A causa di una congiunzione astrale (inattesa), e al netto delle pessime notizie sul fronte contabile, la Sicilia guadagna due risultati in un colpo solo: l’inserimento nella Legge di Bilancio della riattivazione della Stretto di Messina SpA (propedeutica alla ripartenza del progetto del Ponte sullo Stretto); e lo sblocco, dopo 25 anni, dei lavori della diga Pietrarossa, che garantirà acqua a 17 mila ettari di terreni nella Piana di Catania. Ma non è tutto: esagerando, infatti, è possibile notare qualche passo avanti persino sul fronte dei collegamenti ferroviari. Sfruttando il bottino messo a disposizione dal Pnrr, un paio di settimane fa Rfi ha bandito una gara da 1,7 miliardi di euro per la progettazione e realizzazione dei lavori sul tratto Caltanissetta Xirbi-Lercara Friddi, all’interno della linea che collega Catania e Palermo (passando da Messina).

Se per un attimo distogliessimo l’attenzione delle condizioni precarie, quasi disumane, in cui versa l’autostrada Palermo-Catania, dalle interruzioni e dai cantieri che affastellano la A18 e la A20, dalle condizioni da terzo mondo della viabilità interna, sempre più ridotta a trazzera, o dell’addio al Frecciabianca, cancellato a un anno dalla solenne inaugurazione (andava troppo piano), staremmo parlando di un piccolo miracolo. Purtroppo non è così. Trattasi, appunto, di congiunzione astrale. Sotto il profilo politico, probabilmente, fra Schifani e Meloni corre buon sangue. Ma questa pioggia d’interventi non sarebbe possibile senza l’apporto decisivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sostenuto dagli investimenti europei. La diga di Pietrarossa, a cavallo fra le province di Catania ed Enna, è uno dei progetti inseriti dal precedente governo della Regione tra quelli finanziabili dal Pnrr. Uno dei più seri, almeno rispetto ad alcune proposte – a tratti pittoresche – consegnate dai deputati (come l’aeroporto del Mela, nel Messinese; il porto hub di Palermo; il centro di produzione cinematografica di Termini Imerese, al posto dell’ex stabilimento Fiat; o l’acquario di Messina).

Per Salvini si tratta di “un intervento di eccezionale attualità in un periodo di siccità come quello che stiamo vivendo, trattandosi di una grande diga vigilata dal Mit e che alimenta, con i suoi 45 milioni di metri cubi di invaso, la dotazione del sistema idrico più importante della Sicilia, quello che irriga ben 17.500 ettari della piana di Catania”. Entro il prossimo 31 dicembre sarà pubblicato il bando dei lavori che avranno concreto avvio nei primi sei mesi del 2023 e si concluderanno nel 2026. L’intervento ha un importo complessivo di 82,2 milioni di euro e prevede anche la sistemazione della “Statio romana di Casalgismondo”, un’area di sosta risalente all’epoca imperiale, con edifici e strutture a supporto dei viaggiatori e dei mercanti che si spostavano lungo l’antica arteria consolare che univa Catania e Agrigento. Schifani è decisamente soddisfatto: “È un risultato di portata eccezionale tenuto conto che i lavori, già completati per il 95%, sono fermi dal 1997. Oggi si può finalmente procedere al completamento di un’infrastruttura concepita ben quarant’anni fa. È una sfida notevole per la nostra Regione e per l’economia agricola della Piana di Catania, oltre al fatto che non resterà un’eterna incompiuta, con un incredibile spreco di denaro pubblico”.

Suscita interesse anche l’investimento di RFI, acronimo di Rete Ferroviaria Italiana (capofila del gruppo Ferrovie dello Stato), che un paio di settimane addietro ha lanciato una gara da 1,7 miliardi di euro per il collegamento Caltanissetta Xirbi-Lercara Friddi, comune della Provincia di Palermo. Gli interventi consisteranno nella realizzazione di un nuovo tracciato di 47 chilometri, con circa 10 chilometri di viadotti e 8 gallerie naturali per 21 chilometri totali. Il progetto prevede anche la nuova stazione di Vallelunga e i posti di movimento di Marcatobianco, Marianopoli e San Cataldo. Tutto ciò all’interno di contesto eccezionale: la gara, finanziata con 470 milioni, è solo l’ultima novità di un processo che coinvolge l’intera tratta Palermo-Catania-Messina, per il cui ammodernamento sono stati stanziati 9,3 miliardi, di cui 1,44 provengono, appunto, dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

L’obiettivo è collegare in maniera più rapida le tre città metropolitane dell’isola con le zone interne, cercando di abbattere i tempi di percorrenza fra Palermo e Catania (sotto le due ore). Al momento, per la cronaca, sono in fase avanzata i lavori nelle tratte Bicocca-Catenanuova e sono appena iniziati quelli per realizzare il raddoppio dei binari delle tratte Fiumefreddo-Taormina/Letojanni e Taormina-Giampilieri. Di recente è stato anche aggiudicato un appalto da 616 milioni per la linea Nuova Enna-Dittaino: prevede (ad opera di Webuild, la società che ha progettato il Ponte sullo Stretto) la realizzazione di tre gallerie, per una lunghezza complessiva di 8,5 km, e di un viadotto. A settembre, invece, sulla linea Dittaino-Catenanuova Rfi ha aggiudicato una gara per un importo di oltre 588 milioni. Obiettivo dei lavori, in questo caso, è la costruzione della nuova stazione di Catenanuova e di un nuovo tracciato da 7 km di viadotto e 2,3 di galleria. Entro la fine dell’anno verranno inoltre lanciati i bandi per le tratte Caltanissetta-Enna, Lercara-Caltanissetta (compresi nell’ambito del Pnrr) e a seguire per la Fiumetorto-Lercara per un totale di circa 3,1 miliardi di euro.

Spiragli di normalità in un’Isola bistrattata. In un territorio scucito dal resto d’Italia, dove l’Alta velocità ha sempre rappresentato una chimera. Anche se a riportarci immediatamente coi piedi per terra c’è un’altra operazione, che dal suo ritorno al governo Matteo Salvini s’è intestato personalmente. Riguarda la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Un tema che la politica affronta da cinquant’anni, forse qualcosa in più, e che alla prova dei fatti s’è rivelato un’incompiuta. Una buffonata, quasi. Il Ministro delle Infrastrutture vorrebbe puntare sull’usato sicuro, riesumando il progetto dell’ex Salini-Impregilo (oggi Webuild), cioè il Ponte a una campata (il più lungo del mondo, per altro). Ha trattato coi governatori delle due regioni interessate, ottenendo il via libera; è sceso è patto con gli ingegneri, incassando un’apertura. E ora ha deciso di mettere tutto nero su bianco, proponendo come primo passo la riattivazione della Stretto di Messina SpA, una società in liquidazione da nove anni, tra i cui soci figurano anche Anas ed Rfi (oltre alla Regione Calabria e alla Regione siciliana).

Il Ministro è fermamente convinto che i lavori ripartiranno entro la fine di questa legislatura (già sogna di posare la prima pietra), anche se la via tracciata non è del tutto priva di ostacoli. A cominciare dal progetto, che andrebbe aggiornato: “Io sono laico – ha spiegato Salvini – a me interessa fare l’infrastruttura, migliorare la qualità della vita e attirare la gente che da tutto il mondo quei tre chilometri e tre li verrà ad ammirare e fotografare. Il mio obiettivo è che l’Italia, Sicilia e Calabria diventino un riferimento dell’innovazione, del futuro, del green, del superamento del no e del non ce la faremo”. Prossimo step la richiesta di un co-finanziamento europeo: “Il 5 dicembre sarò a Bruxelles per chiedere che l’Europa faccia la sua parte, che partecipi a un progetto che non è siciliano. Non è la Messina-Reggio Calabria, ma la Palermo-Berlino». A proposito della posizione strategica che il collegamento stabile dello Stretto rivestirebbe all’interno dei corridoi Ten-T, relativi al sistema di trasporto integrato. Sull’opera pendono contenziosi e penali per circa 700 milioni di euro: il governo ipotizza la sterilizzazione dei crediti pregressi. Sarebbe, forse, la prima, vera dimostrazione di serietà istituzionale. Di propaganda sono pieni gli ultimi cinquant’anni.