Pubblichiamo la lettera con la quale Giorgio Mulè, responsabile di Forza Italia per il Sì al referendum, replica a un articolo dell’ex procuratore di Milano, Bruti Liberati:
Caro direttore,
ho letto con grande attenzione le riflessioni di Edmondo Bruti Liberati pubblicate dal Corriere. Una sorta di misura preventiva, per mutuare il linguaggio dei tribunali, incentrata sulla pertinenza o impertinenza degli argomenti utilizzati dal fronte del Sì o del No nella campagna referendaria sulla riforma della magistratura.
Senonché leggendo a campione ciò che il dottor Bruti Liberati sostiene nei dibattiti pubblici e nelle interviste televisive o sui quotidiani, saltano all’occhio alcune considerazioni che non sono solo impertinenti ma rivestono il carattere della impostura di sciasciana memoria. Affermare ad esempio, ricorrendo alla pratica della divinazione futura, che «questa riforma non avrà effetto immediato, ma inevitabilmente, non domani, forse non dopodomani, ma alla fine porterà al controllo del governo sui pubblici ministeri» appartiene al campo dell’impostura perché non affronta ciò di cui si discute oggi, ma quello che il fronte del No ripete ossessivamente a mio parere per una evidente scarsità di argomenti empirici.
Questa teoria della speculazione metafisica che continua a essere proposta è la vera truffa che si tenta nei confronti degli elettori, una elaborata falsificazione del presente che si trasforma in un inganno: i cittadini che voteranno la riforma devono sapere che l’architrave, l’ancoraggio costituzionale su «autonomia e indipendenza» della magistratura rimane assolutamente e indistruttibilmente uguale a quello scolpito nell’articolo 104 della nostra Carta. E non vi è possibilità alcuna che questo aggettivo normativo venga né oggi, né domani e né dopodomani forzato dal governo in carica. Per una ragione di ortografia del diritto: è impossibile intervenire, modificare, alterare un principio costituzionale con un decreto legge o una legge ordinaria. Per realizzare ciò che il dottor Bruti Liberati e i suoi agguerriti compagni di strada vaticinano ci vorrebbe una riforma costituzionale che pretende una maggioranza dei due terzi dei componenti delle due Camere (circostanza al momento possibile nella Corea del Nord) e successivamente la validazione della maggioranza degli italiani attraverso un referendum confermativo.
Ma anche gli altri argomenti proposti nel catalogo delle impertinenze poggiano su pilastri di sabbia. Mi soffermo soltanto sulla presunta (e non si capisce come e dove desunta) «irrilevanza del Consiglio superiore della magistratura così come sancirebbe la riforma» secondo il giudizio dell’ex procuratore di Milano. Si tratta del vero motivo che, a mio giudizio, ha scatenato l’orda di No dal fronte dei magistrati. Per un motivo banale: si farà parte del Csm sarà sorteggiato e non risponderà più alle correnti della magistratura che hanno svilito questo fondamentale organo di rango costituzionale. Non c’è molto altro da aggiungere se non una postilla a proposito delle impertinenze. Aver stabilito la sede del Comitato del No da parte dell’Associazione nazionale magistrati all’interno dei locali della Corte di Cassazione, fino a prova contraria massimo presidio dell’aderenza ai principi di legalità dei cittadini, non solo è impertinente ma è oltremodo offensivo. Si tratta dell’appropriazione indebita di uno spazio che sarebbe dovuto rimanere estraneo per la sua sacralità. Ecco un’altra impostura, perché intendere trasmettere il messaggio che i difensori della legalità si barricano all’interno del fortino delle regole contro i barbari che vorrebbero conquistarle. Per capirlo non era necessario un lampo di pensiero, sarebbe bastato quel baluginio della coscienza che invece non ha nemmeno sfiorato i dirigenti dell’Associazione nazionale magistrati.


