L’ultimo fondo straniero alla guida del Palermo – si chiamava Global Futures Sports and Entertainment – durò una manciata di settimane. Mr Clive Richardson, che rilevò la società da Maurizio Zamparini (una situazione poco chiara), non era un tipo affidabile e non si era mai occupato di calcio. Fu l’inizio della fine: la società sarebbe tornata a Rino Foschi prima di terminare la sua corsa coi Tuttolomondo, a cui seguirono il fallimento e la rinascita. Nell’estate 2019 Dario Mirri si aggiudicò il bando dell’Amministrazione comunale, ripartendo dai Dilettanti. Ma quella che sembrava una favola – il Palermo a un palermitano – è giunta ai titoli di coda. L’impegno economico non indifferente della Serie C, le liti con l’ex socio Tony Di Piazza e la pandemia hanno convinto il responsabile di Damir a un passo indietro. Meglio se di lato.

In questi giorni il presidente della società rosanero si trova a Londra (ufficialmente in visita alla figlia) dove sta impostando la trattativa con un fondo, anche questo top secret, con sede nella capitale inglese. Contattato da Repubblica, però, Mirri rassicura: “È gente che vuole investire nella società. E questa è la garanzia più importante per noi, ma soprattutto per i tifosi che possono così essere sicuri che la società andrà nelle mani di persone serie e dalle grandi capacità finanziarie”. Nelle casse del Palermo potrebbero arrivare 40 milioni nei prossimi quattro anni. Utili, magari, ad avviare la scalata alla Serie B. Nel piano triennale dei Mirri l’anno buono doveva essere questo, il 21-22. Ma l’avvio di stagione, ancora una volta, ha lasciato a desiderare. E ha seminato dubbi sulle potenzialità della squadra e dell’allenatore.

Ecco perché la exit strategy più comoda, di fronte a un prevedibile fallimento sportivo, è cedere il club: “Il Palermo è una società appetibile – ha detto Mirri – Chi si avvicina alla nostra società lo fa perché è sicuro che ci sono degli importanti margini di guadagno. In questo caso non si tratta di un singolo personaggio come può essere Friedkin a Roma, Commisso a Firenze o Platek a La Spezia. È un insieme di soggetti che hanno tutte le carte in regola per fare un grande Palermo”. La trattativa è in fase avanzata, ma potrebbero servire almeno un paio di mesi per mettere tutto nero su bianco. Mirri è fiducioso e ha già accettato di far parte della prossima dirigenza: “Me lo hanno chiesto espressamente perché vogliono qualcuno che conosca Palermo e la sua realtà. Questa è gente che tiene molto all’immagine e non intende avere problemi in una realtà per loro completamente nuova. Hanno posto come condizione che io resti con una quota minoritaria e stiamo lavorando a questo aspetto. Devo tutelarmi e capire come ipotizzare la mia presenza insieme a un soggetto finanziario di questa statura economica”.