Gianfranco Miccichè resta sulle spine per le vicende interne a Forza Italia. Le divisioni emerse venerdì scorso, durante l’incontro-fiume di palazzo dei Normanni con la senatrice Ronzulli, si portano dietro alcuni strascichi polemici, come la spaccatura del partito sulle Amministrative di Avola (dove un pezzo di FI non vuole appoggiare l’ex Rosanna Cannata) e il dossier contro di lui per sottrargli la guida del partito. Un fatto strano, che Miccichè contesta apertamente (“Ho 68 anni e mi farò da parte dopo le Regionali”) e per il quale avanza più di un cruccio: “Non vorrei ci fosse qualcuno che sta lavorando per perdere – ha detto il coordinatore azzurro a Casa Minutella -. Questo è un pericolo enorme, un danno colossale per il partito. Se qualcuno ha intenzione di fare questa cosa, lo invito a darsi una calmata”. Micciché glissa sui rapporti con Armao, anche se conferma di essersi rivolto all’assessore all’Economia, nel vertice di venerdì, citando il film Wall Street con Michael Douglas: “Se la smetti di dire bugie sul mio conto, prometto di non dire mai la verità sul tuo”.

Il dubbio è che pur di arrivare al reset del partito, e sfiduciare la sua guida – su cui è stata avanzata la richiesta di una “sostituzione” – si possa sacrificare l’appuntamento con le urne. Che ormai, appare chiaro, non vedrà giocare Forza Italia e Musumeci allo stesso tavolo: “Non ho alcuna intenzione di ricandidare Musumeci – ha ammesso pacificamente Micciché – Nella scorsa tornata elettorale aveva perso qualche punto rispetto alla coalizione, che per un candidato di centrodestra è anche una cosa normale. Ma oggi darlo vincente è obiettivamente un errore”. Per almeno due ordini di ragioni: “Il modo in cui ha trattato i partiti o ha evitato di venire in parlamento, mi ricorda vagamente il Ventennio – ha continuato il vicerè berlusconiano – Oggi nessuno è disponibile a spendersi per lui. In più ha un’altra responsabilità: aver indotto un sindaco (Cateno De Luca, ndr) a candidarsi solo per farlo perdere”. I sondaggi pubblicati negli ultimi giorni, secondo Micciché, lasciano il tempo che trovano. Di tendere la mano non se ne parla: “Se fare pace significa dover perdere le prossime Regionali, mi viene difficile accettarlo”. Poi traccia l’identikit del successore: “Abbiamo bisogno di un presidente che discuta, che lavori assieme ai partiti e ai deputati. Potrebbe essere una donna”.

Tra le colpe imputate al rivale, Micciché parla della distribuzione dei catanesi nei principali posti di sottogoverno, a partire dalla Sinfonica, e alla decisione di diramare la lista degli ospedali di comunità previsti dal Pnrr sanità, senza tener minimamente conto delle indicazioni del parlamento. Anzi, senza interpellarlo, “ma facendo ricadere sull’Ars eventuali bocciature successive. Questa è delinquenza”, ha sottolineato Micciché. Che sulla presentazione dei documenti contabili in aula, dichiara: “Non abbiamo ricevuto mezza carta, ma non abbiamo alcuna intenzione di arrivare al 30 aprile. Perché poi non c’è premura che tiene… Piuttosto faccio sciogliere l’Assemblea”. Sulle Amministrative di Palermo Micciché rivela di aver parlato con Ignazio La Russa per sganciare la scelta del candidato sindaco dalla partita sulle Regionali: “Se a Roma decidono che ce la sbrighiamo noi a Palermo, troviamo l’accordo in cinque minuti”.