Da un paio di mesi, ormai, non è più possibile prenotare una camera al Donnafugata Golf Resort di contrada Piombo, nella campagna ragusana, a cinque minuti (contati) dal mare e a pochi chilometri dai luoghi del commissario Montalbano. Un altro hotel di lusso, con annessi un paio di campi da golf che portano le firme celebri di Gary Player e Franco Piras, rimarrà chiuso. Fino a quando qualcuno – ma ci vuole uno spirito imprenditoriale non indifferente – non deciderà di partecipare al bando di gestione che il curatore fallimentare indicato dal Tribunale di Ragusa, Giovanni Gurrieri, si appresta a pubblicare per la seconda volta (il primo è andato deserto) e che prevede l’affitto del ramo d’azienda dopo che nel maggio scorso la Donnafugata Resort Srl, la società di gestione del complesso turistico-alberghiero, è stata dichiarata fallita.

Inaugurato nel 2010, il Donnafugata Golf Resort nasce sotto l’egida di NH Hotels, una catena alberghiera spagnola, alla quale si affianca la cordata d’imprenditori della Donnafugata Resort Srl, che gestisce le operazioni di vendita. Ma il nome degli affidatari resta cucito a doppia mandata a quello del marchese Orazio Arezzo, che nel contratto d’affitto per 60 anni dei campi da golf (e di pochi altri immobili della tenuta, il resto è stato ceduto), inserisce una piccola clausola che prevede la restaurazione di Casa Carnala, un vecchio casale dal grande valore storico, che dista un paio di chilometri dal green e sarebbe dovuto diventare una sfarzosa sala congressi. Nessuno esegue i lavori richiesti, così nasce un contenzioso fra il proprietario e i gestori della struttura che soltanto un “lodo”, nel 2013, riesce a smorzare. Il marchese Arezzo ottiene, oltre a una ricompensa economica, l’impegno da parte di NH di realizzare 80 villette prospicienti ai campi, anziché la restaurazione del vecchio rudere che non conviene più a nessuno.

La società di gestione, però, non ottiene mai i permessi edilizi dalle autorità competenti (i progetti erano stati depositati), così anche le villette “saltano”, generando un mancato introito di circa 4,6 milioni di euro nelle tasche del proprietario (la cosiddetta quota variabile del contratto d’affitto). Che così decide di rivalersi, chiedendo un’istanza di fallimento da parte di Donnafugata Resort Srl, che intanto, da un paio d’anni, era subentrata per intero a NH nella gestione della struttura. Le carte finiscono in tribunale, quello di Ragusa per l’esattezza, che con la procedura 21 del 2018 – correva lo scorso maggio – ne decreta il fallimento. Con conseguenze importanti non soltanto per il buon nome del resort, e per la sua conservazione, ma anche per 45 lavoratori (8 a tempo pieno, 37 con contratto part-time verticale) che dalla curatela fallimentare riescono a ottenere soltanto un esercizio provvisorio fino al 30 novembre, data in cui l’hotel e i campi rimangono definitivamente chiusi per la pausa invernale.

Da quel momento in contrada Piombo non si è fatto vedere più nessuno, a parte qualche operaio che, di tanto in tanto, esegue piccole opere di manutenzione sui campi, ordinato da un perito agricolo di nomina giudiziaria. I contratti della manovalanza non sono garantiti, bensì in ghiaccio. Ciò vuol dire che chiunque dovesse aggiudicarsi il bando d’affitto – sempre che qualcuno voglia parteciparvi – dovrà garantire la loro riassunzione così come risultante all’esito della procedura di consultazione sindacale che vede in prima fila Filcams Cgil, UILTuCS e Cisl Fisascat. Ma al momento i 45 non percepiscono stipendi, né ammortizzatori sociali.

A tenere lontani dal Donnafugata Resort i possibili “affittuari”, in questa prima fase, sarebbero alcuni termini inseriti nel bando: ad esempio la sua durata – 2 anni sono troppo pochi per chi ha voglia di rilevare un hotel di lusso -, la garanzia di una fidejussione bancaria da 5 milioni di euro, e i costi di manutenzione dei due campi da golf, che al momento non risultano “slegati” dalle sorti dell’hotel. Di solito è il club del golf, col suo indotto, a sostenerne il costo, ma qui manca. In sostanza, chi prende l’albergo, deve provvedere anche alla manutenzione dei due percorsi da 18 buche – uno di essi ha ospitato nel 2011 una tappa dello European Tour – che vale circa 1,2 milioni l’anno. Più un affitto annuo da 500 mila da corrispondere al marchese e 150 mila euro di Tari, fanno quasi due milioni. Un bagno di sangue, una penale da 10 mila euro a camera (il resort ne ospita 200) che si aggiunge a tutti gli altri costi della struttura. I bilanci della Donnafugata Resort srl hanno fatto registrare ogni anno perdite da 2 a 4 milioni.

Ecco perché investire in questo hotel di lusso, al momento, è un affare per pochi. Al primo bando, scaduto il 10 gennaio, si è presentata una società che non aveva le carte in regola. Se entro il 28 febbraio non dovesse esserci un’offerta congrua (il canone d’affitto mensile dell’azienda si aggira sulle 38 mila euro) il resort rischia di saltare a piè pari la stagione estiva e lasciare a casa quei lavoratori, che già nel 2017, dopo le prime ventilate ipotesi di fallimento, si videro costretti a modificare il proprio contratto di lavoro da “full time” a “part time” (ma che fin qui sono stati regolarmente retribuiti).

Il complesso turistico alberghiero è dotato anche di due piscine, di cui una riscaldata, di 5 ristoranti e 4 bar, di una sala congressi di 300 metri quadrati, di una spa con sei sale trattamenti, sauna, bagno turco e palestra attrezzata. Un autentico resort di lusso, ma difficile – obiettivamente – da raggiungere. La mobilità interna alla provincia di Ragusa, specie lungo le strade di campagna che non godono più della manutenzione ordinaria da parte dell’ex provincia (cancellata) e dei comuni (privi di fondi), risulta impossibile. A poche centinaia di metri dall’ingresso del resort, che non conosce alcuna segnaletica nei comuni limitrofi, sorgono infatti tante di quelle buche da rendere la circolazione in auto praticamente impossibile. E ai margini delle strade, non mancano i cumuli di monnezza.

La disattenzione della politica, incapace di dare un peso sostanziale a un’esperienza turistica che solo in apparenza può apparire di nicchia, ha fatto il resto e complicato a dismisura la fruizione di un paradiso terrestre che deve le sue fortune (alterne) soprattutto a meeting, banchetti e golfisti. E dire che l’ultimo anno non era andato affatto male in termini di presenze. Ma anche questo rischia di diventare un ricordo.