Nuovo sviluppo nell’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella, l’ex presidente della Regione Sicilia e fratello del presidente della Repubblica, assassinato il 6 gennaio 1980. La Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Palermo ha notificato la misura degli arresti domiciliari a Filippo Piritore, 75 anni, ex funzionario della Squadra Mobile del capoluogo ed ex prefetto.

L’uomo è accusato di aver depistato le indagini sull’omicidio. Secondo l’accusa, interrogato dai pm di Palermo sul guanto rinvenuto il giorno del delitto a bordo della Fiat 127 usata dai killer — mai repertato né sequestrato — Piritore avrebbe “reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro, con cui ha contribuito a sviare le indagini funzionali (anche) al rinvenimento del guanto (mai ritrovato)”. “Filippo Piritore – scrivono i magistrati – consegnatario del guanto sin dal momento del suo ritrovamento, pose in essere un’attività che ne fece disperdere ogni traccia”.

Per i pm, l’attività di depistaggio “iniziò probabilmente a partire dall’intervento sul luogo di ritrovamento della Fiat 127, ove indusse la Polizia scientifica a consegnargli il guanto, sottraendolo al regolare repertamento e contrariamente a ciò che di norma avveniva in tali circostanze”.

Secondo gli inquirenti, Piritore “non solo si prestò, all’epoca dell’omicidio, ad assumere comportamenti che portarono alla definitiva dispersione di un bene essenziale per l’individuazione degli autori del delitto, ma, perfino in epoca recente e a distanza di circa 40 anni dai fatti, ha proseguito imperterrito a sviare le indagini attraverso false dichiarazioni; e ciò travalicando la mera esigenza di salvaguardare la propria posizione”.

“In sostanza – aggiungono i magistrati – Piritore ha dimostrato di essere portatore, dal 1980 e fino ad ora, di interessi chiaramente contrari all’accertamento della verità sull’omicidio del presidente Mattarella, interessi che prescindono dalla sua personale situazione ma riguardano un più ampio e imperscrutabile contesto che già nella immediatezza del delitto indusse perfino taluni appartenenti alle istituzioni a intervenire per deviare il naturale corso degli accertamenti”.

Nell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex prefetto emerge anche il nome dell’ex 007 Bruno Contrada, arrestato nel 1992 per concorso esterno in associazione mafiosa. All’epoca dei fatti Contrada era dirigente della Squadra Mobile. “Già da allora avevano un legame (con Piritore, ndr) che ben travalicava il rapporto professionale”, scrivono i magistrati. Gli inquirenti citano inoltre un appunto nell’agenda di Contrada del 1980, datato 2 marzo: “Ore 18 dr. Piritore battesimo”. Secondo i pm, “Contrada aveva partecipato al battesimo della figlia del funzionario”.

Interrogato dai magistrati della procura palermitana, il 25 giugno 2024, Piero Grasso, che all’epoca del delitto Mattarella era il sostituto procuratore titolare delle indagini, ha affermato di non avere mai chiesto o ricevuto il guanto né alcuna notizia in proposito da parte della polizia giudiziaria. A smentire Filippo Piritore è anche l’agente della Scientifica Di Natale che ha escluso di avere mai ricevuto il reperto da recapitare a Grasso.

“Ritengo anomala la consegna diretta a uno di noi – ha detto ai pm – Del resto, la mia funzione era quella di dattiloscopista, facevo i confronti e non uscivo mai dal laboratorio”. Il 17 settembre del 2024, davanti alle tante anomalie del caso, Piritore ha messo a verbale ai magistrati: “Sono certo di avere dato il guanto a Di Natale. Non so perché Grasso volle il guanto, immagino perché voleva conservarlo con cura per svolgervi poi accertamenti”. Piritore ha affermato che il reperto, dopo essere passato al pm, ritornò comunque nella disponibilità della Polizia Scientifica. E che lui stesso lo consegnò all’agente Lauricella. Solo che alla Scientifica non esisteva alcun Lauricella.

“Però, a ben guardare, il falso recapito al magistrato titolare delle indagini, attraverso un soggetto, Di Natale, quasi sconosciuto ed estraneo ai circuiti investigativi, si rivelava e si è rivelato il modo ingannevole consono, forse l’unico, per la definitiva dispersione del reperto senza suscitare interrogativi – dicono i magistrati – Infatti, se da un lato, Grasso, in assenza di qualunque verbale di sequestro, e in presenza anzi di un verbale di restituzione delle cose ritrovate sulla Fiat 127, mai poteva porsi il problema di provvedere in merito al guanto, dall’altro lato, nessuno della polizia giudiziaria avrebbe potuto né contestare la direttiva del titolare delle indagini di tenere presso di sé quel bene”.

“In definitiva, – concludono gli inquirenti – il sistema adottato generò una stasi investigativa a causa della quale il guanto venne definitivamente dimenticato”.