che il suo prorettore, Giancarlo Magnano di San Lio, sono fuori gioco. Stessa sorte per l’ex Magnifico, Giacomo Pignataro. Gli indagati di punta, per i quali era stata richiesta la misura cautelare degli arresti domiciliari (respinta dal Gip) sono accusati di associazione per delinquere, e, a vario titolo, di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falsità ideologica e materiale, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio e truffa aggravata. Vi pare poco?

Il Ministro Bussetti, in segno di discontinuità, potrebbe nominare un commissario per evitare la lunga trafila della successione, ed evitare così un nuovo iter elettorale di fronte alla sospensione – e non alla decadenza – dei vertici accademici (lo statuto va interpretato). Ma non basterà a lavare la vergogna. Questa è una storia di soli cattivi. Non esistono i buoni. Ce n’è uno, forse inconsapevole, che nel 2015 comincia a vuotare il sacco. Si tratta di Lucio Maggio, che si reca in procura per denunciare una situazione del tutto personale: la revoca dell’incarico di direttore generale dell’Ateneo da parte di Giacomo Pignataro, l’ex rettore. Sembra un “regolamento di conti” come tanti. Ma è in quel momento che nella Procura si insinua un dubbio: ma se questa università fosse davvero un magna-magna per pochi convitati? I telefoni vengono messi sotto controllo.

Sicuramente a Catania ci sapevano fare. E avevano organizzato tutto nei dettagli, compresa la staffetta fra Pignataro e Basile, nel 2016, a capo dell’Università. Uno dei passaggi di consegne più silenti e democratici della storia, senza guerre intestine. La legittimazione di Basile fu un plebiscito: oltre un migliaio di voti a dispetto dei 300 e rotti del suo sfidante, Enrico Foti. Elezione raggiunta al primo turno, con la possibilità di comporre il Cda sulla base delle indicazioni lasciate in eredità da Pignataro, aggiungendo qua e là qualche incarico per i suoi “prescelti”. Quelli di Basile, s’intende. “Abbiamo votato con i pizzini, nel peggiore sistema democristiano” si lascia scappare Uccio Barone riferendosi alla scelta dei membri del Consiglio. I toni colorati dell’ex direttore del dipartimento di Politiche Sociali, storico di origini modicane, sono una costante nelle carte dell’inchiesta.

Che ci fosse continuità amministrativa, e di metodo, fra Basile e Pignataro emerge soprattutto dalle intercettazioni della Digos, che svelano la metafora calcistica e accomodante di quest’ultimo: “Se in una squadra di calcio il capitano si fa male, la squadra continua giocare con gli stessi giocatori e la fascia di capitano la prende un altro, perché è ovvio che se c’è un altro che deve prendere la fascia di capitano…”. Il modus operandi di natura criminale ottiene la conferma nel giorno dell’insediamento del nuovo rettore, che chiede al vecchio se l’ufficio, teatro delle cose più indicibile e delle decisioni più incestuose, è stato bonificato dalle cimici. Erano pressoché certi che qualcuno li spiasse. L’obiettivo dei “baroni” era rendere l’università una vera élite. Lo spiega Basile, intercettato: “L’università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta di élite culturale della città perché fino ad adesso sono sempre quelle le famiglie”. Nessuno ci metta il becco. Chi ci provava sarebbe finito “schiacciato”, per usare un’espressione cara a Uccio Barone, che parlando con uno dei candidati alla vittoria di un concorso, lo definiva “bello tosto perché ci sono 10 domande, con sette idonei (…) Quindi ci vuole la preselezione… io le sparo alcuni nomi ma ora mi faccio dare l’elenco tutto… e vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare!”.

Funzionava così e tutti sapevano. Ma si appellavano al primo emendamento della cerchia: sbottare solo se in silenzio. Altrimenti si finiva male. Nel corso della conferenza stampa, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha spiegato che “le violazioni venivano punite con ritardi nella progressione di carriera o con esclusioni da ogni valutazione oggettiva del curriculum scientifico di chi non si era comportato così come preteso dal potente di turno”. Nessuno voleva mettersi contro il “capo”. Nessuno ha il coraggio di contraddire Basile per non subire a proprie spese la legge del contrappasso. Eppure qualcuno si arrabbia. Il professor Gallo, direttore del dipartimento di Matematica, lo definisce un “vecchio delinquente”. “Oggi mi ha fatto girare le scatole” dice Gallo, in riferimento alla prevaricazione messa in atto dal magnifico rettore nei suoi confronti, per favorire “uno che gli devo fare il concorso. Gli ho detto ‘Io glielo faccio il concorso, ma questo viene dopo molto altri. Chiami tutti i concorsi per gli altri e io glielo faccio’”.

A proposito dei concorsi: quelli truccati sono 27 (ma si indaga su altre 97 procedure). Ognuno di essi, nel linguaggio massonico (ma esplicito) utilizzato dalla cerchia dei “baroni”, prendeva il nome di colui che sarebbe risultato il vincitore, l’assegnatario finale. “Quello di Libra non è chiuso – risponde Drago, il direttore del Dipartimento di Medicina, su domanda diretta di Basile -. Devo fare un intervento su Mariano perché ha obbligato la sorella, ritengo, a presentarsi al concorso di Libra senza speranza. Gli ho detto ‘Scusami Lucia, insomma, questo è il concorso di Massimo non è che hai speranza’”.

Parlare di merito è da ingenui. Vincono sempre gli amici. Chi provava a candidarsi senza i requisiti di cui sopra, finiva nel tritacarne, spesso oggetto di ritorsioni. Sono quelli che il pm ha definito “metodi paramafiosi” (ha parlato anche di “squallide nefandezze”). Nelle commissioni esaminatrici, in cui si conferivano gli assegni, le borse e i dottorati di ricerca, o si decideva per l’assunzione del personale, per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo, per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti, venivano chiamati a presenziare professori di altri atenei (ce ne sono 20, indagati, da tutta Italia). Con la promessa di non interferire e attenersi al codice d’onore della cupola. Mentre, in realtà, avrebbero dovuto garantire l’esatto contrario: terzietà e assenza di condizionamenti.

Nel registro degli indagati, per non farsi mancare nulla, è finito persino l’ex procuratore di Catania, Enzo D’Agata, che ebbe a interessarsi a una cattedra di professore associato per la figlia Velia, nel settore di Anatomia del dipartimento di Scienze biomediche, lo stesso diretto dall’illustrissimo prof. Drago. Una piccola raccomandazione, d’altronde, non si nega a nessuno. Soprattutto se sei figlio dell’élite, di quella grande famiglia allargata da cui recinti non si esce. Noi siamo noi, e voi non siete un c… avrebbe detto il Marchese del Grillo.

BUSSETTI: “SE FURONO TRUCCATI, ANNULLEREMO I CONCORSI”

“Se tra gli indagati ci sono dei colpevoli, sarà la magistratura ad appurarlo. Tuttavia il Ministero non starà a guardare. Certamente si costituirà parte civile per chiedere il risarcimento dei danni ai professori di cui verrà accertata la responsabilità. Non faremo sconti a nessuno”. Così, dopo l’inchiesta di Catania sui concorsi universitari, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti parla – in un’intervista al Messaggero – delle azioni che il Miur metterà in atto per “tutelare la nostra università” e “le migliaia di persone che quotidianamente ci lavorano onestamente”. Ritiene anche necessaria “una proposta politica e legislativa che metta in sicurezza il mondo universitario, il reclutamento e il collocamento dei docenti. Ci stiamo già lavorando. Spero di riuscire ad annunciarla molto presto”.

E’ cauto con i giudizi: “Si tratta, al momento, soltanto di indagati. Occorre ovviamente attendere le decisioni definitive dei giudici. Ma anche qualora risultassero colpevoli, ciò non sarebbe sufficiente ad infangare il lavoro di tutti”. Qualora ci fossero dei concorsi che risultassero truccati, saranno annullati – spiega -. Il nostro ordinamento ha tutti gli strumenti per consentire il ripristino della legalità violata” e “abbiamo immediatamente richiesto alla Procura di Catania di fornirci la lista completa dei nomi dei docenti coinvolti nell’indagine penale. E procederemo conseguentemente a sospenderli non solo dalle commissioni di concorso, ma da qualsiasi eventuale rapporto di collaborazione in essere con il Miur”.