Il direttore del Biondo non si vede

Dicono lunedì prossimo, primo aprile. E se non è un «pesce», il nome del direttore artistico del Teatro Biondo in quella data dovrebbe venir fuori. Scosso da un lieve e breve  fremito dalla condizione di “rigor mortis” che lo attanaglia da tre mesi, il Consiglio d’amministrazione dello Stabile di Palermo potrebbe tirar su, come un mago dal cilindro, l’uomo di teatro che dovrebbe succedere a Roberto Alajmo (che difficilmente potrebbe essere Alajmo stesso, pur avendo l’ex direttore e giornalista Rai, tornato da alcune settimane alla sua scrivania nella redazione di viale Strasburgo, presentato la propria candidatura al bando pubblicato alla fine dello scorso anno).

La nebbia pare ancora fitta però sia intorno alle voglie legalitarie del Cda che vorrebbe pescare tra i 12 artisti che si sono accreditati presentando le proprie referenze, che ai “desiderata” della politica regionale e comunale, Musumeci e Orlando, per intendersi. Peregrina appare l’ipotesi di trovare un accordo su un «doppio incarico», di nominare cioè un consulente artistico (in questo caso un alito di vento dice ancora Andò, ben visto a Palazzo delle Aquile) da affiancare ad una direzione amministrativa e tecnica di cui potrebbe farsi carico l’attuale vicedirettore rimasto in sella, Mauro Lo Monaco, uomo di contabilità e operatività. Peregrina anche nell’altro caso, quello di un tandem catanese che si è da sempre voluto raffigurare nel binomio Torrisi-Dipasquale, gradito stavolta a Palazzo d’Orléans. A meno che non spuntasse a sorpresa, dal cappello a cilindro di Gianni Puglisi e dei suoi convitati, un outsider del quale però non si riesce a vedere finora non tanto una sbiadita fisionomia ma nemmeno un fuoco fatuo come per il papà di Amleto.

Di anime, d’altronde, all’interno del teatro se ne agitano moltissime, in una pena che raramente s’è vissuta tra velluti, legni e scrivanie di via Roma: la considerazione comune è che si sia preso (e perso) tempo (e che se ne voglia prendere e perdere ancora ma l’ipotesi primo aprile smentirebbe questa tesi) perché nessuno saprebbe in realtà come venire fuori dall’impasse, nessuno vorrebbe dispiacere a questo o a quell’altro socio istituzionale, ognuno dei quali  porta avanti i suoi protégé, nessuno insomma vorrebbe scottarsi le mani togliendo agli altri dal fuoco la castagna «direttore artistico», la più rovente fino ad ora oltre a quella della liquidità dei conti.

Ai lavoratori del Biondo hanno intanto accreditato gli stipendi. Almeno quelli sono arrivati: le buste paga di gennaio e febbraio sono arrivate sui tavoli, entro una settimana dovrebbe materializzarsi quella di marzo. Una quaresima – quella 2019 – cominciata anzitempo, per i quaranta o poco più dipendenti dello Stabile che da inizio anno si erano trovati a fare acrobazie nel bilancio familiare. I primi due stipendi dell’anno nuovo sono arrivati però con una sorpresa poco gradita: la decurtazione immediata delle spese legali sostenute per la causa aziendale – persa – sul rinnovo dell’integrativo, bloccato da 5 anni. Altra «grana» che spetterà sbrogliare al nuovo direttore.

La stagione intanto continua, si fa fronte all’ordinaria amministrazione ma le incertezze sul futuro prossimo – in primis su una testa pensante che possa traghettare il teatro in buona posizione fra quelli pubblici nazionali – provocano malumori e sonni agitati.

Totò Rizzo :

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