All’articolo 1 la riforma sui rifiuti è già sprofondata nel caos. E ha aperto uno squarcio, assai pericoloso, nel rapporto fra il governo Musumeci e il parlamento siciliano. Il ricorso al voto segreto ha fatto imbestialire il presidente della Regione, che ha lanciato strali contro maggioranza e opposizione. Nel tritacarne è finito anche Giampiero Trizzino, deputato del Movimento 5 Stelle e membro della commissione Territorio e Ambiente, che assieme al suo gruppo – non più tardi di martedì – aveva proposto di far tornare il testo in commissione. Sala d’Ercole ha bocciato la proposta, il Movimento si è irrigidito (come il Pd), e l’utilizzo del voto segreto ha fatto esplodere le contraddizioni di un’aula che Musumeci – senza numeri (erano assenti in sei) – non ha mai saputo approcciare. Giusy Savarino, presidente della IV Commissione, si è detta “schifata” per il comportamento dei colleghi: “Avremmo dovuto votare i primi cinque articoli, ma Pd e Cinque Stelle si sono rimangiati la parola data 24 ore prima. Sono irresponsabili, inaffidabili e vanagloriosi”.

Trizzino, perché era così importante il ritorno del testo in commissione?

“Il governo aveva già presentato 40 emendamenti di riscrittura. Su un testo di una quarantina di articoli, significa stravolgere la norma. Il luogo in cui si elabora un testo è la commissione legislativa di merito. Farlo nella stanza di Musumeci, piuttosto che in aula, l’abbiamo reputata una scelta sbagliata. Ieri è successo l’inferno”.

Musumeci però vi aveva invitati a un confronto bilaterale.

“Se questa richiesta fosse arrivata prima, saremmo stati lieti di accoglierla. Da parte nostra non c’è mai stato ostruzionismo. Fra l’altro lo abbiamo più volte invitato in commissione, ma lui non è mai venuto”.

C’è un contributo del Movimento 5 Stelle a questa norma?

“E’ determinante. Alcuni articoli del nostro disegno di legge sono finiti in quello del governo come emendamenti, e sono stati approvati. Alcune parti sono state letteralmente trasfuse”.

Perché non l’approvate allora? Secondo la Savarino, solo per la vanità di affossare il governo.

“Perché la base di partenza è lenta e farraginosa. La nostra impostazione era molto diversa. Ad esempio sugli ambiti, che per loro coincidono alle province e per noi no”.

Ci spieghi questo aspetto. Perché le nuove autorità d’ambito non debbono coincidere con il territorio delle ex province? Non è una forma di semplificazione a livello di governance?

“Secondo un’economia di scala, ogni ambito rappresenta un territorio con il suo fabbisogno. Ma per avere contezza del fabbisogno serve un piano dei rifiuti. Solo dopo aver fatto i calcoli con un algoritmo si riesce a individuare quanto è grande il mio ambito. E’ uno studio semplice, applicato a tutti i settori dell’economia dell’ambiente. Ma Musumeci si è fissato con questa storia della divisione geopolitica. E le dico un’altra cosa…”.

Prego.

“Le normative comunitarie dicono che ogni ambito deve funzionare secondo il principio di prossimità, cioè che la monnezza di Palermo muore a Palermo e non si può portarla altrove. Ma, ad esempio, la discarica di Cozzo Vuturo, ad Enna, ha una capacità di quattro volte superiore rispetto ai rifiuti prodotti da quelle parti. E’ normale che ne arrivino da fuori. Ecco che il governo ha previsto la possibilità di fare impianti comuni fra due ambiti, tradendo il principio di prossimità. Da un lato sostieni che sono autosufficienti, dall’altro stabilisci che non lo sono e li legittimi, in caso di emergenza o di interessi particolari ad agire come hanno sempre fatto”.

Fuori da palazzo dei Normanni c’è una enorme aspettativa sul tema della monnezza. Ma a quanto pare non sarà questa riforma a cambiare le cose.

“Infatti, non c’entra nulla con i rifiuti. Anche Musumeci, nella sua relazione di martedì, si sbagliava. Col dovuto rispetto istituzionale, gli ho spiegato che tutto il discorso fatto in aula era legato al piano dei rifiuti. Il piano stabilisce come si conferiscono i rifiuti negli impianti, in parole povere si riferisce alla monnezza per strada. Non c’entra niente con la riforma in senso stretto, che invece si occupa di governance”.

Perché gli si è data tanta rilevanza?

“E’ la stessa cosa che ho chiesto a Musumeci: perché vuole questa legge? L’idea che mi sono fatto è che lui voglia mettere delle bandierine, per dire di aver fatto quello che a Crocetta non è riuscito. Che lui intanto ci ha provato e che se il sistema non funziona le colpe vanno ricercate altrove”.

L’ultima legge di riforma, però, è un po’ datata: risale al 2010.

“La legge 9 del 2010 non è una brutta legge e potrebbe funzionare. Solo che ci sono commissari conniventi che non hanno fatto il loro lavoro. Che, anziché assumere il personale degli ex Ato, hanno assunto amici di amici, e non hanno fatto il passaggio di proprietà degli impianti pubblici dalle Ato alle Srr. Per far funzionare il sistema, non bisogna cambiare la legge, ma prendere questi commissari e metterli alla porta. Invece Musumeci ne ha addirittura confermati alcuni. Tra l’altro nelle norme transitorie, è previsto che nelle more che si avvii il nuovo sistema i commissari delle Srr diventano commissari delle Ada. Le stesse persone che hanno determinato il fallimento restano nei posti di comando”.

Il piano dei rifiuti che fine ha fatto?

“Ha avuto le osservazioni – abbastanza negative – del Ministero dell’Ambiente. Il governo sta rispondendo a queste osservazioni ed è stata avviata la valutazione ambientale strategica. In teoria le divergenze dovrebbero essere appianate. Ma di più, al momento, non ci è dato sapere”.

Nella riforma, c’è anche una questione legata al personale. Sembra obiettivo di tutta l’aula garantire i livelli occupazionali nel passaggio dalle Srr alle Ada.

“Ma non puoi garantire la salvaguardia dei livelli occupazionale per undicimila persone. Tutti, ad eccezione di un 15% che ha già fatto un concorso, dovrà sostenere una selezione pubblica. Qualsiasi corsia preferenziale dovesse uscire dall’aula, o qualsiasi norma che dista da questo percorso, verrebbe dichiarata incostituzionale il giorno dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale. Se, invece, lasciavi il sistema com’era – non che ci piacesse – i lavoratori che entravano nelle Srr potevano proseguire nei nuovi soggetti che avevano la stessa natura giuridica. Ma ce lo vede lei un sessantenne alle prese con un concorso, oggi?”.

La vostra perplessità riguarda anche l’enorme massa debitoria, circa 2 miliardi di euro, che resterebbe sul groppone alle nuove Ada.

“I comuni si sono indebitati perché anziché pagare i creditori facevano altro. E così si è creata una massa debitoria enorme. C’è una sentenza del Tar dell’anno scorso che attribuisce la responsabilità di queste somme non ai comuni, ma alle Ato, che sono soggetti giuridici a parte. Ma siccome le Ato rispondono alla Regione, la responsabilità giuridica è della Regione. E i due miliardi li deve pagare la Regione. Il disegno di legge, però, non prevede neanche 10 centesimi come stanziamento. Se non si crea un capitolo di bilancio di almeno un miliardo per colmare questa passività, si creeranno dei nuovi soggetti giuridici – le Ada – con un debito gigantesco che non permetterà loro di camminare”.

Oppure i comuni potrebbero rivalersi gravando ulteriormente sulla Tari…

“Guardi, io già pago 500 euro di Tari l’anno a Palermo. Vogliamo arrivare a mille per un servizio che non esiste?”.

C’è anche un capitolo relativo agli impianti. Come si fa a bloccare gli interessi delle lobby private che su questo mercato continuano a proliferare?

“Con le discariche pubbliche. Se mettessero a regime tutti gli impianti di compostaggio, e dico tutti, dato che l’umido è il 40% dei rifiuti, si potrebbe dimezzare il business privato. Ma ciò non avviene perché alcuni commissari delle ex Ato non hanno fatto il passaggio di proprietà alle Srr. L’altro giorno ho consegnato al procuratore di Enna una denuncia chiedendogli di indagare sui motivi per i quali non è avvenuto. Ci sono impianti che dovrebbero essere attivi da nove anni e invece non hanno mai funzionato”.

Da martedì cosa succederà in aula?

“Questa legge non piace a molti. E, come si è visto ieri , il voto segreto rischia di giocare un ruolo fondamentale. Ci si gioca molto sull’articolo 35, quello relativo al personale. Dovesse saltare, la legge è azzoppata”.

MUSUMECI AVVERTE: “RIMUOVERE IL VOTO SEGRETO”
“Il governo regionale non andrà più in Aula fino a quando non sarà abrogato il voto segreto. Ho già chiesto ai rappresentanti del centrodestra nella Commissione regolamento all’Ars di richiedere la formale convocazione dell’organo per procedere di conseguenza. Ho già anticipato la volontà del governo al presidente del Parlamento Miccichè”. Lo dichiara, in una nota, il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci.